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Nuove sanzioni Usa contro l’Iran. Fino a quando durerà la massima pressione?

Che la “massima pressione” impostata dagli Stati Uniti contro l’Iran — perfino aumentata, se possibile, negli ultimi giorni — rappresenti un tentativo del presidente Donald Trump di piegare Teheran e raggiungere una nuova intensa già entro le elezioni presidenziali in agenda il 3 novembre?

LE NUOVE SANZIONI

Oggi il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato una nuova ondata di sanzioni contro il ministero della Difesa iraniano e contro il Venezuela di Nicolás Maduro per il suo sostegno al programma degli armamenti di Teheran. “Non importa chi tu sia, se violi l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite contro l’Iran, rischi sanzioni”, ha detto il capo della diplomazia statunitense: “Le nostre azioni odierne sono un avvertimento che dovrebbe essere ascoltato in tutto il mondo”, ha aggiunto con riferimento allo stallo sulle sanzioni alle Nazioni Unite.

Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e quello al Commercio Wilbur Ross. I due hanno annunciato sanzioni su sei individui e tre entità associati all’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran e tre individui e quattro entità associati allo Shahid Hemmat Industrial Group, responsabile del programma missilistico di Teheran. Mark Esper, titolare della Difesa, ha spiegato invece che il Pentagono è “pronto a rispondere a nuove aggressioni iraniane” e ha invitato Teheran ad “agire come un Paese normale”.

VERSO UN’INTESA?

Dopo gli Accordi di Abramo in Medio Oriente e la mediazione tra Kosovo e Serbia nei Balcani, l’amministrazione uscente potrebbe avere nei programmi un nuovo accordo nucleare con il regime iraniano che sostituisca quello sottoscritto nel 2015 da Barack Obama e abbandonato dal suo successore alla Casa Bianca tre anni più tardi. Sono mesi ormai che Washington apre al dialogo con l’Iran: il presidente Trump ha più volte dichiarato la disponibilità a firmare un accordo a inizio 2021 convinto di rimanere alla guida degli Stati Uniti per un mandato ancora.

Tuttavia, Washington è in pressing, basta spulciare la pagina “Iran Sanctions” sul sito del dipartimento di Stato. Ma si pensi anche alla decisione di reintrodurre in maniera unilaterale sanzioni Onu tramite il processo snapback (che sarà tema al centro dei viaggi del ministro Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, giovedì a Mosca e del ministro della Difesa israeliano Benny Gantz domani negli Stati Uniti per incontrare omologo Esper) o alle rivelazioni del dipartimento di Stato sulle attività di Hezbollah, milizia sciita libanese filoiraniana, in Europa). Ecco perché l’amministrazione Trump potrebbe tentare la carta di una nuova intesa con il regime degli ayatollah prima del voto.

Gli ostacoli non sono pochi: il tempo non è molto, il presidente Trump continua a pretendere un incontro impossibile con il presidente iraniano Hassan Rouhani e Teheran potrebbe scommettere su una nuova amministrazione statunitense a guida democratica per sperare in condizioni più favorevoli. Senza dimenticare che Israele quasi sicuramente si opporrebbe (anche se Trump può giocarsi la carta degli Accordi di Abramo). Ma gli ultimi sviluppi sembrano invitare a non escludere un’intesa nelle prossime sei settimane.


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