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Calenda, il Recovery Plan e le primarie a Roma. Lo spillo di Tobia Zevi

Di Tobia Zevi
Roma

Che cosa c’entrano Carlo Calenda, il Recovery Plan e le primarie per Roma? Andiamo con ordine. Come tutti sanno, nelle prossime ore Calenda dovrebbe sciogliere la sua riserva e decidere se candidarsi a Roma. Si moltiplicano gli endorsement e nello stesso tempo gli appelli a partecipare alle primarie del centrosinistra, non ancora convocate ma probabili.

Ma Calenda non sembra disposto a partecipare – nonostante il consiglio, tra gli altri, di Giuliano Ferrara – e forse correrà da solo come campione centrista. Nel frattempo, chi come me ha dichiarato di voler fare il sindaco passando dalle primarie viene più o meno deriso sui giornali: ci chiamano “sette nani” pure se sette non siamo, se come me siamo alti un metro e novanta e soprattutto nonostante il lavoro che ogni giorno da vari anni svolgiamo sul territorio.

Il Pd sembra tergiversare. Teme un’opa ostile e vorrebbe rinforzare l’accordo di governo, magari chiedendo a Virginia Raggi di fare un passo indietro per favorire un candidato giallo-rosso (ogni riferimento al calcio è in questo caso fuorviante).

Ed eccoci qui. Calenda e molti esponenti del Pd divergono su tutto tranne che su un punto: Roma serve a blindare equilibri nazionali. Chi vuole fare un polo liberale, chi un nuovo centro-sinistra. D’accordo però nel mettere la Capitale sullo sfondo. Tanto è vero che i vagiti di nuova classe dirigente – significativi o meno che siano, nani o giganti – vengono stroncati sul nascere in modo assai poco elegante.

Roma è in questo senso una città “coloniale”, come cantava Pier Paolo Pasolini spesso citato da un autorevole dirigente quale Walter Tocci. Serve ad altri, non a sé stessa.

Il problema è che servirebbe innescare esattamente la dinamica opposta. Non c’è Paese al mondo che cresce e prospera a spese della propria capitale, anzi sulle sue macerie. Come si sia arrivati a questo punto è storia nota: l’associazione “Italiadecide” ha recentemente pubblicato il dibattito parlamentare che al culmine del Risorgimento portò Roma a essere scelta come capitale del Regno. Si tratta di una lettura utilissima, tanto più nel corso dell’anniversario (ignorato) dei 150 anni dalla Breccia di Porta Pia.

Ne emerge una storia peculiare, una capitale scelta “a tavolino”, che è cosa diversa dalle città prescelte per ragioni politiche esplicite (Ankara, Berlino), e da quelle costruite ex novo (Brasilia).

Il rapporto che ne è scaturito tra gli italiani e Roma è difficile. La Capitale è malfamata, corrotta, ladrona. Ma se Sparte piange, Atene non ride: il crollo dell’economia italiana nell’ultimo quindicennio – come spiega l’economista Marco Simoni – è innanzitutto dovuto alla crisi dell’economia dell’area metropolitana di Roma. In un sistema già duale tra Nord e Sud la novità è rappresentata proprio dalla voragine che si è aperta intorno all’economia capitolina.

Ma non è solo questione di economia: nel momento in cui l’Italia si appresta a giocare l’enorme sfida della ricostruzione post-Covid, dovendo dimostrare a sé stessa e al mondo di essere capace di progettare il suo futuro in modo serio, come si può pensare di ignorare il destino della Capitale? Il rapporto dell’Italia con Roma ha molto a che fare colla relazione tra cittadini, istituzioni e Repubblica. E non si può ricostruire l’Italia dopo la pandemia senza un nuovo patto sociale, senza uno spirito nazionale rinnovato che ha in Roma il suo simbolo fondamentale.

Torniamo quindi alle primarie. Le primarie “dei sette nani”, o degli eventuali giganti che vorranno cimentarsi, rappresentano la grande sfida dell’autonomia di Roma, e della sua politica. Quella stessa autonomia che nel PCI veniva rivendicata proprio dai dirigenti locali, e che in effetti ha prodotto molti dei quadri ancora sulla breccia – Zingaretti, Bettini, Tocci, Morassut – ma che soprattutto ha consentito i quindici anni di buongoverno del “Modello Roma” (1993-2008).

Facciamo le primarie del centro-sinistra. Discutiamo con la città, con Calenda e con chiunque voglia dare un contributo. Quali progetti per il rilancio economico della città? Come sostenere il ceto medio e le famiglie rese povere dalla crisi? Come riformare la Pa disastrata dal Campidoglio in giù? Come gestire sistema dei trasporti e ciclo dei rifiuti? Come riformare le istituzioni capitoline verso la Città Metropolitana?

Nessuno va eletto per acclamazione. Scegliamo su idee e programmi.  Mettiamo Roma al centro della scena.

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