Dietrofront della giustizia britannica sul caso dell’oro venezuelano depositato alla Banca d’Inghilterra. Le riserve aurifere sono al centro delle tensioni di potere tra il leader del regime del Venezuela, Nicolás Maduro e il presidente ad interim e presidente del Parlamento venezuelano, Juan Guaidó.
Le autorità britanniche hanno accolto il ricorso presentato dalla Banca Centrale del Venezuela (controllata dal governo socialista di Maduro) e hanno sospeso la decisione di porre a disposizione della Banca d’Inghilterra l’oro venezuelano rivendicato dal regime.
Si tratta di 1,8 miliardi di euro in lingotti d’oro, depositati a Londra, ai quali il regime vorrebbe accedere per gestire l’emergenza sanitaria coronavirus nel Paese sudamericano. Il governo del Regno Unito aveva deciso di bloccare il ritiro giacché non riconosce la legittimità del governo di Maduro. Un tribunale britannico, infatti, aveva dichiarato a luglio che è Guaidó il presidente ad interim del Venezuela, “riconosciuto” da più di 50 Paesi, tra cui il Regno Unito, finché non ci saranno nuove elezioni presidenziali.
Immediatamente il regime ha denunciato quello che considera “uno sfacciato furto di pirateria” e ha presentato un ricordo al Tribunale di appelli di Londra. I giudici Lewison, Males e Phillips hanno sostenuto che il caso era molto complesso, soprattutto perché le dichiarazioni del ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt, sul riconoscimento del governo di Guaidó erano ambigue.
La Corte d’appello del Regno Unito ha quindi riconosciuto che la carica di Guaidó non esclude il riconoscimento “de facto” di Maduro come capo dello Stato venezuelano, per cui il presidente del Parlamento non sarebbe l’unico interlocutore. Si è avviata quindi una nuova indagine per verificare i rapporti ad oggi tra Regno Unito e Venezuela e decidere sulla base di questo chi ha diritto di proprietà dell’oro conteso.
L’analisi del caso dunque ora è molto tecnico sulla natura dei rapporti diplomatici tra Caracas e Londra.
“Sarà necessario determinare se il governo di Sua Maestà riconosce il signor Guaidó a tutti gli effetti – hanno spiegato i giudici – e, come conseguenza, non riconosce il signor Maduro come presidente. O se riconosce il signor Maduro come la persona che esercita alcuni o tutti i poteri del presidente del Venezuela”.
Intanto, il regime di Maduro sta pianificando la messa in circolazione di nuove banconote da 100.000 Bolivares Fuertes (BsF), per cercare di camuffare l’allarmante inflazione che causa la carenze di contanti nel Paese. La nuova banconota avrà un valore di circa 0,23 dollari.
Secondo Bloomberg, il Venezuela ha portato circa 71 tonnellate di carta di sicurezza quest’anno da una tipografia italiana di proprietà chiamata Fedrigoni SpA della società di private equity Bain Capital.
“All’inizio di quest’anno – prosegue Bloomberg – il Venezuela si è rivolto a una stampante di denaro statale in Russia per acquistare 300 milioni di nuove banconote dopo aver accumulato debiti con De La Rue, uno dei maggiori produttori mondiali di banconote”.
La recente spedizione della carta darà l’ultima di Fedrigoni, e si riferisce ad un contratto firmato nel 2018, un anno prima che la Banca Centrale del Venezuela fosse sanzionata dagli Stati Uniti. La tipografia veronese, ricorda il sito finanziario, fu successivamente acquistata da Bain.