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Cattolici e Covid, quale ruolo? Parla Massimo Milone

Conversazione di Formiche.net con Massimo Milone, direttore di Rai Vaticano e autore di “Pandemia della Politica. I cattolici al tempo di Francesco” (Guida Editori): i cattolici possono “essere una sorta di collante, pur nella diversità. Aprire le porte del dialogo”

Davanti alla crisi sanitaria, all’emergenza del coronavirus, in queste settimane spesso si è parlato del bisogno di pensieri lunghi. Di ragionare in prospettiva, di saper anticipare e prevenire il male, in questo caso il contagio, ma allo stesso tempo anche di capire come affrontare la crisi, una volta che sarà passata la tempesta. Il lock-down, che sia misura necessaria o di cieca disperazione, chiamerà una ricostruzione morale e sociale. In tale contesto, molti cominciano a interrogarsi.

Tra questi c’è Massimo Enrico Milone, giornalista napoletano e direttore di Rai Vaticano, la struttura della Rai che coordina l’informazione religiosa e i rapporti con la Santa Sede. Con un saggio edito da Guida Editori e intitolato “Pandemia della Politica. I cattolici al tempo di Francesco”, Milone affronta il ruolo dei cattolici in Italia, e in particolare di una presenza cattolica organizzata che sia capace di fare fronte alle immani difficoltà che il Paese si troverà ad affrontare nel futuro prossimo.

Nel suo saggio Milone scrive: “Lo slancio solidale dei cattolici, vissuto nei giorni difficili, potrebbe più che mai servire al Paese. Per i cattolici si aprirà ancora una volta l’inderogabile quesito su come uscire dalla irrilevanza e marginalità politica. Sporcandosi le mani e dando risposte al Paese alla luce di una storia prestigiosa, di testimoni autorevoli, di impegno politico, inteso da sempre come alta forma di carità, come amava ripetere Paolo VI“.

Ciò considerando che ormai “il dibattito è aperto da tempo”, e che di certo “sarà oggetto di confronti ed iniziative, più che mai, anche in relazione al varo della legge elettorale”. Ma per il giornalista napoletano “un dato appare certo. L’Italia del dopo virus non potrà fare a meno dei cattolici”. “Io credo che innanzitutto la pandemia ha messo a nudo la politica, ha ridimensionato i potenti della terra e gli esegeti della tecnologia spinta, frenando la globalizzazione e minando i capisaldi dell’Europa”, spiega in questa conversazione con Formiche.net.

L’analisi che in queste settimane emerge dalle riflessioni di molti ambienti cattolici, è che di fronte alla pandemia ci si sente tutti un po’ più soli. Per anni si è delegato alla politica e alla scienza il compito di risolvere ogni problema dell’umanità. Una volta che però la scienza è venuta a mancare, ci si è trovati di nuovo di fronte alla propria fragilità. Ci si è accorti cioè di non essere onnipotenti. Lo stesso è valso per l’intero sistema politico, per Milone “più che mai litigioso”, dove risalta però con ancora più forza la mancanza di una visione complessiva della società e del futuro.

“Oggi più che mai, con la pandemia è venuta fuori l’esigenza di nuove leadership fatte di valori e di visioni. Portatrici di un alfabeto e di una grammatica. Di linguaggi nuovi che in un contesto planetario dovranno dare risposte a persone, famiglie, comunità, delineando un futuro possibile”, è la constatazione del giornalista. Il libro di Milone nasce nei giorni drammatici del virus, come una sorta di block notes da lasciare ai propri figli e ai giovani, memoria storica dell’annus horribilis dell’umanità.

La domanda di fondo, però, è ben chiara, e riguarda il ruolo dei cattolici in Italia. La cui “presenza civile e sociale, solidale e culturale, come lo abbiamo visto nell’emergenza e nella continuità dell’azione sociale in questi mesi, è ancora capillare e vitale”, spiega Milone, con lo spirito di osservazione di un giornalista di lungo corso. Prima di giungere però a una conclusione. “C’è bisogno di uno scatto in più per servire il Paese”. Vale a dire, di “scendere in politica assumendosi responsabilità. Non si tratta di contenitori, ma innanzitutto di una visione dei problemi”.

Tutto questo al fine di “disegnare un modello di sviluppo, oggi in crisi nella società post-pandemia. Un modello aperto e inclusivo. Occorre infatti dare risposte ai giovani, alle famiglie, ai problemi della sicurezza, alle migrazioni, al lavoro, al nuovo tipo di welfare, all’ecologia, all’innovazione, alla collocazione internazionale dell’Italia, a un’Europa che rischia di naufragare. Sono i grandi temi che attendono soluzioni, e dove i cattolici, alla luce di un grande patrimonio ideale, valoriale, fatto di grandi testimoni e di un afflato ideale che ha sempre contraddistinto la politica quale servizio al bene comune, sono chiamati a giocare la loro partita”.

In sostanza, per il giornalista c’è bisogno che i cattolici attingano al patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa per declinarlo nella modernità post-Covid, “dove tutte le certezze vengono annullate, e dove i cattolici non possono non esserci”. Dando vita a una presenza organizzata e strutturata, alla luce del fermento che più o meno in sordina è maturato negli ultimi anni, in maniera operosa, sviluppato con iniziative e anche con un serrato confronto tra visioni diverse della politica e della presenza cristiana nella stessa.

“Bisogna però sgombrare il campo, anche rispetto i grandi media laici, da una sorta di rischio di cannibalismo strumentale sul pensiero politico cattolico”, è tuttavia la riflessione di chi è stato per lunghi anni presidente dei giornalisti cattolici italiani. “C’è una storia prestigiosa di laici impegnati cristianamente in politica. Un immenso patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa, che ha alimentato politiche economiche e visioni moderne. Basti pensare alla grande tensione civile e morale del dopoguerra, figure come Fanfani, Dossetti, La Pira, Moro, Zaccagnini”.

Una storia che per il giornalista della televisione pubblica “occorre recuperare, riattualizzare e far rivivere soprattutto tra i giovani. Dalla memoria si può costruire, in modo moderno, una risposta alla società del virus e del post-virus. Nel mare aperto di una riflessione su come costruire una presenza organizzata, più che mai c’è in questa fase l’esigenza di un pensiero forte per il Paese”. Ma come? “La grande lezione della Democrazia cristiana, seppure in un contesto storico, politico e ideologico completamente diverso, è stata quella di mettere insieme nell’unità pezzi di società diversa, nel quale riconoscersi”.

Papa Francesco d’altronde, sin dall’inizio del suo Pontificato, molto prima della pubblicazione dell’enciclica che porta il titolo di “Fratelli tutti”, lo ha sempre spiegato chiaramente, “ricordando l’esigenza di discutere insieme, di pensare alle soluzioni migliori per tutti”, commenta il vaticanista Rai. La società italiana, spiegava infatti Bergoglio in un discorso ai vescovi italiani nel 2015, “si costruisce quando le diverse ricchezze culturali possano dialogare in modo costruttivo”. “Io mi richiamo a questa possibilità per i cattolici”, conclude Milone: “Essere una sorta di collante, pur nella diversità. Aprire le porte del dialogo”.

Da ultimo, la necessità è quella di “arginare lo scollamento della vita di fede dalla percezione delle responsabilità politiche”. “Questo è l’aspetto più importante: un’idea profetica del bene comune, che è stata sempre la bandiera dei cattolici in Italia”.



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