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La pandemia ci chiama a costruire una casa comune. L’appello di Paglia

“Nella cultura specialistica che viviamo c’è bisogno di un’alleanza tra tutte le realtà che compongono la societas. Come disse Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate c’è bisogno di una società poliarchica, dove banchieri, finanzieri, politici, sindacati e così oltre si ritrovino attorno a un tavolo ideale per dire quale società vogliamo”. Le parole pronunciate da Mons. Vincenzo Paglia, Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, durante l’evento “Laudata economia” organizzato da Formiche a Roma, presso il Palazzo Santa Chiara, colgono nel segno delle difficoltà che la società globale ha oggi di fronte a sé, nel contesto di crisi internazionale della pandemia.

L’EVENTO “LAUDATA ECONOMIA” ORGANIZZATO A ROMA DA FORMICHE

Monsignor Paglia, che ha introdotto i lavori dialogando il direttore della Rivista Formiche Flavia Giacobbe, nel febbraio scorso è stato infatti il promotore di “Rome Call for AI Ethics”, il documento della Pontificia accademia per la Vita che ha sancito nero su bianco il via ad un impegno etico formale da parte delle “Big Tech”, a partire da Microsoft e Ibm, prime due firmatarie. Un patto che però rimane aperto a tutti i settori della società e in cui i sottoscrittori si impegnano, in maniera autonoma, a osservare prospettive etiche affinché, ha rimarcato il porporato, “sia l’uomo a guidare la macchina e non viceversa”.

“Il problema vero – per Paglia – è che potremmo trovare delle sedi dove le diverse realtà sociali inizino a parlare insieme per delineare quel sogno di Italia e di Europa che vogliamo. Mentre se ci si ripiega in sé stessi arriva la società fluida e la polverizzazione”. Nella sua considerazione il vescovo ha tratteggiato la speranza di un nuovo “costituzionalismo” europeo in cui ci si possa quindi mettere attorno a un tavolo e scrivere un nuovo capitolo insieme, prendendo come modello il contesto italiano del dopoguerra, “dove quelle quattro o cinque culture si sono ritrovate assieme e hanno scritto una delle più belle Costituzioni del mondo, perché avevano un sogno comune”. Il sogno cioè di “costruire un’Italia non per i cattolici ma per tutti, nessuno escluso. Questo bisognerebbe reinventare oggi”, dice Paglia.

L’INTERVENTO DI MONSIGNOR VINCENZO PAGLIA

Certo però che gli spunti cui dovere fare fronte, oggi, sono molteplici, e chiamano in causa le aziende e i singoli lavoratori alle prese con la rivoluzione digitale, accelerata in maniera esponenziale dalla crisi del coronavirus. La pandemia infatti ha introdotto, ad esempio, in maniera disruptive un nuovo modo di lavorare, quello dello smart-working, o meglio dell’home-working, insieme al bisogno di riconvertire nell’immediato intere filiere produttive per adattarsi alla crisi. “La pandemia ci ha dato una grande lezione, la prima è di scoprirci fragili”, ha detto Paglia.

“Una piccola molecola ha messo in ginocchio tutte le istituzioni e le persone. Anche chi tra i potenti la riteneva una falsa notizia è stato colpito amaramente”. Eccetto, forse, proprio le big del settore digital. “Anche la scienza non è riuscita a farvi fronte, e oggi per combattere il virus usiamo mezzi di tre secoli fa”. Per Paglia la pandemia ha mostrato che “siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri. Non si può più dire io penso a me stesso. Il virus partito dalla Cina e che ha fatto il giro del mondo ha distrutto il Paese. Oggi abbiamo scoperto questa interconnessione de facto. Dobbiamo trasformarla in una scelta positiva. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio la seconda Enciclica di papa Francesco”.

