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Referendum, cosa significa votare Sì (e votare No). La versione di Paganini

parlamentari

Con il Comitato per il Sì delle libertà abbiamo voluto contribuire al dibattito sul referendum costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari, proponendo un metodo d’approccio liberale. Con soddisfazione possiamo affermare di avere avanzato argomenti solidi che sono stati apprezzati e diffusi e che non hanno trovato ancora, dei contro argomenti in grado di smontarli. Aspettiamo.

I MEDIA: NEMICI DEL PLURALISMO

Arricchendo il dibattito con una prospettiva liberale abbiamo smascherato – e resa impraticabile – la narrazione che alcuni gruppi ostili al cambiamento e interessati al potere stanno portando avanti: votare no per indebolire il governo, o meglio liberarsi della parte più scomoda di esso. Ci si deve concentrare sul merito del referendum e non su chi lo ha proposto.

Eccettuate le Tv pubbliche o private, nazionali o locali, che sono obbligate dalle leggi a fare propaganda referendaria equilibrata per il Si e per il No, i media cartacei con cui ci siamo confrontati non si siano mai preoccupati di riportare o sconfessare i nostri argomenti, ma si sono sempre e solo concentrati sul fatto che non avremmo grande seguito sui canali social (il Comitato ha 1 mese di vita), di non aver reclutato cantanti o ballerine, o camerieri dei poteri sdegnati dell’esser stati privati dalle per loro abituali relazioni con il sottogoverno. Ormai anche i media tradizionali funzionano come quelli sociali, polarizzandosi su posizioni estreme che si fondano su pregiudizi e bias.

DEMOCRAZIA IMMATURA

La nostra azione, seppure povera di risorse economiche e senza il sostegno di alcun media cartaceo, ha così dimostrato che la nostra è ancora lontano dall’essere una democrazia liberale compiuta. Ha anche reso palese che il pericolo per i cittadini non va ricercato nel numero maggiore o minore dei parlamentari, ma tra i mezzi di informazione e le elites ostili alla diversità e al cambiamento per proteggere i loro privilegi.

VOTIAMO SÌ E INIZIAMO DA QUI

Luigi Einaudi (1946) avvertiva che “tanto più grande è il numero dei componenti di un’assemblea, tanto più essa diventa incapace di attendere all’opera legislativa”.

PERCHÉ RIDURRE

La riduzione del numero dei parlamentari migliora il funzionamento del Parlamento. Con meno eletti avremo un Parlamento più trasparente e più attento nel prendere decisioni alle idee e ai progetti. Meno parlamentari sono più visibili dai cittadini e tenuti a rispondere con più impegno ai loro solleciti.

Il Parlamento è il cuore della democrazia. Ma oggi non è più un cuore pulsante. Perché i parlamentari non si propongono più di rappresentare i cittadini sulle idee e sui progetti. La riduzione del numero dei parlamentari è un’azione chiara e definita per sfrondare un’aula pletorica nel confronto con gli altri paesi e restituire qualità al dibattito.

IL TAGLIO È UN PROVVEDIMENTO SIMBOLICO

Per tornare a rappresentare i cittadini è indispensabile confermare che il fulcro della rappresentanza è la qualità nel formulare idee e progetti, è l’efficienza nel produrre leggi, sono ritmi di lavoro adeguati alla realtà e non funzionali ai privilegi corporativi.

IL TRADIMENTO

L’attuale inadeguatezza della funzione del Parlamento è un dato di fatto. Produce un groviglio di norme spesso incomprensibili che non tutelano e favoriscono noi cittadini, ma li penalizzano. Gestisce miliardi di euro (soldi dei cittadini) che i parlamentari hanno spesso indirizzato verso opere di cui non hanno beneficiato i cittadini, ma hanno arricchito gruppi e lobby (sistema delle clientele). Si guardi alle Leggi di Bilancio, Milleproroghe, etc.

LA RIFORMA

Il Parlamento va riformato per rinvigorirlo. Il punto di partenza (deciso dai cittadini) è la recisa riforma del taglio dei numero dei parlamentari, del resto promossa per 40 anni a turno da tutti i partiti della prima e della seconda repubblica.

