Se l’anno prossimo dovesse toccare a Joe Biden parlare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, pronuncerebbe un discorso “positivo e costruttivo concentrandosi su questioni come il cambiamento climatico. E tutti cercheranno di fingere che Donald Trump non sia mai esistito”. Ne è convinto Richard Gowan, direttore del programma Onu dell’International Crisis Group.
Rispondendo ad alcune domande di Formiche.net, Gowan analizza quello che potrebbe essere stato l’ultimo discorso di Trump al Palazzo di Vetro (seppur tenuto in videoconferenza causa coronavirus) sottolineando come il presidente abbia deciso di dedicare pochissimo spazio all’Iran a causa delle difficoltà riscontrate nel convincere il Consiglio di sicurezza a prendere sul serio la sua proposta di snapback delle sanzioni. “A Trump piace sembrare un vincitore, quindi aveva più senso per lui parlare dell’accordo Israele-Emirati Arabi Uniti e di altri successi diplomatici piuttosto che di questa sconfitta contro l’Iran”, spiega.
DOPO NOVEMBRE
Gowan racconta quanto si sussurra nelle stanze delle Nazioni Unite, tra diplomatici e funzionari, in vista delle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo 3 novembre. “I diplomatici immaginano che Biden voglia ricostruire i rapporti con l’Onu e che si rientrerà in meccanismi come il Patto di Parigi e il Consiglio per i diritti umani”, dice. “Ma sospettano anche che Washington continuerà a cercare di limitare l’influenza cinese nel sistema delle Nazioni Unite, ma lo farà in modi più sottili e di basso profilo rispetto a quelli usati da Trump”.
Se invece Trump verrà rieletto, “potremmo vedere altri scontri dietro le quinte sulla rappresentanza delle Nazioni Unite”, spiegava ieri a Formiche.net Kelsey Broderick, analista dell’Eurasia Group. Secondo Gowan, invece, “se Trump conquisterà un secondo mandato, arriverà alla conclusione di essere stato intelligente a intraprendere una linea dura con la Cina e l’Organizzazione mondiale della sanità per ragioni di politica interna e continuare a cercare nuovi modi per sfidare e mettere in imbarazzo la Cina all’Onu”. Dal Covid alla plastica che inquina gli oceani, combatterà la Cina su ogni fronte: “Questo era insomma il suo messaggio”, commenta Gowan.
L’IMPATTO DEL CORONAVIRUS
Gli chiediamo che impatti ha avuto il coronavirus (e la gestione da parte del governo cinese) sulle dinamiche alle Nazioni Unite. “La crisi Covid ha esacerbato le tensioni preesistenti tra Cina e Stati Uniti all’Onu”, risponde. “Le due potenze hanno combattuto sempre più duramente a livello diplomatico per avere influenza nelle agenzie e nei forum delle Nazioni Unite negli ultimi anni. Trump ha deciso di alzare lo scontro sul Covid e sull’Oms quest’anno, in parte per cercare di distrarre dalla sua scarsa risposta al virus”, aggiunge Gowan da New York, una delle città più colpite negli Stati Uniti.
Gowan si dice convinto che la volontà cinese di scommettere sulle Nazioni Unite chiedendo però un ruolo di primo piano sia “fonte inevitabile di tensione non soltanto con gli Stati Uniti ma anche con i diplomatici europei che temono che Pechino voglia annullare il lavoro delle Nazioni Unite sui diritti umani. Per questo, la sua ascesa è inevitabilmente dirompente”.
IL CLIMA
Ma nel suo discorso il presidente cinese Xi Jinping ha promesso una Cina a emissioni zero entro il 2060 incassando il plauso europeo (seppur con un po’ di prudenza). Alcuni osservatori hanno notato che questa promessa non costa molto a Pechino ma che potrebbe essere un modo per spaccare il fronte transatlantico. Gowan spiega che “il fatto che gli Stati Uniti abbiano disertato l’accordo di Parigi significa che la Cina può presentarsi come il leader naturale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Pechino si scontra con l’Unione europea sui diritti umani e ha rapporti tesi con i suoi vicini in Asia su questioni territoriali, ma è innegabilmente una potenza essenziale quando si tratta di combattere il riscaldamento globale”, aggiunge.
“Quindi Xi può sempre usare il clima come leva alle Nazioni Unite. Quando parla delle emissioni di anidride carbonica, ricorda agli altri leader che devono lavorare con Pechino”, conclude.