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Cosa fare per impedire una El Alamein del virus. Il commento di Pennisi

Conte come Rommel nel deserto durante la celebre battaglia, l’errore che non deve commettere il premier nella gestione della pandemia

Evitiamo che la battaglia autunnale contro il virus si trasformi in quella che fu la seconda battaglia di El Alamein. Ci sono alcuni degli elementi fondanti: una guida che si ritiene di essere pari al feldmaresciallo Erwin Rommel “la volpe del deserto”, ordini che arrivano in ritardo e che, per di più, sono spesso confusi e contraddittori, un certo disordine nelle formazioni che compongono l’armata.

Per i più giovani ricordiamo che la battaglia, combattuta tra il 23 ottobre ed il 5 novembre 1942 ebbe inizio con l’offensiva generale britannica (nome in codice operazione Lightfoot), guidata dal Generale Bernard Law Montgomery, e continuò per alcuni giorni con intensi combattimenti dall’esito alterno e pesanti perdite per entrambe le parti. L’armata corazzata italo-tedesca venne infine costretta a ripiegare con i pochissimi mezzi rimasti, di fronte alla netta superiorità numerica e materiale britannica. Interi reparti dell’Asse, soprattutto italiani, furono costretti alla resa perché sprovvisti di veicoli a motore. Il ripiegamento venne inoltre ritardato dagli ordini da Berlino che imponevano una resistenza estrema sul posto, nonostante il parere contrario del feldmaresciallo Rommel. I soldati italiani tennero la posizione e la difesero fino allo stremo mentre gli alleati tedeschi si ritirarono. Rommel, eroe della prima guerra mondiale, rientrato in Patria, fece fronte comune con altri Generali tedeschi contro Hitler e, scoperto, venne costretto al suicidio. La sconfitta ad El Alamein fu la prima dell’Asse e segnò l’inizio di un lungo percorso che portò alla fine della seconda guerra mondiale.

Che c’entra questo con il Covid-19? C’entra, c’entra!! Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, paragonato, su un quotidiano del 20 ottobre, da un autorevole collega alla Rossella O’Hara di Via col Vento ed alla sua ineffabile battuta “ci penserò domani, domani è un altro giorno”, sta tentando – occorre dargliene atto – una tattica mirata a tamponare i focolai del virus senza frenare l’economia, da “temporeggiatore” come ricordato su questa testata. Lo fece anche la volpe del deserto nella prima battaglia di El Alamein (dal primo al 27 luglio 1942) spostano abilmente le truppe e riuscendo così ad averla buona sulla superiorità numerica (ed in materia di materiale bellico) degli alleati. Non vinse, ma la battaglia si concluse alla pari.

Purtroppo con il Covid-19 un pareggio non è possibile. O si vince o si è sterminati. Lo dice senza mezzi termini, il Prof. Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia e direttore del Dipartimento di medicina molecolare presso l’Università di Padova – raggiunto telefonicamente a Londra in laboratorio – il quale ha rivelato che il governo ha ignorato un piano di stabilizzazione dei contagi presentato al Comitato tecnico scientifico (Cts) tra luglio e agosto in vista della seconda ondata di epidemia. Il documento non ha ricevuto nemmeno una risposta. Riproposto al viceministro Sileri, che si è dichiarato favorevole, ha tuttavia subito la stessa sorte: “Non è stato ritenuto degno di considerazione”, afferma Crisanti, amareggiato ma “determinato” per gli obiettivi che definisce “indispensabili per la salute degli italiani”. I numeri del contagio crescono vertiginosamente e nulla è stato fatto per prevenire la seconda ondata della malattia del panico e danni all’economia. Crisanti non è un negazionista, dunque le sue parole sono un j’accuse senza se e senza ma: “Questa seconda ondata che monta si poteva evitare”. Dunque non potevano non sapere. E ora ci tocca nuovamente rincorrere il virus.

Cosa fare per impedirei una El Alamein, che comporterebbe inevitabilmente, una disfatta del governo e di chi lo presiede? Gli economisti sono usi all’”ottimizzazione delle fasi temporali”. Dato che la curva dei contagi e delle vittime in Italia segue, esattamente, di due settimane quella in atto in Francia ed in Belgio, occorre non sprecare altro tempo, distinguere chiaramente tra attività essenziali e non essenziali, puntare sulle attività essenziali ad alto moltiplicatore (la strumentazione econometrica approntata in questi ultimi anni al Ministero dell’Economia e delle Finanze permette di farlo), puntare su queste e frenare le altre con lockdown mirati per comparto (ma non frammentati sul territorio) per evitare il peggio tra un mese e mezzo o due.

Quando potrebbe essere necessaria una chiusura totale. E la volpe si troverebbe a dover fronteggiare accuse pesanti, anche per non avere fatto ricorso per tempo allo sportello sanitario del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e non avere potenziato adeguatamente la sanità la scorsa estate.

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