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Perché è a rischio l’indipendenza dell’intelligence. Scrive Elisabetta Trenta

servizi segreti

Ieri è stato convertito in Legge, con la fiducia, il decreto di proroga dell’emergenza Covid, all’interno del quale era stato inserito un comma con cui si modifica la durata e l’eventuale conferma in carica dei direttori del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis) e delle Agenzie Informazioni e Sicurezza Esterna e Interna (Aise e Aisi). Il giorno precedente però un gruppo di 50 parlamentari 5 Stelle aveva sottoscritto un emendamento, presentato da Federica Dieni, segretario del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), che proponeva di respingere il comma del decreto sulla proroga dell’emergenza Covid con cui si modifica la legge sui servizi segreti del 2007, nella parte che riguarda la durata del mandato dei vertici di Dis, Aisi e Aise. Il governo però ha posto la fiducia sull’approvazione, senza emendamenti, sub-emendamenti e articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge dal titolo “Conversione in legge del decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 deliberata il 31 gennaio 2020”.

Bene hanno fatto i firmatari dell’emendamento a tentare di emendare la legge di conversione, perché ogni modifica al funzionamento del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica dovrebbe avvenire solo dopo opportuna concertazione e con un’ampia condivisione da parte del Parlamento.

È necessario, però, specificare un fatto che ho visto essere stato travisato da molti organi di stampa. Non è corretto dire che il comma 6 a, b, c, del decreto allunghi la possibile durata dell’incarico dei direttori di Dis, Aise e Aisi, di altri quattro anni. Questa eventualità era già contemplata nella legge 124/2007, ma con una bella differenza: la L. 124 (Artt 5, 6 e 7) prevedeva che l’incarico dei direttori dell’intelligence fosse rinnovabile “per una sola volta”. Ora invece diventa rinnovabile più volte, ma la durata resta – al massimo – di quattro anni per il primo incarico più un massimo di quattro anni successivi. Teoreticamente, quindi, un direttore poteva già con la 124, restare in carica otto anni, ma con un solo rinnovo.

Dunque, nel caso del prefetto Mario Parente, nominato direttore Aisi nel 2016 e poi rinnovato per due anni nel 2018, non sarebbe stato possibile alcun altro rinnovo.

Ecco l’assai probabile motivo dell’inserimento del comma 6 nel decreto sulla proroga dell’emergenza: poter rinnovare per la seconda volta la nomina al prefetto Parente che dal Cisr del 15/6/2020 aveva già ricevuto una proroga tecnica di un anno, forzando le previsioni della Legge 124, motivandola con la necessità di mantenere intatto il vertice dell’Aisi in un periodo molto delicato per l’Italia quale potrebbe essere l’ autunno venturo. Questa proroga però non poteva essere ratificata senza una modifica della Legge. Pur condividendo la necessità di garantire continuità ai Servizi in un momento così difficile per la Repubblica, e avendo apprezzato l’operato del direttore dell’Aisi appena confermato, va detto che rivedere una materia tanto delicata, per rispondere a un’esigenza contingente, senza dare al Parlamento la possibilità di valutarne tutte le conseguenze, è un atto di colpevole sottovalutazione del ruolo parlamentare.

Ho piena fiducia che il Copasir attraverso i suoi rappresentanti e in particolare il suo presidente di cui, aldilà delle differenti posizioni politiche, ho potuto apprezzare personalmente l’attaccamento alle Istituzioni, intervenga al più presto per stimolare il Parlamento a modificare una legge che, dopo 13 anni, ha bisogno certamente di una revisione organica e armonica che tenga conto dei cambiamenti (in atto e futuri) delle minacce alla sicurezza del Paese.

Intanto però, con l’ultima modifica, si introduce un possibile rischio: i direttori del Dis e delle agenzie saranno sempre di più nelle mani di chi li nomina, che potrà mantenere vincolata la loro fedeltà assoluta attraverso il “centellinamento” dei rinnovi successivi delle nomine. Ci dimentichiamo troppo spesso che la fedeltà assoluta è dovuta alla Costituzione e che mantenere una certa indipendenza dalla politica da parte dei cosiddetti “servizi segreti”, fermo restando l’attento controllo parlamentare, fa bene alla politica e alle strategie del paese. Il compito dell’intelligence, infatti, è rispondere alle esigenze informative del decisore producendo analisi oggettive ma, perché questo avvenga, è necessario che sia libera da pressioni politiche.

La norma appena approvata in merito al numero dei possibili rinnovi delle cariche dei direttori di Dis e agenzie potrebbe, invece, far diminuire l’indipendenza dell’intelligence dalla politica e innescare un meccanismo per cui il Dis e le agenzie siano sempre più motivate a dire al decisore ciò di cui questi ha bisogno per fare quello che ha già deciso di fare, a prescindere dal quadro informativo. In questo modo il decisore sarebbe più contento e i titolari di cariche rinnovate anche, ma il Paese diventerebbe sempre più fragile e questo è un rischio che non dobbiamo correre. Mi auguro, anzi sono sicura, che per le future nomine e conferme ci si ispiri, quale migliori prassi, a quanto fatto fino a prima di questa ultima riforma, considerando la stessa per quello che è, un provvedimento di urgenza, che è stato fatto passare necessariamente attraverso una modifica di legge per rispondere a una esigenza contingente, ma che introduce semplicemente una possibilità in più e non certo un obbligo. Il tutto nella certezza che il buon risultato dell’azione di governo passa anche dal grado di oggettività e indipendenza dei servizi di informazione e sicurezza dalla politica.

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