Passando da 945 a 600 si riduce evidentemente la quantità della rappresentatività ma se ne migliora la qualità. 945 non rappresentano più. 600 saranno spronati a rappresentare. Con 1 rappresentante eletto ogni 101 mila abitanti siamo nella media delle democrazia avanzate, anch’esse propense a ridurre), (in Germania c’è eletto ogni 116.000 abitanti e addirittura negli Usa 1 eletto ogni 602.000). Ma non perdiamoci nei numeri, che non promuovono la qualità. Ogni paese ha una struttura istituzionale diversa.

QUALITÀ Vs QUANTITÀ

Se valesse la formula quantitativa allora dovremmo magari moltiplicare il numero degli eletti: il Parlamento non funziona, triplichiamo gli eletti. Vogliamo aspiranti rappresentanti che si presentino ai cittadini con progetti solidi e concreti per rispondere ai nostri bisogni. La Democrazia rappresentativa è qualità. Il Taglio promuove la qualità.

705 VS 945

Quasi il 75% di ciò che passa dal nostro Parlamento sono direttive e regolamenti che arrivano dal Parlamento e dalla Commissione europea. 705 parlamentari europei in rappresentanza di 446 milioni di abitanti producono il 75% di quello che 945 parlamentari italiani recepiscono tardi e male. Abbiamo il primato europeo per la tardiva ricezione delle direttive europee. Sola la direttiva rifiuti è costata a noi cittadini, circa 800 milioni in 15 anni. L’elenco è lungo. A proposito di costi e risparmi di un Parlamento lento ed inefficiente.

I RISPARMI

Non è chiaro quanto si risparmi dalla riduzione del numero dei parlamentari. La metafora della tazzina di caffè risparmiata da ciascun italiano in un anno è poco rispettosa. Si può dividere il risparmio per 60 milioni (caffè) ma si può anche dividere per i 5 milioni di poveri o per il numero di scuole e ospedali. I numeri sono manipolabili. Ma nelle condizioni attuali, anche risparmiare poco è un segnale, un inizio, visto che non si risparmia da altre parti. “Gli sprechi stanno altrove”, si ma se non si eliminano, si può partire da questi pochi milioni: un messaggio ai cittadini.

Il risparmio è comunque un altro, non cadiamo nell’inganno della tazzina di caffè (supinamente stimolata dagli stessi promotori del taglio). Ho detto delle direttive europee, ma possiamo ricordare la cifra non quantificabile dovuta alla pessima gestione che il Parlamento – sistema delle clientele – fa dei nostri soldi. 945 Parlamentari sono più pericolosi di 600 (più trasparenza ed efficienza).

IL LIBRO DEI SOGNI

Infine, per votare NO si obietta che il ridurre gli eletti non risolve altri problemi molto gravi del paese, tipo bicameralismo paritario. Si vorrebbe perciò una riforma più ampia.
Sono sogni. Si vuole inseguire il coniglio nel paese delle meraviglie. Il Parlamento come è ora non è stato e non è nelle condizioni di promuovere riforme organiche. Lo provano i fatti. Meglio perciò, promuovere una riforma semplice ma precisa (che oltretutto favorisce riforme mirate: nuova legge elettorale, regolamenti parlamentari).

Non tagliando i parlamentari ci illudiamo di poter domani ottenere una riforma che rivoluzionerà il funzionamento del paese. Sciocchi. Concentriamoci su ciò che possiamo fare, cioè questa riforma che ha messo insieme quasi tutte le forze politiche.

Votare No significa rimandare, rinunciare, arrendersi nella culla delle illusioni. Significa raccontare ai nostri figli che tutto va bene, che il Parlamento funziona, e che la Costituzione resterà tale per i prossimi 70 anni, mentre il mondo cambia. Intanto, l’Italia e le sue istituzioni sprofondano nella melma e nella nebbia.

Votare Sì significa soprattutto promuovere il cambiamento, mandare un segnale ai cittadini che si vuole migliorare il funzionamento delle istituzioni, meglio rappresentare i cittadini.


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