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A 4 anni da Rigopiano, il processo non è iniziato. L’avv. Madia sul disastro giudiziario

Di Nicola Madia

Sono passati 4 anni dalla strage, ma il procedimento è fermo all’udienza preliminare. L’avvocato penalista Nicola Madia propone di intervenire sull’efficienza della giustizia. Soprattutto dopo la riforma Bonafede, il rischio è di creare degli eterni imputati

Dopo 4 anni dalla tragedia di Rigopiano, il procedimento per accertare eventuali responsabilità ristagna ancora alla fase dell’udienza preliminare. Adesso, si legge sulle cronache, il comitato dei parenti delle vittime chiede un cambio di passo ai magistrati che si stanno occupando del processo. Se fosse vero, sarebbe l’ennesima conferma di quel che sostiene da sempre l’Avvocatura, ossia che la lunghezza dei processi non deriva dalle garanzie difensive ma dall’inefficienza della macchina giudiziaria.

In questa situazione, la prescrizione è il solo antidoto idoneo a scongiurare che a fare le spese di questo fenomeno degenerativo siano le persone che patiscono le sofferenze del processo, le quali non possono trasformarsi in eterni imputati per colpa di chi amministra la giustizia. Avere di fatto abolito la prescrizione attraverso la riforma Bonafede significa avere eliminato l’unico sprone per i magistrati a celebrare processi in tempo ragionevoli, evitando che le vite di chi vi è coinvolto restino sospese nei patimenti sine die, col disinteresse di chi dovrebbe averle a cuore.

A mio parere, dunque, per rendere la Giustizia più celere ed efficiente bisogna intervenire sulle modalità di lavoro di chi la gestisce anziché sul codice di rito. Occorrerebbe quindi:

1) predisporre statistiche dei singoli magistrati affinché l’inazione di qualcuno non possa celarsi dietro le impersonali statistiche dell’ufficio;

2) renderle pubbliche essendo ora protette come il terzo segreto di Fatima;

3) rendere le statistiche analitiche affinché le stesse non possano essere “dopate” mediante l’inserimento di fascicoli definiti a migliaia con moduli a stampone (pensiamo, per esempio, a tutti i procedimenti per furto contro ignoti che vengono archiviati in blocco con un timbro apposto su uno scatolone che li contiene tutti);

4) agganciare le carriere solo a rigidi parametri meritocratici collegati alla produttività e ai risultati. Ad esempio, se un giudice per l’udienza preliminare non fa filtro, rinviando sempre a giudizio (decisione che si può assumere mettendo una firma in calce ad un modulo, quando, invece, una sentenza di non luogo a procedere richiede studio degli atti ed elaborazione di un testo) e poi, in un’elevata percentuale di casi, i processi finiscono con assoluzioni, allora quel giudice dovrà risponderne sul piano della carriera o degli emolumenti;

5) affidare i ruoli direttivi solo a chi abbia dimostrato capacità manageriali nell’organizzazione di un ufficio. Solo così la Giustizia potrà riprendersi e diventare degna di un paese civile. Ma poiché questa riforma andrebbe a toccare un nervo scoperto della magistratura, la produttività, credo che nessun partito politico avrà il coraggio di promuoverla, atterrito dal timore di subire la reazione di un potere dello Stato capace di rovinare una carriera con un’indagine.

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