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Francia e Germania rilanciano il caccia del futuro. Ma dagli Usa…

Giovedì, le ministre della Difesa Florence Parly e Annegret Kramp-Karrenbauer hanno fatto visita agli stabilimenti bavaresi di Manching, cuore produttivo di Airbus Defence and Space, considerato il maggiore sito europeo per l’aviazione militare, con oltre 5.600 dipendenti. Due i progetti su cui hanno offerto “il supporto dei rispetti Paesi”: il velivolo da combattimento del futuro (anche noto come Fcas) e l’EuroMale, il drone europeo che coinvolge anche Spagna e Italia (con Leonardo). Sul caccia di sesta generazione però le notizie più rilevanti arrivano dagli Stati Uniti, il prototipo di produzione americana avrebbe già compiuto i primi test in volo.

IL SEGNALE POLITICO

Le ministre Parly e Akk sono state accolte dai vertice del colosso franco-tedesco: il ceo del Gruppo Guillaume Faury, e quello della divisione Defence and Space Dirk Hoke. Più dei progressi industriali, la visita è stata occasione per rispolverare l’asse franco-tedesco nel campo della Difesa, pressoché stabile da almeno tre anni. Tant’è vero che dopo Manching, le ministre si sono recate presso la base aerea francese di Evreux, per porre simbolicamente la prima pietra dello “squadrone di trasporto franco-tedesco”. L’obiettivo è operare congiuntamente dalla base dieci velivoli C-130J, di Francia e Germania, da personale congiunto delle rispettive Aeronautiche, esempio di integrazione e comunalità piuttosto forte tra i due Paesi. L’unità congiunta, ha detto la Parly, “è senza precedenti e testimonia la forza e la coerenza dell’Europa della difesa che vogliamo: qualcosa di concreto”.

L’ASSE FRANCO-TEDESCO

Che Parigi prema per una Difesa europea “concreta” (e a trazione transalpina) non è una novità. Già a giugno 2018, insoddisfatta per una Pesco (prevista dai trattati dell’Ue) considerata troppo ampia e inclusiva, vista la partecipazione di numerosi stati, la Francia aveva lanciato la European Intervention Initiative (Ei2), iniziativa macroniana esterna alla Nato e all’Unione europea, anch’essa finalizzata a promuovere l’integrazione in campo militare. In questa spinta alla “Europa della Difesa”, Parigi ha sempre guardato a Berlino quale partner privilegiato, trovando la disponibilità tedesca, ma anche una divergenza di vedute su alcuni punti. La Germania tende a preferire un approccio europeo inclusivo, conservando al suo interno tradizioni politiche infastidite dall’approccio realista francese ai temi militari, soprattutto quando si tratta di export.

CONTRATTI E RISORSE

Proprio le prospettive di vendita all’estero sono state tra i punti caldi di rapporti tra Berlino e Parigi nell’evoluzione dell’Fcas, il caccia di sesta generazione. Emmanuel Macron e Angela Merkel siglarono una prima intesa nell’estate del 2017. Ad aprile 2018 si è aggiunta l’unione di intenti tra la francese Dassault e il colosso franco tedesco Airbus, capofila del progetto, e poi (a febbraio 2019) l’assegnazione da parte della Difesa di Parigi del primo contratto: 65 milioni di euro alle due aziende per la definizione dell’architettura generale e dell’organizzazione industriale del velivolo di nuova generazione. Sette mesi fa, a febbraio, si sono aggiunti i primi contratti di sviluppo per 150 milioni di euro, la Fase 1A, così da avere un dimostratore pronto a volare nel 2026 (in tutto serviranno per questo 4 miliardi).

