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L’Italia in Libano è con la società civile. La missione della Del Re

Atterrata ieri sera a Beirut, oggi la viceministra per gli Esteri, Emanuela Del Re, ha incontrato, assieme all’ambasciatrice Nicoletta Bombardiere, le organizzazioni della società civile italiane che operano in Libano e un gruppo di organizzazioni della società civile libanese. Su Twitter, la viceministra ha parlato di di un “proficuo scambio sulle necessità ed esigenze della popolazione libanese, con focus sugli aiuti di emergenza e bisogni delle categorie più vulnerabili, accesso ai servizi di base, istruzione e tutela dei diritti: l’Italia continuerà con fermezza e convinzione a sostenere la popolazione del Libano”. 

Come ricordavamo ieri su Formiche.net, la visita della viceministra Del Re giunge dopo quella del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che si è recato nella capitale libanese lo scorso 24 agosto e prima di quella del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che sarà in Libano martedì prossimo.

“Dopo l’esplosione del 4 agosto, come Italia ci siamo attivati immediatamente per rispondere all’emergenza; le nostre organizzazioni della società civile, in collaborazione con le organizzazioni partner locali, si sono adoperate sin da subito in interventi di primissima emergenza per assistere e trasportare i feriti negli ospedali intorno a Beirut, per distribuire aiuti alimentari e fornire sostegno alle persone e alle famiglie rimaste senza casa”, ha spiegato la viceministra su Facebook. “Il sistema di cooperazione italiano sta mostrando in Libano, ancora una volta, il suo valore aggiunto e la sua forza che ci sono riconosciuti dai partner locali”, ha proseguito. “È stata una proficua discussione: ho preso nota dei suggerimenti e delle necessità che mi sono state presentate dai nostri operatori sul terreno, a cui va la mia personale gratitudine e quella dell’Italia intera per l’importante lavoro svolto in questo momento a sostegno di un popolo amico quale quello libanese”.

INTANTO, PARIGI-WASHINGTON…

In concomitanza con la visita della numero 2 della diplomazia italiana è in corso quella del sottosegretario di Stato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, David Schenker, giunto anche egli a Beirut per colloqui con rappresentanti della società civile libanese. Esclusi, però, i leader politici. Schenker ha recentemente dichiarato che il governo libanese deve credere nelle riforme e metterle in atto.

Lo stesso appello è arrivato nelle ultime ore dal suo “superiore”, il segretario Mike Pompeo, che ha comunione d’intenti di Washington e Parigi in merito alle sorti del Libano. In accordo con quanto affermato dal presidente francese Emmanuel Macron durante la sua recente visita a Beirut, Pompeo chiede al nuovo governo libanese di attuare urgenti riforme.

Tuttavia, Parigi e Washington non parlano la stessa lingua su un dossier (almeno) che però è fondamentale: quello che riguarda Hezbollah. Come spiegato da Emanuele Rossi su questa testata, “se Parigi sembra pronta ad accettare il percorso che gli attori libanesi offrono, anche per non perdere quel capitale politico di cui parla l’Eliseo, da Washington la linea è molto più severa”. Il punto centrale riguarda il partito-milizia, “visto dagli americani come una problematica regionale perché è un moltiplicatore di forza e influenza iraniana”, spiega Rossi. “Se la Francia potrebbe anche accettare un disarmo leggero, per gli Usa c’è una sola possibilità: la deposizione totale delle armi – argomento che per il gruppo libanese è al momento irricevibile. Sul Libano emergono due linee dunque: una francese più aperta, una americana più dura. Qualcosa di simile di quanto accade sull’Iran, dove Parigi e gli europei tendono a salvare il salvabile dell’accordo sul nucleare Jcpoa, mentre l’amministrazione Trump ne è uscita in forma unilaterale con l’intento di distruggerlo”.

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