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Trump, i guai in tribunale e quel regalo da cento milioni. Il punto di Gramaglia

Donald Trump ci deve mettere del suo, nella campagna elettorale per Usa 2020: non di energia e/o di fantasia, ché quelle non gli mancano, ma di soldi: cento milioni di dollari. Le raccolte di fondi, dove Joe Biden pare fare meglio – i dati di agosto non sono ancora confrontabili -, non gli bastano, infatti, a coprire le spese, appesantite – scrivono i media – dai contenziosi e ora pure dal rimborso del fondo erboso del Giardino delle Rose della Casa Bianca, danneggiato durante la serata finale della convention repubblicana.

E così Trump, che nella classifica di Forbes dei Paperoni d’America è già sprofondato in un anno dal 275° al 339° posto, con una ricchezza stimata a meno di tre miliardi di dollari – lui, però, dice che sono molti di più -, si ritroverà a fine campagna ancora più povero. Secondo Bloomberg News, la decisione di spendere del suo cento milioni sarebbe senza precedenti per un presidente in carica e sarebbe controversa nel suo entourage.

Nel 2016, Trump contribuì alla campagna per la sua elezione con 66 milioni di dollari. Quest’anno, finora, il Republican National Committee ha speso 800 milioni di dollari per la sua rielezione, mentre il Democratic National Committee ne ha spesi la metà – 414 milioni – per Joe Biden. La tesi della campagna del magnate è che molti soldi se ne vanno per contrastare “i Fake News Media”.

Trump e Biden continuano a concentrare l’attenzione sugli Stati in bilico. In Florida, un sondaggio NbcNews – Marist li à testa a testa: 48% per Trump, 47% per Biden.

Il presidente candidato non lesina attacchi personali: una potenziale presidenza di Kamala Harris sarebbe “un insulto al nostro Paese”, dice, parlando della vice di Biden. I democratici, invece, propongono un duetto a distanza tra la Harris e Barack Obama, che scherzano su Biden, i suoi occhiali da aviatore e la sua propensione a fermarsi a parlare con tutte le persone che incontra.

A un comizio in North Carolina, centinaia di persone senza mascherina e senza distanziamento, Trump critica le misure anti-coronavirus e propone provocatoriamente di chiamare i suoi meeting “proteste pacifiche”, così da aggirare le restrizioni.

Intanto, il Dipartimento della Giustizia, guidato da William Barr, un fedelissimo di Trump, intende farsi carico della difesa del presidente nell’azione legale per diffamazione intentatagli dalla scrittrice E. Jean Carroll, che lo accusa di averla violentata in un grande magazzino negli Anni Novanta.

Se così sarà, il governo federale dovrà pagare gli indennizzi eventualmente riconosciuti alla donna. L’iniziativa del Dipartimento segue la decisione di una corte di New York di respingere la richiesta di Trump di fare slittare il caso a dopo le elezioni. Da qui, il tentativo di spostare il contenzioso: è una mossa che forse serve solo a guadagnare tempo.

Per una donna che prova rancore per Trump, una che voterà Biden malgrado le ruggini del passato: Anita Hill, che negli Anni Novanta accusò in Senato di molestie il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas. La Hill, che fu travolta dalla domande e dagli attacchi dei senatori, ha sempre contestato a Biden, allora presidente della Commissione Giustizia, di non averla tutelata. Adesso, spiega ai media che voterà per lui perché l’alternativa è Trump e perché la partita è molto più complicata e più grande del loro passato.

Nella polemica tra il presidente e i militari, c’è una dichiarazione del capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale James McConville: “Posso assicurare il popolo americano che gli alti dirigenti raccomandano di mandare le nostre truppe a combattere solo quando lo richiede la sicurezza nazionale e come ultima risorsa”. La battuta, che suona inutile ovvietà, è una risposta all’affermazione di Trump che i capi del Pentagono vogliono intraprendere guerre per far contente le aziende belliche.

Fronte coronavirus, i dati della Johns Hopkins University indicano che, alla mezzanotte sulla East Coast, i contagi superavano i 3.927.000 e i decessi i 189.650.


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