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La (non) democrazia del Trojan. Intercettazioni, parla Sabino Cassese

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Dal primo settembre è in vigore la nuova legge sulle intercettazioni, che regolamenta l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche da parte delle procure e dei tribunali italiani .Il testo nasce dalla riforma Orlando ma la revisione promossa dall’attuale ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede, ha spinto molti commentatori ad accendere un faro sul rischio di invasione nella privacy di molte persone, anche estranee alle indagini.

Formiche.net ha intervistato il professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale.

Professore, che giudizio dà della disciplina delle intercettazioni entrata in vigore a settembre?

Comincio da quelli che appaiono passi avanti, da giudicare positivamente: la gestione da parte delle Procure, con più limiti per la polizia giudiziaria; la limitazione alla verbalizzazione dei dati personali sensibili. Anche però nel primo passo avanti bisogna segnalare un problema. In presenza di processi nei quali sono captate decine di migliaia di telefonate, come può il pubblico ministero verificare personalmente il contenuto di tutte le intercettazioni? Il ruolo della polizia, quindi, di fatto, rimane molto rilevante.

E gli altri aspetti negativi?

Non c’è dubbio che l’intero sistema delle intercettazioni sia da rivedere. Innanzitutto, perché sono prive di riscontri, essendosi passati da più riscontri investigativi e raccolte di prove a un solo o prevalente sistema di investigazione e di raccolta delle prove (una tendenza che è accentuata dalla facilità con cui vengono installati i captatori informatici o trojan e dall’ampliamento che essi consentono della raccolta di notizie). In secondo luogo, perché ci si avvia a metter in piedi un apparato complesso: si legge di 60 milioni di euro, di 140 sale, di 700 strutture, di 1.100 computer e di 3.500 addetti. Sono tutte cifre da controllare, ma fanno pensare alla Stasi.

Siamo davanti al rischio di utilizzo di trojan a strascico?

L’utilizzo di intercettazioni in procedimenti diversi da quelli autorizzati e, a monte, l’ampliamento dai mafiosi ai corrotti costituisce certo un fattore negativo, ma non è l’unico.

Ci sono temi di legittimità nell’uso del trojan?

Il trojan o captatore informatico pone molti problemi di legittimità già di per sé. Si possono registrare anche le conversazioni in stanza da letto (pongo questo interrogativo ricordando una famosa sentenza della Corte costituzionale tedesca relativa ad alcune zone della propria casa nelle quali vi sono vincoli assoluti di riservatezza da rispettare anche da parte della magistratura)? Come si possono interrompere le registrazioni tramite captatori? Sono ammissibili registrazioni che durino anni? Fino a quando conservare le intercettazioni (fino a sentenza non soggetta a impugnazione o prima)?

E l’estensione compiuta dalla norma Bonafede ad altri reati?

Vi è un grave difetto di proporzionalità nell’utilizzo generalizzato dei captatori previsto dalla legge Bonafede. Uno strumento così pervasivo è necessario e soprattutto proporzionato nelle indagini per criminalità organizzata, mafia e per i maggiori serious crimes. In questi casi i rapporti interni a queste organizzazioni criminali sono talmente intensi che il rischio di un uso a “strascico” è limitato. Diverso il caso del corruttore e dei delitti contro la pubblica amministrazione: gli imputati conducono una vita “normale” e incontrano persone “normali”. Si capta ogni conversazione intrattenuta con terzi. Il caso Palamara è in questo senso paradigmatico. Se in privato viene espresso un giudizio su una persona, se ne deve poi rendere conto davanti a tutta la nazione?

Se il sistema è orami rimesso alle procure, si può dire che ci si possa fidare del loro senso della misura e della loro imparzialità?

Proprio perché non pare che vi sia una tale diffusa fiducia si propone da più parti che esse agiscano con maggiore discrezione, più rispetto del self-restraint, si astengano dall’impegnarsi nei media e in politica.

Vi sono altri punti non convincenti della nuova norma?

Quello dei limiti della trascrivibilità. Quello dell’accessibilità per i difensori. Quello della durata della conservazione.

Che pensa dell’uso dei captatori automatici nel caso Palamara?

È una nemesi della storia che proprio nella vita privata di un magistrato, membro del Csm, vi sia stata una invasione così pesante. Nello stesso tempo, si potrebbe dire che è una prova di imparzialità delle procure, che ne abbiano fatto uso contro un membro del corpo giudiziario.

C’è una violazione della Costituzione?

L’articolo 15 dispone che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione è inviolabile”. Il lemma “inviolabile” è adoperato solo cinque volte nella Costituzione. Ricordiamolo.

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