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Se il risiko per il dopo-Merkel si colora di verde

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Dal 3 al 5 dicembre si svolgerà il Congresso dei cristiano-democratici in cui si deciderà chi prenderà le redini del partito dopo Angela Merkel e quindi chi, molto probabilmente, guiderà la Germania a partire dall’autunno 2021. I candidati in lizza stavolta, invece di guardare a un’alleanza con i socialdemocratici, dovranno adattare la propria visione ai Grüne, il partito ambientalista più importante d’Europa. Il perché lo spiega Sveva Biocca (da Berlino)

È di qualche giorno fa il video di Angela Merkel in cui esorta i tedeschi a stare a casa, non viaggiare ed evitare feste. L’anno prossimo a quest’ora la Cancelliera starà lasciando il Bundestag in mano al suo successore, che molto probabilmente sarà il prossimo leader della Cdu. Dal 3 al 5 dicembre si svolgerà il Congresso dei cristiano-democratici in cui si deciderà chi prenderà le redini del post-Merkel e quindi chi, molto probabilmente, guiderà la Germania a partire dall’autunno 2021. I candidati in lizza sanno che non possono governare da soli ma stavolta, invece di guardare a un’alleanza con i socialdemocratici, dovranno adattare la propria visione ai Grüne, il partito ambientalista più importante d’Europa. Per capire i Verdi tedeschi bisogna scordarsi di (quasi) tutto quello che rappresentavano i Verdi in Italia.

I VERDI IN ITALIA

Nel 1987 entrarono in Parlamento per la prima volta con 13 deputati, quasi tutti donne. Nel 2001 potevano contare su 12 deputati e 12 senatori. Nel 2008 dei Verdi non v’è più traccia. I motivi sono principalmente due. Da una parte hanno pesato le inchieste che hanno coinvolto il leader Alfonso Pecoraro Scanio, uscitone poi con sentenze assolutorie. Dall’altra ha gravato la troppa vicinanza del partito alla sinistra, che prima l’ha sedotto, poi fagocitato e infine abbandonato. Francesco Rutelli, che dai Radicali è passato ai Verdi e poi alla Margherita, ne è un esempio. I Verdi puri, in Italia, nel corso del tempo sono diventati o una costola ideologica di partiti più grossi oppure sono spariti. Adesso c’è un po’ di verdismo in quasi ogni schieramento: un nuovo partito avrebbe successo tra i giovani, forse, ma riuscirebbe a conquistare un popolo realista quale quello italiano?

I VERDI IN GERMANIA

“I verdi sono come l’anguria. Verdi fuori e rossi dentro”, diceva Giulio Andreotti, facendo capire bene quanto gli ambientalisti provenissero sempre da aree di sinistra e per questo, da sempre, si alleino con partiti socialdemocratici, come succede oggi in Finlandia e in Belgio. Ma in Germania, probabilmente, non sarà così. A livello locale l’alleanza nero-verde non è nuova: è dalla metà degli anni ‘90 che in alcune città importanti, come Amburgo, Colonia e città industriali della Nord-Reno Westfalia, Cdu e Grüne si alleano. Ad oggi fanno parte di coalizioni di governo con la Cdu in 6 Land su 16 (Baden-Württemberg, Brandeburgo, Hesse, Sassonia, Saxony-Anhalt e Schleswig-Holstein).

Robert Habeck, che guida i Verdi insieme a Annalena Baerbock, ha una modo di fare distante da quello pacato, conciliatore della Cancelliera. Habeck si muove in maniera simile a Donald Trump: è irruento ed egocentrico. Vive in una situazione di campagna permanente, quando intervistato non risparmia qualche battuta (poco frequente nella politica tedesca), se ne frega dei formalismi e non mette quasi mai la cravatta.

Secondo i sondaggi il partito di Merkel starebbe intorno al 36-37% (a dicembre segnava 10 punti percentuali in meno). Il partito dei Grüne sta intorno al 20%, più o meno stabile rispetto a fine 2019 e al momento è la seconda forza del Paese scavalcando il partito socialdemocratico.

I VERDI NEL RESTO D’EUROPA

L’ascesa del movimento ecologista in Europa si registra già da qualche tempo in diversi Paesi ed è andata a consolidarsi alle ultime elezioni europee con la conquista di ben 75 seggi al Parlamento europeo (quasi il 10% del totale; nel 2014 era il 6,7%, YouTrend). Ma l’ondata ecologista si è riversata anche sui governi nazionali e regionali: in Francia nelle comunali di inizio anno i Verdi hanno conquistato città importanti come Lione, Bordeaux e Strasburgo; in Belgio con un governo formato da socialisti, verdi e liberali; in Finlandia con la premier Sanna Marin, ecologista e socialdemocratica. Ma per capire quello che accadrà probabilmente in Germania bisogna guardare all’Austria, dove il governo guidato da Sebastian Kurz si regge sull’alleanza tra i popolari (Övp) e i Verdi di Werner Kogler.

Quella tra i Verdi e i popolari è un’alleanza strana: i Verdi, come detto, si sono sempre alleati con i partiti europei della sinistra perché si dichiarano forza progressista e a favore dei diritti dei migranti, quindi, nel caso austriaco, lontano dalla politica di respingimento di Kurz. Ma il giovane premier ha più volte detto che quello del cambiamento climatico è uno dei problemi più gravi del prossimo futuro. Quindi la strategia è la seguente: mantenere i punti centrali del proprio programma, senza andare a toccare quelli dell’alleato di governo.

In Germania la situazione è facilitata dal potenziale candidato alla guida della Germania, Armin Lachet, che in materia di immigrazione dovrebbe seguire una politica di apertura sulla scia di quanto fatto da Angela Merkel.

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