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I lavoratori dello spettacolo, figli di un dio minore. La voce di Fabio Pazzini

Bauli in piazza

Fabio Pazzini, veterano nel mondo dell’entertainment e ora Direttore di produzione di Crew Room, ci spiega come è nato il flash mob “Bauli in Piazza” e le speranze per un settore duramente colpito dalla crisi.

Fabio, sei stato uno degli organizzatori del Flash Mob Bauli in Piazza che si è tenuto a Milano lo scorso 10 Ottobre, al quale hanno aderito i lavoratori dello spettacolo. Ci spieghi come è nata l’iniziativa?

L’iniziativa è nata dalle discussioni tra 4 professionisti del nostro settore (oltre a me Paolo Rizzi, Tiziano Rossi e Maurizio Cappellini) sull’evidenza che la nostra rappresentanza di categoria di lavoratori dello spettacolo sia troppo frammentata o, in alcuni casi, addirittura inesistente. Quindi questo sottolinea una palese debolezza nel confrontarci come blocco unico nei confronti delle istituzioni. In poco più di un mese siamo riusciti a riunire tutti in piazza Duomo sotto un’unica bandiera “Un unico Settore, Un unico Futuro” come reazione concreta alla presa di coscienza di ciò che è emerso drammaticamente con la crisi, cioè che i provvedimenti stabiliti a seguito della pandemia di Covid-19 non hanno considerato in particolar modo i lavoratori del nostro settore se non con provvedimenti sporadici e in alcuni casi a oggi non ancora attuati.

Alla luce dei recenti nuove restrizioni, avete in programma altre manifestazioni?

Abbiamo in programma di incontrare le istituzioni governative per capire se hanno intenzione di ascoltare e accogliere le nostre richieste. Se programmeremo o meno nuove manifestazioni dipenderà molto da come andranno queste interlocuzioni.

La pandemia ha colpito duro questo settore il cui indotto vale circa 65 miliardi l’anno. Cosa chiedete al Governo affinché questo settore possa ripartire?

Gli obiettivi che adesso ci poniamo sono fondamentalmente 2: il primo è quello di stabilire aiuti economici dignitosi e continuativi per le imprese ma soprattutto per i lavoratori che fino ad adesso sono stati lasciati soli, come se non fossero reali ma dei fantasmi. Aiuti che devono servire a sostenere i settori messi in ginocchio dalle restrizioni almeno fino alla fine delle misure di limitazione o di divieto (come sta avvenendo oggi) dell’organizzazione di eventi. Le imprese e i lavoratori non hanno voce sulla mancanza di attività perché dipende totalmente da regole governative e non dall’adeguamento o meno a norme di sicurezza sanitaria. Regole scelte dal Governo senza un’analisi seria di altre vie sicure percorribili e di cui il Governo ora se ne deve fare carico. Il secondo è quello di istituire sin da oggi un tavolo tecnico con tutte le parti coinvolte del settore che stabilisca a breve un sistema di regole per la ripartenza graduale, in modo che quando la situazione sanitaria lo renderà possibile non ci si trovi impreparati e si debba improvvisare, come già è accaduto. Anche l’industria degli eventi, come tutte le altre industrie, ha bisogno di strategie ad hoc e programmazione nel tempo.

I bollettini quotidiani dal fronte medico/giornalistico sembrano acuire e paralizzare il nostro Paese soprattutto sul lato economico. Lo scorso 11 ottobre in un’intervista hai sostenuto che, laddove ci fossero stati nuovi lockdown, avremmo avuto un suicidio del vostro settore e non solo. La pensi ancora così?

Certo! E i provvedimenti che si susseguono in questi giorni hanno eliminato di netto quelle poche possibilità di operare che ci erano state “graziosamente concesse”. Se non ci sarà un serio e costante sostegno economico tra poco le aziende saranno costrette a chiudere e i lavoratori, dipendenti e autonomi, saranno letteralmente ridotti alla fame. Anche perché questo non è di certo il momento in cui un lavoratore possa riciclarsi, magari accettando demansionamenti, in altri settori.

Come immagini il settore dell’entertainment nel futuro? Molto più spostato sul digitale oppure tutto tornerà come prima?

Ho sempre visto il digitale come una nuova opportunità di business nel presente e nel futuro, ma un business aggiuntivo e non sostitutivo del live. Le sensazioni e le emozioni del live, qualsiasi sia l’evento o la performance di spettacolo, non possono essere trasmesse via streaming.

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