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Macron è diventato di destra. La lezione per l’Italia secondo Gervasoni

Di Marco Gervasoni

In questi mesi è accaduto di tutto in Italia e nel mondo e pochi si sono accorti che Macron è diventato di “destra”. Quello che nel 2017 fu accolto dalla sinistra come l’Obama francese e che, pur rifiutando le etichette partigiane in nome del rinnovamento, era stato eletto su una piattaforma molto vicina al programma di un socialismo liberale, oggi promulga posizioni molte più prossime alla tradizione neo gollista di Chirac ma persino sarkozysta.

Sia chiaro, già il governo Philippe presentava ministri neo gollisti, come il premier stesso, ma erano figure già da tempo spostatisi su posizioni centriste: e la politica del governo Philippe, soprattutto sui temi bio etici e bio politici, era andato nettamente a sinistra. Con il nuovo governo Castex siamo invece in un altro orizzonte: non solo sono aumentati gli esponenti neo gollisti più conservatori, come lo stesso Castex, ma sul tema della sicurezza, della immigrazione e delle guerre culturali, il governo e lo stesso presidente non sembrano parlare una lingua molto diversa da quella di Sarkozy.

Da “islamismo, ecco il nemico” del ministro dell’Interno Darmanin, sarkozysta, alla politica scolastica rigorosa, fino alle dichiarazioni dello stesso Macron: le durissime prese di posizione contro gli abbattitori di statue, il rivendicare le vignette su Maometto di Charlie Hebdo, i fondi voluti dallo stesso Macron per il parco di Puy de Dome del fondatore del sovranismo, Philippe de Villiers, fino agli accenti nazionalisti del discorso per i 150 anni della Terza Repubblica francese.

Ed è andato talmente a destra, Macron, che non solo molti esponenti neo gollisti sono già passati nella République en Marche ma diversi baroni dei Républicains, a cominciare dal sindaco di Nizza, il sarkozysta Christian Estrorsi, hanno suggerito ai neo gollisti di non presentare un candidato alle prossime presidenziali e di votare direttamente Macron fin dal primo turno.

Questi gli eventi. Ora però dobbiamo capire se siano processi di trasformazione reale e non semplicemente tentavi di salvataggio di una classe politica di nuovo senza bussola. Sul piano della cultura politica e anche delle decisioni, l’ultimo Macron forse non sarà diventato di destra ma certamente è andato verso destra. Attenzione però: di quale destra si tratta? Se lo storico René Rémond a suo tempo tracciò nella storia francese post 1789 il profilo di di tre destre, oggi dobbiamo parlare di due.

Quella di Macron, e di una parte dei neo gollisti, è europeista, il che vuol dire subalterna a Berlino, globalista, a parole liberale in economia ma in realtà statalista, libertaria sui temi societali e bio-etici: quindi sì ai “diritti” Lgbt, all’adozione per coppie gay, alla utero in affitto e così via. Sul piano della sicurezza, la “destra” di Macron propone una linea dura sull’immigrazione clandestina ma resta legata al modello multiculturalista all’americana, che funzionerebbe anche nei confronti dell’Islam, considerato parte della storia di Francia. E’ una “destra” che ricorda molto Chirac ma soprattutto è la destra di Angela Merkel.

Vi è poi una seconda destra, che in Francia è incarnata da Marine Le Pen e dal Rassemblement national, critica nei confronti della Ue, decisamente nazionalista in economia, anti globalista, conservatrice sui temi societali ed etici, nemica del modello multiculturalista, convinta che l’immigrazione e l’islam siano un vulnus all’identità francese.

Tutto bene quindi: i neo gollisti diventeranno macronisti e il campo di destra sarò occupato solo dalla Le Pen? Andiamoci piano. Da un lato, una larga parte dei dirigenti républicains è di provenienza sarkozysta, che non sposa affatto lo schema liberal conservatore macroniano. Inoltre gli elettori neo gollisti sono mediamente assai più a destra del vertici. Il che significa che, nel caso i Républicains decidessero di appoggiare Macron, molto probabilmente assisteremmo a una scissione. Inoltre l’arrivo della destra macroniana non ha risolto l’incapacità del presidente di parlare a tutto il paese: svolta a destra più o meno reale, Macron è rimasto il leader dei centri urbani, delle élite, e assai meno quello delle classi popolari e medie: più Francia vélo e monopattino, meno Francia periferica e auto diesel.

Come Marine Le Pen, anche noi ci auguriamo che questa chiarificazione avvenga: la vecchia destra, ormai inseparabile dalla sinistra, vada pure con Macron e Merkel. Ma la nuova sappia parlare anche agli elettori della vecchia destra. Le Pen e il Rn non possono pensare di vincere le elezioni riproponendo lo stesso schema del 2017: proprio perché i Républicains non ci saranno oppure saranno ridimensionati, è venuto il momento di creare una grande destra che sappia contendere lo scettro a Macron e magari batterlo.

Lezioni per l’Italia? Pare evidente che qui da noi l’equivalente dei Républicains sono gli esponenti di Forza Italia. Che ancora più degli stessi francesi, è attraversata da linea di divisione fortissima; da un lato troviamo a tutti gli effetti sovranisti, vicini a una linea politica molto prossima a quella di Fratelli d’Italia e Lega. Esiste però una componente on piccola che si sente invece assai lontana; un’ala globalista, europeista, sostanzialmente indistinguibile dalla sinistra sui temi societali e biopolitici (lo si è visto nella discussione sul Ddl Zan Scalfarotto). Ed è probabile che assai presto le due componenti non potranno restare nel medesimo partito, una parte si avvicinerà sempre più ai sovranisti, l’altra verrà attratta dalle sirene di Conte.

Ebbene questo scenario potrebbe sembrare favorevole al nuova destra salvianiana e meloniana ma sarebbe pericoloso. Diversamente dalla Francia, il sistema italiano non è tendenzialmente bipolare, anzi si avvia verso il suo contrario. Alla coalizione di Salvini e di Meloni conviene perciò reclutare una componente, forzatamente piccola, meno eurocritica, più “liberale” (ammesso questo termine voglia dire qualcosa) meno conservatrice sul piano dei valori societali e della leggi biopolitiche (anche se non pro lobby Lgbt come diversi esponenti oggi di FI). Se il blocco più robusto deve essere quello nazional conservatore, come del resto nel partito repubblicano americano ormai trasformato da Trump, nella galassia della destra larga, varia e diffusa dovrà avere posto anche una componete liberal conservatrice.

Forse regalare i Répblicains a Macron è ormai un crimine inevitabile, ma lasciare i berlusconani a Conte o a Calenda sarebbe ben peggio: sarebbe un errore.

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