Non si tratta della prima volta di un’esponente della politica italiana ai vertici di un partito europeo (Monica Frassoni è stata leader del partito dei verdi per un periodo), tuttavia, è un grande risultato per la leader di Fratelli d’Italia: Giorgia Meloni diventa la presidente del partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei. Si tratta di una notizia che non deve essere sottovalutata per due ragioni:
(1) Giorgia Meloni diventa, a livello europeo, l’esponente che più di ogni altra personalità politica attuale, è cosinderata vincente nel panorama della destra radicale europea.
(2) Il leader della Lega, Matteo Salvini, è in certificato declino politico. Non solo la Lega perde in termini di consenso ormai da mesi senza argine, ma la sua leadership, fino ad un anno fa incontestata, ora è praticamente quasi archiviata.
I consensi che il partito di Giorgia Meloni in Italia ha raccolto alle elezioni regionali così come i dati relativi alle intenzioni di voto in un’eventuale tornata elettorale nazionale, hanno messo in evidenza il peso politico che Fratelli d’Italia ormai ha nella destra italiana.
Meloni è una figura che andrebbe approfonditamente analizzata. In pochi anni è diventata il volto istituzionale di una destra radicale che con il proprio passato non siamo certi abbia fatto i conti. Non abbiamo ancora letto due righe, né ascoltato due parole di condanna dell’esperienza del fascismo, né da Meloni e meno che mai dai suoi colonnelli. A differenza di Salvini, però, appare più credibile nel ruolo di nazionalista, poiché da quella storia viene, e più rispettosa, quindi, delle istituzioni e delle responsabilità che si hanno nell’essere, appunto, rappresentanti di esse.
Il volto grezzo della destra radicale e razzista della Lega, come viene definita anche nella letteratura politologica esistente, può essere sostituito con quello istituzionale, radicale e nazionalista di Meloni. La sua elezioni a presidente del partito europeo di riferimento della destra nazionalista è una certificazione di interesse internazionale, ma anche di appoggio politico per le prossime elezioni italiane.
Gli equilibri di potere nella coalizione di centro-destra, sono senza dubbio slittati verso la versione più radicale e nazionalpopulista, con Salvini e Meloni. Il partito di Berlusconi è praticamente ridotto all’irrilevanza e potrà quindi scegliere, secondo me, due sole opzioni sensate: (a) restare nella coalizione con Salvini e Meloni, appoggiando Meloni come leader e candidata Premier, per tenere quel profilo istituzionale che Alleanza Nazionale aveva nella coalizione con Berlusconi, e quindi trattenere anche un elettorato meno radicale, ma comunque nazionalista e conservatore; (b) staccarsi e cercare di fondre un pol(etto) liberale con Italia Viva e Azione di Calenda, per riuscire, in tre, ad arrivare forse (ma non ci conterei) al 10%. Il problema della leadership di questo eventuale polo secondo me ne rende impossibile la realizzazione e quindi FI resterà con Meloni e Salvini, anche per opportunità.
La sinistra in Italia deve ora confrontarsi con un avverarsio che con Salvini condivide la visione escludente della società, ma che ha le carte istituzionali e il riconoscimento politico anche internazionale per essere più temibile. Il Partito Democratico deve tirare fuori idee e progetti per strappare fasce di consenso a questi partiti, specie nelle aree non metropolitane o cittadine, e creare una contro-narrazione alla retorica nazionalista escludente di Meloni e Salvini.