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Fratelli tutti è un inno alla condivisione, facciamone buon uso (musulmani compresi). Scrive Khalid Chaouki

“Mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb. Questa Enciclica raccoglie e sviluppa grandi temi esposti nel Documento sulla fratellanza umana che abbiamo firmato insieme”. Il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi. Con queste parole semplici ma dirompenti, papa Francesco, nel presentare la sua seconda Enciclica “Fratelli tutti”, sembra voler richiamare alla memoria di noi tutti, l’incontro di San Francesco, che nel 1219 incontrò il Sultano al-Malik al-Kamil.

Un inno alla condivisione, un passo gigante oltre il dialogo interreligioso a cui siamo ed eravamo abituati fatto spesso di ovvi salamelecchi e frasi di circostanza tra i leader delle diverse comunità religiose. Papa Francesco, nella sua nuova Enciclica sociale destinata non solo ai cattolici, si spinge più in là e invita tutti noi a lavorare insieme per superare insieme i limiti e le evidenti storture del modello sociale ed economico globalizzato che stiamo vivendo.

Il papa affronta tutti i temi riguardanti le questioni sociali, il no alla violenza e alle cosiddette “guerre giuste”, i migranti e le disuguaglianze sociali derivanti da un liberismo senza giustizia. Tuttavia colpiscono in questa Enciclica due elementi da sottolineare. Il primo: un salto in avanti in cui papa Francesco dichiara in modo netto che “nessuno si salva da solo”. Un’affermazione forte che mette fortemente in discussione chi, in nome di una identità più forte o più pura, ha sempre creduto di essere al di sopra degli altri, di essere figlio di un Dio superiore e quindi al riparo dalle disgrazie che affliggono il nostro pianeta. Un destino comune, ma soprattutto un presente comune che, nonostante la straordinaria interconnessione dovuta alle tecnologie e alla globalizzazione, continua ad essere “un mondo chiuso”.

Il secondo elemento lanciato come un sasso nello stagno da parte di papa Francesco riguarda il lungo dibattito sull’equilibrio tra le identità locali e la dimensione globale. “Non è possibile essere locali in maniera sana senza una sincera e cordiale apertura all’universale”. Da osservatore musulmano questa volta, posso affermare che il papa prova a toccare con coraggio uno dei nervi scoperti delle credenze e delle dottrine religiose che oggi popolano il nostro mondo. La “sincera” apertura all’universale potrà essere interpretata in decine di sfumature a partire dalla volontà genuina e fattiva di unire gli sforzi per superare le sfide che viviamo oggi a partire dal degenerare della violenza quale metodo di risoluzione dei conflitti. Ma potrà altrettanto essere interpretata la nozione di sincerità come un appello a superare i tentativi di conversione reciproca o la convinzione di appartenere a comunità superiori e con la Verità in tasca.

L’Encliclica “Fratelli tutti” di papa Francesco ambisce a far superare a tutti l’autoreferenzialità acquisita indicando, a partire dal concetto di fratellanza umana, una forma nuova di condivisione dei problemi comuni e soprattutto dei modi comuni per affrontarli. Un documento ricco di principi e prospettive ideali, ma altrettanto pragmatico suggerendo soluzioni pratiche. Un esempio per tutti il tema dei migranti che “vanno accolti, protetti, promossi, integrati”. Integrati appunto. Una parola nuova che lascerà spiazzati tutti coloro che si dicono impegnati a fare i conti con la politica dei fatti e non le facili prediche.

Papa Francesco, con questa Enciclica, ha consegnato loro anche alcuni elementi pratici di buonsenso nel risolvere temi cruciali per il nostro futuro comune. Vedremo se ne faranno un buon uso. Musulmani compresi.


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