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Innovativa e resiliente. Ecco la linea (da Roma) per l’Alleanza Atlantica

Pandemia, ascesa cinese, disinformazione, terrorismo, cambiamento climatico, pressione russa. La lista delle sfide per la Nato è in continuo aggiornamento, ben più complessa di quella a cui è stata abituata durante il confronto bipolare. Per affrontarla, l’Alleanza ha lanciato da diverso tempo una riflessione generale sulla propria azione. Tre gli elementi su cui lavorare: resilienza, innovazione e unità, almeno secondo quanto emerso dall’appuntamento organizzato venerdì scorso dal Nato Defense College in occasione della conferenza annuale degli “Anciens”, l’associazione degli ex alunni (circa settemila) del senior course, il corso di punta del college basato a Roma. Ospite d’onore Mircea Geoana, vice segretario generale della Nato.

L’EVENTO

Tema dell’evento: “Di che Nato abbiamo bisogno nel mondo post-Covid?”. A fare gli onori di casa è stato il nuovo comandante Olivier Rittimann, arrivato a luglio alla Cecchignola dopo aver presieduto la task force creata dall’Alleanza presso il comando di Shape per affrontare la pandemia da Covid-19, impegno spiegato nel corso dell’evento in tutto le sue sfaccettature. Con lui, il dean del College Stephen Mariano, il direttore per la ricerca Thierry Tardy, il presidende e ceo del think tank americano Center for strategic and budgetary assessments Thomas Mahnken e il professor Mark Webber dell’Università di Birmingham. Ne è uscito un punto sulla Nato del futuro, in linea con l’iniziativa #Nato2030 lanciata dal segretario generale Jens Stoltenberg, una riflessione strategica per avere un’Alleanza “più politica e più globale”.

L’ELEMENTO EDUCATIVO

In tal senso, serve anche un’Alleanza più consapevole di un mondo in continua evoluzione. Tra pandemia, confronto tra potenze in senso tradizionale ed emersione di nuove minacce ibride (dal terrorismo alla disinformazione via social), il contesto operativo si è evidentemente ampliato. Per questo, serve prima di tutto uno sforzo educativo, al cuore dell’impegno del Nato Defense College che ha, non a caso, rinnovato la propria disponibilità a collaborare alla riflessione strategica dell’Alleanza. Secondo Geoana, sono tre gli elementi su cui si giocherà la capacità della Nato di rispondere alle nuove sfide: resilienza, innovazione e unità.

RESILIENZA…

“A prescindere dalla minaccia, la prima linea di difesa è una società forte e resiliente – ha detto il vice segretario – capace di prevenire, resistere, adattarsi e riprendersi da qualsiasi cosa accade”. Per questo, ha aggiunto, “dobbiamo porre un’enfasi molto maggiore sulla resilienza negli anni a venire, anche sui nostri cittadini come parte di questo sforzo molto importante”. D’altra parte, già nel 2016 i capi di Stato e di governo si sono impegnati su una serie di “requisiti di base” per aumentare i meccanismi di resilienza nazionale, un impegno ora da confermare alla luce della sfida pandemia. Oltre la sicurezza sanitaria, ha notato Geoana, ci sono però “reti energetiche, telecomunicazioni, trasporti, forniture di cibo e acqua”, tutto quello che “deve continuare a funzionare durante una crisi”. Un’attenzione particolare andrà rivolta al mondo digitale: “Dobbiamo adattarci ai rapidi progressi tecnologici e assorbire l’impatto che stanno avendo sulla nostra sicurezza”.

… E INNOVAZIONE

Ciò si lega all’innovazione: “La capacità della Nato di innovare ha garantito la nostra superiorità militare e tecnologica negli ultimi settant’anni”. Ora è però a rischio, sull’orlo di un nuovo “momento Sputnik” in cui “una potenza non occidentale, che non condivide i nostri stessi valori, potrebbe effettivamente superarci”. Nessun riferimento particolare da Geoana, ma l’attenzione è crescente nei confronti della Cina. “Siamo in competizione con regimi autoritari che abusano delle nuove tecnologie, tentano di destabilizzarci e di manipolare e interrompere il nostro modo di vivere libero e democratico”.

CERCASI INVESTIMENTI

Ne consegue l’esigenza di investire su tecnologie disruptive. “Non possiamo combattere le minacce di domani con gli strumenti di ieri”, ha chiosato il vice segretario generale. Ciò si traduce anche nei noti impegni sanciti nel 2014 in Galles, relativi alla spesa da destinare alla Difesa (il fatidico 2% del Pil) e da destinare ai programmi di classe major. Chiaramente, “mentre gli alleati Nato sviluppano nuove tecnologie, vogliamo essere sicuri che rimangano anche inter-operabili”, velato riferimento al primo test turco sul sistema russo S-400, uno dei punti più critici all’interno dell’Alleanza, nonché esempio di quanto sia fondamentale mantenere alta l’attenzione sul terzo elemento citato da Geoana: l’unità.

L’UNITÀ

“In effetti – ha rimarcato – insieme ai nostri valori, l’unità è la nostra più grande forza come Alleanza; da soli, non siamo così resilienti, non siamo innovativi e non siamo altrettanto sicuri. Abbiamo un vantaggio unico come Alleanza e dobbiamo cogliere l’opportunità che rappresenta. Soprattutto quando affrontiamo sfide molto più grandi di quelle che qualsiasi Paese possa affrontare da solo. In questi tempi turbolenti – ha concluso – abbiamo più che mai bisogno l’uno dell’altro nella lotta per la nostra sicurezza e i nostri valori”.

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