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Dalla parte delle ispettrici e ispettori del lavoro: politiche attive anche per loro

Oltre 6 mila ispettori tra Inail, lavoro e Inps combattono in prima linea il Covid. Ma ora hanno bisogno di aiuto. Il punto di Alessandra Servidori

 

Sono solo 6.046 in tutta Italia, più  forse 1000 nel 2021 (dati di fine 2019 , senza le uscite avvenute recentemente dal lavoro per quota 100) suddivisi in ispettori del lavoro, dell’Inps, Inail. Nato nel 2017 per razionalizzare la galassia degli ispettori, divisi tra Inps, Inail e ministero, l’Inl Ispettorato nazionale Lavoro, doveva diventare l’agenzia unica per le ispezioni. Ha raccolto gli ispettori delle direzioni territoriali del lavoro e doveva servire da punto centrale di coordinamento per tutti gli ispettori di Inps e Inail.

Un ulteriore elemento di criticità, che ha anche determinato un’emorragia di personale ispettivo nel corso degli ultimi anni, è lo sbilanciamento fra professionalità richiesta e stipendio corrisposto: ad esempio, mediamente un ispettore del lavoro (ordinario o tecnico) percepisce una retribuzione mensile pari a 1.500-1.600 euro, cui si aggiunge un salario accessorio che può arrivare fino a 3,000 euro lordi annui.

Questo crea un notevole gap salariale con gli ispettori di vigilanza dell’Inps e dell’Inail, cui sono correttamente riconosciute dalla contrattazione integrativa un’indennità – in virtù delle responsabilità derivanti dall’attività svolta e un salario accessorio mediamente più alto, per maggiore disponibilità di fondi di Ente. Ma la strada è ancora lunga, se non bloccata.

Intanto le banche dati delle varie amministrazioni ancora non sono comunicanti. Continua a calare il numero degli ispettori perché in molti uffici, Quota 100 ha ridotto gli amministrativi, così chi deve controllare sul territorio, resta invece in ufficio a coprire i buchi. E la lotta al Covid ha comportato e comporta tutt’ora per gli ispettori del lavoro,un surplus di lavoro convulso dato dall’esiguo numero di persone,dal rincorrere dei decreti circolari e note esplicative e dall’assegnazione di nuove competenze in materia di verifiche Covid 19 pur non volendo gravare sulle aziende in un momento di crisi così particolare dovuta alla forzata chiusura delle attività. Una Direttiva di secondo livello 2020 che fornisce indicazioni e obiettivi agli ispettori del territorio è aggiornata continuamente dal Ministero del lavoro con attività di prevenzione promozione della sicurezza e legalità e la centralità delle lavoratrici e lavoratori ai quali va assicurata priorità di intervento.

Le attività delle ispettrici e degli ispettori si è straordinariamente intensificata sia per le tutele per la salute sia per le attività di accertamento e di verifica amministrativa contabile relativa ai macro settori: agricoltura, costruzioni, logistica trasporto, attività manifatturiere, commercio all’ingrosso e dettaglio, noleggio agenzie di viaggio servizi di supporto alle imprese, servizi alle imprese.

In buona sostanza la prevenzione, l’irregolarità e il contrasto al lavoro nero, le frodi relative alle misure di sostegno al reddito ecc : un lavoro intensissimo anche e sopratutto sull’uso degli ammortizzatori sociali modificati che stanno comportando controlli sul corretto utilizzo per contrastare atteggiamenti fraudolenti delle risorse pubbliche; e contemporaneamente controllare poi la riscossione veritiera dei nuovi premi in vigore dal gennaio 2019 per la verifica del rischio con relazioni dettagliate delle ispezioni compiute. Inimmaginabile che con il numero esiguo di ispettori e ispettrici si possa controllare le segnalazioni di intervento nei settori che non hanno subito interruzioni di attività,delle aziende operanti in deroga alle misure ristrettive per il covid, alle domande per presentare e usufruire della cig con effetto addirittura retroattivo, delle assunzioni e trasformazioni e riqualificazioni dei rapporti di lavoro,dei lavoratori e lavoratrici in smart working,della comunicazione delle aziende per la ripresa di attività.

A questo lavoro enorme si aggiunge l’indicatore delle tutele contributive, le conciliazione monocratiche le diffide accertative, la tempestività dei servizi urgenti all’utenza e ovviamente le informazioni, la prevenzione e la promozione. Le linee di indirizzo prevedono un presidio sul territorio costante continuo incessante di relazioni comuni con le istituzioni e le parti sociali e di intervento operativo scritto sulla carta ma impossibile da effettuare concretamente per la quantità di adempimenti richiesti a queste donne uomini garanti della regolarità del lavoro e soprattutto si chiede di ottemperare loro agli indicatori delle performance operativa per il processo di servizi all’utenza e alla vigilanza.

A distanza di tre anni dalla nascita dell’Inl, quindi, restano ancora moltissimi nodi da sciogliere e tante (troppe) questioni aperte. L’idea di fondo che ha portato alla creazione dell’Inl si muove su due direttrici, entrambe rimaste lettera morta: la semplificazione e la razionalizzazione delle attività di vigilanza, che dovrebbero passare non solo dalla creazione di un nuovo Ente preposto ma anche – o forse anzitutto – da una riscrittura delle norme in materia, così da arrivare auspicabilmente a un avvicinamento delle procedure, se proprio non è possibile una loro omogeneizzazione; la creazione di una rete che veda più soggetti coinvolti sotto un’unica regia – in linea con quanto accade nei Paesi europei più avanzati, in cui non esiste l’italiana frammentazione di competenze –, così da avere un’orchestra in cui ognuno suoni la propria parte di spartito, ma tutti siano diretti da un unico direttore d’orchestra. In situazione pandemica che non è più solo emergenza Covid queste lavoratrici e lavoratori vanno sostenuti con nuove assunzioni e politiche attive.



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