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Caso Navalny, all’Ue serve un Magnitsky Act. Parla Bill Browder

Sulla scia dell’avvelenamento dell’oppositore russo Alexei Navalny, nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è impegnata a introdurre un Magnitsky Act europeo sul modello di quello varato otto anni fa negli Stati Uniti dal presidente Barack Obama in seguito alla morte dell’avvocato russo Sergeij Magnitsky, avvenuta tre anni prima in un carcere di Mosca. Per il governo russo si trattò d’infarto. Per Bill Browder, imprenditore e attivista amico di Magnitsky, fu omicidio, commesso dagli agenti della prigione in cui era detenuto l’avvocato che aveva denunciato truffe e corruzione nell’apparato di Stato russo.

Browder ha raccontato l’anno trascorso dall’amico in carcere e la sua personale sfida a Vladimir Putin in Red Notice. Scacco al Cremlino, pubblicato in Italia da Baldini&Castoldi. E da un decennio si spende affinché i governi di tutto il mondo adottino un Magnitsky Act. La questione sarà lunedì al centro dei colloqui del Consiglio Affari generali dell’Unione europea, che riunisce i ministri degli Esteri dei 27 Stati membri che già a dicembre avevano concordato l’avvio di un processo in direzione di un regime sanzionatorio per la tutela dei diritti umani.

Raggiunto telefonicamente da Formiche.net Browder spiega l’importanza dell’introduzione di una legge simile nel sistema europeo. “Dopo essere stato creato 8 anni fa negli Stati Uniti il Magnitsky Act è stato adottato anche da altri Paesi come il Canada, diversi Paesi baltici, il Regno Unito e il Kosovo. Se l’Europa non agisce rischia di lasciare un enorme vuoto e diventare una calamita” per chi calpesta i diritti umani.

Oggi Browder, che si definisce il “nemico numero uno all’estero” dei Putin, si dichiara “molto ottimista” sul fatto che l’Unione europea possa agire in direzione di un Magnitsky Act. “Sembra che il caso di Alexey Navalny abbiamo risvegliato le coscienze in Europa”. La sua speranza è che il Vecchio continente diventi un territorio ostile agli agenti e i collaboratori del Cremlino. Così come lo sta diventando il Regno Unito, dove vive. “Il governo britannico ha imposto a inizio luglio sanzioni su 25 russi” attraverso il Magnitsky Act. In quell’occasione il ministro degli Esteri, Dominic Raab, parlo così davanti al Parlamento di Londra: “Se sei un cleptocrate o un criminale organizzato, non potrai riciclare il tuo denaro sporco di sangue in questo Paese”. E ancora: “Il governo invia un messaggio molto chiaro a nome del popolo britannico, che coloro i quali hanno le mani sporche di sangue, i teppisti e i despoti, gli scagnozzi e i dittatori, non saranno liberi di entrare in questo Paese per comprare proprietà sulla King’s Road, per fare la spesa di Natale a Knightsbridge, o per travasare apertamente denaro sporco attraverso banche britanniche o altre istituzioni finanziarie”.

Alcuni giorni fa Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dichiarato al Parlamento europeo che “come gli Stati Uniti l’hanno chiamato ‘Magnitsky Act’, allo stesso modo noi dovremmo chiamarlo “regime sanzionatorio Navalny”. Una proposta che però a Browder non convince: “Navalny è vivo fortuatamente, Magnitsky no. Penso che come in ogni altra parte del mondo debba essere chiamato Magnitsky Act”.

Quali priorità darsi? “Sfortunatamente la proposta ha subito troppi tardi”, spiega Browder, e anche questo ha contribuito all’aumento delle questioni calde: “Gli uiguri in Cina, Hong Kong, la Bielorussia, senza dubbio la situazione in Russia, dove i casi aperti sono molti, quelli di Magnitsky e di Navalny, ma anche quello dell’ex vicepremier Boris Nemtsov per esempio”.

(Foto: World Economic Forum)

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