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Se Pechino punta sul mercato interno. Il Rapporto Italia-Cina

Di Filippo Fasulo

È uscito l’XI Rapporto annuale della Fondazione Italia Cina, Cina 2020. Scenari e prospettive per le imprese, la guida che raccoglie ricerche, analisi di rischio e previsioni nel breve-medio periodo sulla Cina. Il Rapporto – elaborato dal CeSIF, il Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina –, è finalizzato a mostrare le prospettive per le imprese italiane che guardano alla Cina. Il volume presenta gli scenari politici, economici e di accesso al business in Cina, con un approfondimento dei settori di maggior interesse per le imprese italiane e delle opportunità di investimento per le imprese cinesi in Italia.

Inevitabilmente, il tema principale di quest’anno sono le valutazioni sulle prospettive post Covid-19 che dipendono da molti fattori. In primo luogo, bisogna considerare che una riflessione sulla Cina non potrà essere fatta solo in termini assoluti, ma anche in quelli relativi. Ovvero, un rallentamento della crescita a valori di poco positivi (le principali organizzazioni internazionali stimano tra l’1% e il 2% per rimbalzare attorno all’8% nel 2021) dovrà essere confrontato con le riduzioni fino a 10 punti percentuali degli altri Paesi. In questo senso, è possibile affermare con ragionevole certezza che il peso economico relativo della Cina aumenterà. Tuttavia, le politiche anti pandemia – ovvero investimenti e sussidi a favore della produzione – stanno portando a una crescita del surplus commerciale riproponendo gli squilibri che avevano spinto il presidente statunitense Donald Trump a promuovere la guerra commerciale.

Per queste ragioni Pechino ha varato la Dual Circulation Strategy, ovvero l’idea che la Cina debba rafforzare la dimensione interna dell’economia rispetto a quella internazionale, rinnovando il proposito di avere un mercato domestico più forte con l’obiettivo di ridurre l’esposizione a eventuali shock esterni quali la stessa guerra commerciale, blocchi all’esportazione di prodotti tecnologici o fluttuazioni della domanda internazionale. La volontà di indipendenza tecnologica sembra così una linea tracciata che verrà probabilmente perseguita sia che gli Stati Uniti mettano effettivamente in pratica il decoupling o meno. Nel contesto oggi in atto di revisione della globalizzazione verso la regionalizzazione è importante agire sul piano del rapporto di dipendenza o interdipendenza nelle catene di fornitura, diversificando laddove si importa e facendo valere su di un piano strategico ciò che si esporta. La discussione in merito alla disponibilità di prodotti medicali in tempo di pandemia è un esempio di questa dinamica. La Cina, dunque, si prepara al post-Covid-19 pensando a rafforzarsi internamente in un contesto di crescente ostilità internazionale.

E l’Italia? Nei dati riportati dal Rapporto emerge come nel 2019 le esportazioni siano leggermente calate, soprattutto per una flessione nell’automotive (quasi) compensata dalla crescita nel farmaceutico e nel tessile. Per quanto riguarda gli investimenti, i valori non sono paragonabili a quelli del periodo 2015-2017, quando sembrava che Pechino potesse comprare quasi tutto. In questo campo, a una stretta creditizia interna si è affiancata una maggiore attenzione internazionale alle acquisizioni, tanto che tra 2016 e 2019 i flussi di capitale verso il Vecchio continente si sono ridotti a un meno di un terzo e verso gli Stati Uniti a poco più di un decimo. D’altro canto, continuano a crescere le aziende italiane partecipate da gruppi cinesi o di Hong Kong. Oggi sono 760, per oltre 43.000 dipendenti coinvolti e più di 25 miliardi di euro di fatturato con una localizzazione che per quasi il 75% è al Nord, Lombardia in testa con il 45%. Sull’altro versante, sono 2200 le aziende italiane presenti tra Cina e Hong Kong, anche in questo caso “partite” nella stragrande maggioranza dalle regioni settentrionali.

Considerato che la Cina risulta centrale nelle strategie di rilancio post Covid-19, sarà sempre più importante considerare una propria localizzazione in Cina per intercettare la volontà di Pechino di rafforzare la “circolazione interna” e per minimizzare  i rischi derivanti dalla situazione di incertezza nel contesto geopolitico che potrebbe acutizzarsi in vista delle elezioni presidenziali americane. L’ambito più esposto è quello tecnologico, che si ripercuoterà sulle catene di fornitura globale in un processo di ridefinizione della localizzazione della produzione che non sarà però immediato e che riguarderà soprattutto aziende statunitensi.

https://www.fondazioneitaliacina.it/it/la-fondazione/area-news/fondazione/2020/09/873/



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