LA CRISI DELLA PANDEMIA E I CAMBIAMENTI A CUI È NECESSARIO FARE FRONTE

Un altro aspetto messo in luce dalla pandemia, su cui ha incalzato monsignor Paglia durante il suo intervento, è che “ci ha mostrato la profonda disuguaglianza di un processo che non è stato intelligente sotto molti versanti: siamo tutti nella stessa tempesta ma su barche diverse, gli anziani sono stati in barchette che hanno distrutto senza alcuna resistenza”. Per Paglia “oggi l’economia è quello che in passato era rappresentato dalla filosofia, dalla concezione dell’uomo”, e “il tema della diseguaglianza diventa quindi un tema dove economia, politica, amministrazione, società, chiese sono tutte chiamate a una nuova alleanza per rendere fraterni i sette miliardi e più di uomini e donne che abitano il Paese”.

“In un villaggio globale come si fa a dire Italia First?”, è la chiosa del prelato. “O siamo universali essendo locali o non riusciremo ad affrontare con speranza la triste vicenda che siamo chiamati ad affrontare”. Il tema della cura della Casa comune sarà infatti un argomento fondamentale nel prossimo G20, che avrà luogo nel 2021 e di cui l’Italia assumerà la presidenza. E lo sarà altresì per l’evento del prossimo novembre “The economy of Francesco”, fortemente voluto dal Pontefice nella città di Assisi, in cui giovani imprenditori saranno chiamati a confrontarsi sulla visione del mondo globale di domani.

IL VESCOVO: “CHI POSSIEDE I BIG DATA DECIDE IL DESTINO DEI POPOLI. COSÌ NON VA”

La sostenibilità è però un tema altrettanto centrale anche a Bruxelles, dove in questi giorni si stanno presentando i piani strategici per accedere al Recovery fund, vincolati a investimenti sostenibili. Questa chiama infatti in campo la responsabilità dei singoli territori e la loro capacità di rispondere alla chiamata per il cambiamento. “Senza una rivoluzione culturale è impossibile gestire il passato e il presente”, continua Paglia. “In questo senso è urgente una rivoluzione antropologica”, in cui “il tutto si radica nel mistero della famiglia che Cicerone definiva in maniera insuperabile, a dire che è il luogo dove si impara a convivere assieme tra persone diverse”.

La questione, per il presidente della Pontificia Accademia della Vita, investe perciò in maniera profonda l’economia, a partire dalle diverse implicazioni legate all’evoluzione del modello di capitalismo che si sta vivendo negli ultimi anni, nel suo passaggio da un modello di sviluppo centrato sul mercato a un altro che “è diventato finanziario e cognitivo”. “Le grandi aziende che possiedono i Big Data possono decidere il destino dei popoli. Ma così chi prende più prende tutto”, è l’analisi di Paglia. La conclusione è che “l’economia deve prendere molto più spazio e diventare essa stessa non una scienza del mercato e del profitto ma dell’umano, del convivere, che aiuti il mondo ad essere più equanime”.

PER PAGLIA LA TEOLOGIA DEVE RIFLETTERE SULL’ECONOMIA E “INFETTARSI”

“In questo senso mi auguro che la teologia oggi privilegi il dialogo e il rapporto con l’economia per infettarsi a vicenda”, è la sfida. Perché “non c’è dubbio che un’economia priva di una visione rischia di condurre un itinerario che non porta alla giustizia ma al profitto di qualcuno. In Fratelli Tutti Papa Francesco fa qualche affondo in questo senso. Pensiamo al tema dell’invasione della robotica per il problema del lavoro”.

Così, la considerazione finale del prelato è che “la Rerum Novarum deve trovare un nuovo punto di osservazione contro le tecnologie che sconvolgono il sistema di osservazione delle società del domani, in dialogo con l’etica ma anche con la teologia e con la vita”. “Abbiamo bisogno di un nuovo Rinascimento. I grandi del Rinascimento erano artisti, poeti, scultori e scrittori. Mi auguro che un nuovo Rinascimento sia frutto dell’alleanza con nuovi saperi”.


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