COME PROCEDONO I LAVORI

I contratti erano arrivati dopo l’approvazione, faticosa, da parte del Bundestag. Proprio il Parlamento tedesco ha infatti espresso i dubbi maggiori sul programma (soprattutto sul suddetto fronte dell’export), tanto da costringere, un anno fa, Macron e Merkel a firmare la dichiarazione di Tolosa (dove ha sede un altro grande sito di Airbus) contenente “un accordo giuridicamente vincolante sulle regole di controllo alle esportazioni di armi per programmi sviluppati congiuntamente”. Sebbene a metà maggio il ceo di Dassault Eric Trappier si dicesse “preoccupato” di rallentamenti nell’avanzamento del programma (“più del Covid-19”, spaventavano i tentennamenti del Bundestag sul rimpiazzo dei Tornado), negli ultimi mesi il clima si è fatto più disteso. E così, nella nota di Airbus sulla visita di Parly e Akk si legge che, tanto lo studio di concetto (2019), quanto la Fase 1A, “sono sulla buona strada, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19”.

CARRI ARMATI E PARTNERSHIP

Nel frattempo, alla fine dello scorso anno, si è aggiunta la Spagna, intenzionata a far salire a bordo Indra, il proprio campione industriale (prospettiva a cui Airbus, che ha una presenza importante nella Paese, si è detta contraria). A Madrid la partecipazione al progetto Fcas è stato accolta con entusiasmo sin dall’inizio; entusiasmo poi leggermente diminuito per l’impressione di essere in seconda linea rispetto ai due più imponenti partner. Anche perché l’asse franco-tedesco rimane esclusivo su un altro grande programma della Difesa: il Main ground combat system (Mgcs). Nato in parallelo all’Fcas, riguarda l’esigenza dei francesi di sostituire il veicolo Leclerc, prodotto da Nexter, e per i tedeschi di rimpiazzare il Leopard 2, realizzato da KMW. Il primo vero e proprio contratto è arrivato lo scorso maggio, relativo allo studio di definizione dell’architettura di sistema del carro armato. È stato assegnato dalla Bundeswehr al consorzio Arge, formato da Rheinmetall, KMW e Nexter, sulla scia della concordata divisione 50-50 tra aziende transalpine e teutoniche, pari al contributo finanziario dei due Paesi.

E IL TEMPEST?

Intanto, lo scorso luglio, dal salone (virtuale) di Farnborough sono arrivate novità anche per il Tempest, il progetto del Regno Unito per il velivolo del futuro, a cui hanno già aderito Italia e Svezia. Dopo contatti bilaterali durati mesi, le industrie dei tre Paesi hanno avviato formalmente un gruppo di lavoro congiunto, un framework di riferimento che coinvolge: BAE Systems, Leonardo UK, Rolls Royce e MBDA UK per il Regno Unito; Leonardo, Elettronica, Avio Aero e MBDA Italia per il nostro Paese; Saab e GKN Aerospace Sweden per la Svezia. Al momento, Tempest e Fcas rimangono due percorsi alternativi e paralleli. In prospettiva, gli esperti non escludono una convergenza, certo difficile al momento visti gli interessi in gioco (oltre ai requisti operativi).

INTANTO, NEGLI USA…

Sulla partita europea è però arrivata pochi giorni fa una rilevante notizia da oltreoceano. Durante la conferenza dell’Air Force Association, il capo delle acquisizioni per l’Usaf Will Roper ha svelato che un prototipo di velivolo di sesta generazione avrebbe già compiuto test in volo. Il progetto si chiama Next generation air dominance (Ngad) ed è “già arrivato lontano” ha detto Roper, spiegando come le attività di progettazione e test siano ormai spinte nel “mondo digitale”. Eppure, “il dimostratore in scala reale ha già volato nel mondo visico ed ha già battuto molti record nel farlo”, ha aggiunto. Nonostante tali progressi siano avvolti da un’aura misteriosa, neanche il capo del Pentagono Mark Esper ha nascosto il livello di ambizione. Nello stesso evento ha citato il Ngad insieme al bombardiere stealth B-21 e al drone spaziale X-37. Sono i progetti di punta della “modernizzazione dell’Air Force”.


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