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Huawei? Un’arma puntata contro l’Occidente. L’avvertimento Usa all’Italia

Dan Ross, consigliere economico dell’ambasciata Usa a Roma, rilancia la cooperazione transatlantica sul 5G e avverte: “È più costoso rimuovere e sostituire le apparecchiature non sicure che investire in anticipo su quelle sicure”

I trasporti, la medicina, le infrastrutture, gli smart device e altre cose che neppure sono state ancora inventate ma che nasceranno grazie al 5G. Sono tante le opportunità della rete di quinta generazione. Ma alle opportunità si uniscono le sfide. “Più aumenta l’interconnessione, più aumentano i rischi per la nostra sicurezza”, ha spiegato Dan Ross, consigliere economico dell’ambasciata statunitense a Roma, nel corso di un seminario online sulla sicurezza cibernetica organizzato dalla stessa missione di Washington in Italia e moderato da Luigi Martino, direttore del Center for Cyber Security and International Relations Studies dell’Università di Firenze.

Ross non è entrato nel merito dei recenti sviluppi italiani ma è doveroso sottolineare come il seminario giunga a pochi giorni dalla decisione del governo di applicare i poteri della Golden power per bloccare un accordo tra Fastweb e Huawei. Inoltre, va ricordato come pochi giorni prima della visita a Roma, a fine settembre, del segretario di Stato Mike Pompeo il suo numero due, Keith Krach, aveva lodato la scelta di Tim di escludere il fornitore cinese da una gara lanciata a luglio per costruire la rete core 5G in Italia e in Brasile.

LE CINQUE MINACCE

Cinque sono le aree di minaccia individuate dal diplomatico statunitense. La privacy è messa rischio dalle backdoor; la sicurezza dai kill switch nelle mani di produttori di attrezzature 5G “non di fiducia”; i diritti umani dalla tecnosorveglianza nelle smart city; le economie dal furto di proprietà intellettuale e segreti industriali; la sovranità dalla dipendenza da reti controllate da governi autoritari. “Non c’è alcun aspetto della nostra vita che non sarà interessato dai rischi della tecnologia 5G e dai rischi presentati da questi venditori non di fiducia”, ha sintetizzato utilizzando l’espressione con cui l’amministrazione definisce le cinesi Huawei e Zte, cui ha fatto successivamente riferimento esplicito: “I Paesi che usano la tecnologia 5G per migliorare la propria sicurezza nazionale devono accertarsi della provenienza delle attrezzature. Perché se c’è un accesso da parte di governi autoritari a queste informazioni raccolte tramite questa tecnologia, ecco che può esserci una minaccia alla sicurezza”, ha continuato portando l’esempio della (tele)medicina, settore su cui molto punta — anche in Italia — Huawei. Poi ha citato la legge sulla sicurezza nazionale cinese che obbliga cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence per sottolineare il rapporto tra Pechino e le aziende (legame sempre negato dai colossi cinesi). È la stessa ragione che fu adottata dal Copasir circa un anno fa nel rapporto in cui definiva il 5G cinese un rischio per la sicurezza nazionale italiana.

RISCHI E COSTI

“È più costoso rimuovere e sostituire le apparecchiature non sicure che investire in anticipo su apparecchiature sicure”, ha illustrato Ross: “Una volta che certe società (Huawei e Zte, ndr) si trovano nella rete di un Paese, potrebbe essere troppo tardi — e troppo costoso — rimuovere e sostituire sistemi inaffidabili”, ha aggiunto mettendo in guardia dall’apertura dei mercati a compagnie che rischiano di entrarci per poi monopolizzarlo e “far fuori la concorrenza”. Il 5G di Huawei “è un’arma puntata contro gli interessi occidentali con una chiara intenzione di usarla”, ha spiegato ancora: “Le apparecchiature cinesi rappresentano un rischio troppo grande per essere introdotte nelle reti 5G su cui l’Europa fa affidamento per la sicurezza nazionale, la sicurezza, il commercio e altro ancora”.

L’ALLENZA TRANSLANTICA

“I fornitori creditori affidabili del 5G sono principalmente europei: Ericsson e Nokia”, ha continuato Ross riconoscendo come attualmente no ci siano un produttore di apparecchiature periferiche americano e come Washington sostenga, oltre ai gruppi svedese e finlandese, anche la sudcoreana Samsung. Ed è da questo complementarietà, dalla toolbox 5G della Commissione europea e dal progetto statunitense Clean Network che l’alleanza transatlantica più prendere nuovo slancio. “Non penso sia possibile nel mondo di oggi per qualsiasi Paese essere veramente indipendente quando si parla di tecnologia”, ha risposto Ross a una domanda. “La sfida per i Paesi occidentali è concordare una serie di standard, collaborare e cooperare per stabilire egli standard per garantire la sicurezza”.

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