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Giorgia Meloni, vincente in Europa. Ocone spiega perché

Non è un inizio ma il coronamento di un percorso iniziato più di anno fa quello che ha portato Giorgia Meloni a essere eletta ieri sera presidente dell’Ecr, il partito dei conservatori europei. In verità, il partito si chiama dei “conservatori e riformisti”, quasi a voler sottolineare che il conservatorismo non è oggi concepibile come una custodia statica delle tradizioni che abbiamo ereditato ma va inteso come una messa in gioco di quei valori nell’orizzonte di un mondo in rapida trasformazione. Non una chiusura al nuovo, ma un gradualismo che porti ad evolversi nella continuità e senza avventurismi politici. Erano le idee del pensatore inglese Roger Scruton, recentemente scomparso, che è stato sicuramente il massimo teorico del conservatorismo negli ultimi anni.

Va dato atto a Meloni di aver subito compreso che il “sovranismo”, ammesso e non concesso che questo termine possa avere un significato, non può declinarsi come peculiarità di un solo Paese ma deve allargarsi ad una rete internazionale di partiti fratelli con cui legittimarsi a vicenda e agire di conseguenza. In questo caso, si tratta poi di partiti addirittura al potere in Stati importanti, come “Diritto e giustizia” del presidente Duda in Polonia. Gli stessi conservatori inglesi, prima di lasciare l’Unione Europea, erano in questo raggruppamento.

Pur ponendosi a destra, l’Ecr si distingue nettamente dal raggruppamento che fa capo alla Le Pen e a Salvini. Il quale ultimo, in verità, aveva fatto un primo passo per essere aggregato all’Ecr, ma probabilmente il “matrimonio” non si fece proprio perché il referente in Italia dei conservatori era già Fratelli d’Italia. Ciò oltre a rimandare alla competizione nazionale fra il partito della Meloni e quello di Salvini, impone, realisticamente, per il bene del centrodestra e la possibilità stessa che esso ha di governare in futuro, una differenziazione del loro “prodotto” che oggi si sovrappone in più punti. E nello stesso tempo un allontanamento della Lega da partiti a cui, a torto o ragione, è impedito oggi di toccare palla.

Ritornando invece alla leader di Fratelli d’Italia, il risultato di ieri sera è anche il coronamento di una caparbietà e perseveranza nonché di una coerenza ideale che non è facile trovare oggi nell’universo della post-politica. Una immagine di solidità che viene trasmessa anche dal suo modo di comunicare: deciso ma materno, femminile e concreto, ironico e che non dà mai l’impressione di essere improvvisato. Una bella metamorfosi per chi comunque ha fatto gavetta in circoli di periferia o comunque composti da persone non lontane da una concezione muscolare (che comunque non significa violenta)  della politica. Si può dire che The Times aveva visto lungo quando, l’anno scorso,  inserì il suo nome fra i venti personaggi che avrebbero potuto “plasmare” il mondo.

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