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Pompeo a Roma e Huawei rilancia. Lodi al perimetro cyber e su codice sorgente…

In tarda mattinata, negli stessi momenti in cui il segretario di Stato americano Mike Pompeo arrivava a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e affrontare anche lo spinoso dossier 5G, Huawei Italia lanciava la sua controprogrammazione annunciando la nascita del suo nuovo Cybersecurity and Transparency Center a Roma. Inaugurazione prevista tra un anno, nel settembre 2021, per un centro che vedrà la luce sulla scia dell’esperienza britannica, per dimostrare che l’azienda cinese non ha nulla da nascondere, e anzi è pronta ad aprire le porte allo scrutinio del governo e di strutturale come i Cvcn.

“È una coincidenza”, ha risposto Luigi De Vecchis, presidente Huawei Italia, a una domanda sulla simultaneità tra l’annuncio del centro (che però, come detto, vedrà la luce soltanto tra un anno) e la visita a Roma del capo della diplomazia di Donald Trump. Poi, però, sottolineando che l’annuncio era programmato da un anno: “Ovviamente l’eco che voi della stampa darete all’arrivo di Mike — lo chiamo Mike, siamo a diventati amici, a distanza ci combattiamo ormai da tempo (dice sorridendo, ndr) — è sicuramente molto ma molto superiore. Probabilmente pochi sapranno che noi oggi abbiamo annunciato questo centro”, ha aggiunto gigioneggiante.

Una nota di colore: a un certo punto la presentazione si è interrotta (ma dopo poco è ripresa) a causa di “problemi di rete” degli organizzatori, cioè Huawei. Alla conferenza stampa hanno preso parte anche Pietro Guindani, presidente di Vodafone, intervenuto alla presentazione in zpresidente di Asstel, l’Associazione di categoria delle aziende di telecomunicazioni, e Giuseppe Pignari, cyber security officer di Huawei Italia.

HUAWEI NELLA GUERRA USA-CINA

De Vecchis non si è tirato indietro dal commentare la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina: “Noi (Huawei, ndr) stiamo rispondendo alla forte pressione geopolitica con la tecnologia, e proprio oggi annunciamo l’apertura di un centro dove gli operatori e le terze parti potranno toccare con mano la nostra tecnologia, il nostro software”, ha dichiarato spiegando il ruolo del nuovo centro romano. “Noi”, ha aggiunto ancora con riferimento alle posizioni statunitensi, “rispondiamo a queste pressioni politiche aprendo il nostro sistema, per farci ‘vivisezionare’ e dimostrare che noi non siamo ciò che viene detto da governi” che “dovrebbero invece confrontarsi su altri tavoli”.

Quanto agli attacchi “non sono nella testa di Trump” e “rimango basito”, ha aggiunto De Vecchis, “per il fatto che un Paese di quelle dimensioni faccia attacchi di demolizione” nei confronti del gruppo cinese.

“Il confronto geopolitico tra Paesi”, ha confessato De Vecchis, “ci ha disorientato, oggi continuiamo a lavorare dal punto di vista tecnico”. Ma ciò non si traduce in un passo indietro, anzi. Nonostante tutto “noi non molliamo, non molleremo” e “non andremo via dall’Italia, non andremo via da questo mercato”, ha aggiunto.

PERIMETRO E CODICE SORGENTE

De Vecchis ha poi elogiato gli sforzi del governo sulla sicurezza nazionale: “Credo che il lavoro di questo governo sul perimetro cibernetico e il lavoro che si sta facendo includendo in tutta quest’area l’intero sistema dell’università delle telecomunicazioni, dalle reti all’Internet, sia la strada giusta”. E proprio oggi “annunciamo l’apertura di un centro dove gli operatori, le terze parti, le istituzioni potranno toccare con mano la nostra tecnologia, il nostro software, le nostre funzioni”.

Altro punto caldo toccato da De Vecchis così come da Pignari è il codice sorgente, che Huawei è disposta a mettere a disposizione delle autorità. Questa è “l’eccessiva ma grande padronanza che abbiamo della nostra tecnologia”, ha dichiarato il presidente di Huawei Italia. Secondo De Vecchis, dunque, il problema non è fra i tecnici tra i quali, dice, la fiducia verso il colosso cinese è alta. Ma l’opinione pubblica è presa di mira da messaggi di diverso tenore: e anche qui l’indiziato numero uno nella accuse è ancora Washington.

Tuttavia, come spiegavamo alcuni giorni fa su Formiche.net, seppur l’esclusione delle aziende cinesi non sia all’ordine del giorno per il governo italiano, resta una doppia morsa: “Da una parte il perimetro cyber, con il lavoro del Dis per accelerare, dall’altra le nuove prescrizioni del comitato golden power di Palazzo Chigi per gli operatori, che rendono assai più oneroso il business con i cinesi, fra controlli settimanali dell’equipaggiamento tech e consegna del codice sorgente”.

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