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Il Paese Italia riparte (se e solo) se riparte la Scuola. La soluzione è molto semplice e immediata.

In queste ore leggiamo che la scuola si appresta alla didattica a distanza. Massima insicurezza che conferma la difficoltà della scuola a ripartire.
Non si deve dimenticare che questo drammatico epilogo al capitolo scuola è stato scientemente voluto, negli ultimi sei mesi, per pura “idiozia culturale”.

Dobbiamo mantenere una analisi lucida della realtà se vogliamo risolvere la questione. E che la questione vada risolta è quanto mai evidente considerato l’allarme: il diritto all’istruzione è divenuto un privilegio.

Il diritto all’istruzione è un diritto universale da garantire a tutti in modo libero e gratuito, e il fatto che sia riconosciuto e normato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU, come dai Patti internazionali, non è un dettaglio puramente legislativo. Un diritto di questa portata trova la sua giusta collocazione giuridica fra i diritti universali perché viene considerato rilevante per favorire la tolleranza e l’integrazione, necessarie per la pace tra i popoli.

Che la scuola sia ripartita a macchia di leopardo sul territorio italiano per pochi eletti, con l’esclusione dei poveri e dei disabili, è un dato di fatto incontrovertibile. Ora si appresta, con la DDI (Didattica a Distanza Integrata… con il nulla!), a presentare nuovamente i segnali di allarme rosso che abbiamo denunciato lungo questi sei mesi e che sono rappresentati anche oggi dai seguenti invisibili terrorizzati:

a) i GENITORI degli 8mln di studenti italiani, per l’incertezza riguardo all’apertura della scuola. In certe aree della penisola non è mari ripartita e ora si appresta a …chiudere. Anche i genitori meno acculturati (e forse più di altri!) capiscono che la scuola a doppia velocità danneggia gravemente il percorso educativo e culturale dei figli. Anche perché i problemi sono pregressi… se una figlia appena entrata in 3^ secondaria non sa chi siano Falcone e Borsellino, se non conosce altro nome di città italiana che quello della propria (nella fattispecie: la bella Ostuni) e se non è in grado di scrivere una frase di senso compiuto pur essendo, la ragazza, sana di corpo e di mente, forse la responsabilità non è della ministra e neppure dei 5Stelle o di Conte… Ma anche quei genitori si chiederanno: “Come torniamo al lavoro? E se non torniamo, dovendo stare a casa, come sfameremo i nostri bambini?” Se poi tali genitori sono di umile origine, ma svegli di mente (situazione frequente) si chiederanno: “Se mia figlia non impara niente, come lavorerà? Neppure un concorso come spazzina potrà fare!”

b) gli STUDENTI: il milione e 600 mila alunni non raggiunti dalla didattica a distanza nei 130 giorni di lockdown sono destinati a raddoppiare con la chiusura a singhiozzo della scuola: almeno un numero pari a quello andrà in giro ad assembrarsi, visto che neppure sarà obbligato a stare a casa propria… Trecentomila allievi disabili, che già hanno vissuto una situazione di isolamento, da settembre si sono visti escludere dalla scuola. Mancano per 285 mila di loro i docenti di sostegno. Dunque questi studenti regrediscono, e con loro il morale dei genitori…. Per questi bambini e ragazzi non c’è futuro, ma neanche il presente. Non è vita vegetare in casa nella solitudine.

c) i GESTORI delle 12mila scuole paritarie, come pure i dirigenti scolastici delle 40mila Scuole statali, che si domandavano come sarebbe stata la scuola del dopo covid-19 e come conciliare le esigenze sanitarie con quelle educative, oggi si trovano sempre più spiazzati. Sono giunte loro linee confuse e contraddittorie; mentre il Governo litiga con le regioni, i gestori e i presidi devono arrangiarsi. Anzitutto devono mettere da parte il timore di essere accusati dalle autorità di eccesso di misure o di disobbedienza a leggi incomprensibili; devono inoltre avere i nervi saldi di fronte ai genitori che su di loro e sui docenti sfogano le proprie paure. La classe docente e dirigente delle Scuole è notoriamente resiliente, ma se cede è la catastrofe. Già ci sono segnali di fumo…

d) i DIPENDENTI, 180mila delle scuole paritarie, un milione della scuola statale: anche per molti di loro, tra cui per primi i precari, il futuro è appeso al filo della “curva” epidemica, che se non scende li vedrà tutti a casa in CIG, quando arriverà.

e) i CITTADINI, 60.359.546 in Italia, che temono a ragion veduta per il futuro dell’economia e per le losche mire di chi ha già messo gli occhi sul “piano marshall” del Governo e dell’Europa….

La scuola non è ripartita per tutti e ora si appresta a chiudere: questo rende reale l’allarme che denunciano il Presidente della Repubblica, la Presidente del Senato, il dott. Draghi che citiamo per il ruolo istituzionale e professionale che ricoprono: “Se non riparte la scuola, non riparte l’economia, non riparte il Paese e l’Italia sarà guarita ma condannata ad una vita di stenti”. “Un rischio che non possiamo correre è che alle disuguaglianze tra territori esistenti nel nostro Paese si aggiungano quelle derivanti da effetti della pandemia”.

Nei mesi passati si è perso tempo con le mance, i bonus monopattino, il bonus vacanze, tanto il covid era sconfitto; il Governo ha pensato bene di incentivare le vacanze e cosi i contagi, per poi richiudere. Incompetenza? Anche.
Ma soprattutto presunzione di chi non ha voluto lavorare insieme nelle aule del parlamento, luogo preposto in una Repubblica per ragionare e risolvere i problemi con i parlamentari che rappresentano il popolo e non con i consulenti esperti (?) o nelle ville private (?).

Occorre seguire il percorso della democrazia, che non è casuale se si vogliono risolvere i problemi in emergenza. E’ finito il tempo delle dirette surreali, complici giornalisti maliziosi, intorno ai tavoli a rotelle, le dimostrazioni di quanto fossero comodi, le assurde rassicurazioni che la scuola riparte e riparte per tutti, con dirigenti lasciati in una pseudo autonomia senza risorse e organico. Siamo a fine ottobre e ancora si discute con la barzelletta del concorso, mentre i precari sono lasciati a casa e le aule sono vuote. Guerra tra poveri.

Cosa fare?

Il presidente Mattarella inviti caldamente il presidente Conte a riunire le aule del parlamento; si avvii una collaborazione reale fra scuole statali e paritarie e, con la quota capitaria di 5.500 euro come dimostrato in svariati studi cui si rimanda, si garantisca il diritto di apprendere per tutti gli studenti.

A questo meccanismo è legato un nuovo finanziamento del sistema scolastico italiano e il censimento dei docenti per incontrare la domanda e l’offerta. Dobbiamo guardare agli annunciati finanziamenti europei come all’ultima “opportunità”. L’investimento attraverso Sure, Bei e Mes di quasi 100 miliardi di risorse, cui si aggiungerà la “dote” di 172 miliardi del futuro Recovery Fund, potrà diventare autenticamente strategico per completare il processo “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa”.

Infine, è indispensabile avviare accordi con i mezzi di trasporto pubblici e privati per far viaggiare i ragazzi in sicurezza.

Soluzione/Dossier La scuola del futuro: una scuola per tutti. La scuola di oggi: una scuola (link)



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