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Russia e Cina, il dilemma missilistico degli Stati Uniti

Il consigliere per la sicurezza nazionale Usa conferma la disponibilità a schierare nuovi missili in Europa se servirà per scoraggiare la Russia da azioni assertive. In realtà, a leggere bene le dichiarazioni, la preoccupazione maggiore (ipersonica) è per la Cina. Su questo, anche per il New Start, Mosca appare un’utile sponda

Gli Stati Uniti stanno sviluppando missili ipersonici per proteggere l’America e gli alleati nell’Indo-Pacifico dalla Cina e, “se necessario”, per dispiegarli in Europa al fine di scoraggiare la Russia. Parola di Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, intervenuto ieri alla Casa Bianca per un briefing con la stampa.

IL TEMA

Il tema si inserisce nei delicati negoziati tutt’ora in corso sul rinnovo del New Start, ultimo baluardo di un sistema di controllo degli armamenti che affonda le radici nella Guerra fredda. Da qualche giorno, il dibattito sull’Inf (da cui gli Usa sono usciti lo scorso anno, si è legato al tema. Siglato nel 1987 tra Stati Uniti e Unione sovietica, l’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty vietava il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri, sia missili balistici, sia missili da crociera.

LE PAROLE DI O’BRIEN

“Siamo usciti dal Trattato Inf (sui missili nucleari a medio raggio), stiamo sviluppando armi ipersoniche, stiamo sviluppando sistemi di lancio di missili balistici che manterranno al sicuro l’America, la nostra Marina, i nostri Marines, aviatori e soldati schierati nell’Indo-Pacifico, che difenderanno i nostri alleati e scoraggeranno la Cina”, ha detto O’Brien Di più, “se necessario”, gli stessi missili “saranno schierati in Europa per scoraggiare la Federazione Russa”.

Nonostante il clamore che sta riscuotendo l’ultimo periodo, l’accento più forte posto da O’Brien è sulla Cina, nei confronti della quale lo schieramento di missili viene considerato una certezza. Al contrario, per la Russia viene messa una condizione di “necessità”, elemento che fa il paio con le recenti parole di Vladimir Putin. Pochi giorni fa, il presidente russo ha proposto al mondo (e agli Usa in particolare) un nuovo “schema di stabilità” sui missili nucleari allargato ad Asia e Pacifico, dicendosi disponibile a non dispiegare nella regione europea i contestati vettori SSC-8 per cui gli Stati Uniti sono usciti dal trattato Inf.

LA PARTITA DEL NEW START

D’altra parte, il botta-e-risposta sull’Inf appare connesso ai negoziati in corso per il rinnovo del trattato New Start, in scadenza a febbraio. Lo dimostra lo stesso O’Brien, che nella medesima conferenza stampa ha confermato che “siamo vicini” a un’intesa con la Russia sul rinnovo dell’accordo siglato nel 2010 da . L’obiettivo dei negoziatori americani è poter giungere a un accordo prima del 3 novembre, così da garantire a Trump un’ultima vittoria in politica estera prima del voto. Tuttavia, consapevoli dell’urgenza Usa, i russi hanno giocato d’attendismo. La proposta di Mosca è un rinnovo annuale senza precondizioni, mentre Washington vorrebbe aggiungere dettagli e verifiche incrociate (al momento il trattato fissa a 1.550 il limite di testate nucleari per le due superpotenze).

LA SFIDA CINESE

C’è convergenza anche su una clausola che potrebbe essere inserita per un comune impegno a rivedere il sistema nel suo complesso e comprendere anche la Cina. Russi e americani sperano di poter coinvolgere tutta la comunità internazionale su tale sforzo, anche se Pechino ha sempre dimostrato di non voler sedere ad alcun tavolo negoziale, desiderosa di voler mantenere libertà di sviluppo missilistico e nucleare. Con il riferimento all’Indo-Pacifico, le parole di O’Brien dimostrano anche questo. Tra l’altro, la Cina è citata prima della Russia dal consigliere per la sicurezza nazionale. Non è un segreto che gli sforzi del Dragone in ambito missilistico (e ipersonico in particolare) creino preoccupazione oltreoceano. A giugno, la Cina ha presentato un nuovo motore che, a detta dei media di Stato, sarebbe capace di battere il record di velocità ipersonica. Non è poi così incredibile, considerando che già nel 2017 Pechino testata il DF-17, missile a planata ipersonica.

I PROGRAMMI USA

Le preoccupazioni Usa per tutto questo si sono tradotte negli ultimi anni in una serie di programmi di ricerca e sviluppo, assegnati ai maggiori contractor a stelle e strisce. A giugno è partito il programma per realizzare un’infrastruttura difensiva di sensori in orbita. Lo scorso marzo, presso il sito missilistico di Kauai, nella Hawaii, la US Navy e lo US Army hanno testato congiuntamente il veicolo denominato Common hypersonic glide body (C-Hgb). Nel corso del test, l’assetto ha volato a velocità ipersonica e colpito con successo il target designato. Per gli Usa, l’obiettivo è “metterli in campo” nella prima metà del decennio. È per questo che venti C-Hgb sono stati commissionati lo scorso anno a Dynetics per 350 milioni di dollari. Commissionati con la formula snella e flessibile dell’Other transaction agreement (Ota), il cui obiettivo tipico è accelerare lo sviluppo di tecnologie considerate particolarmente strategiche.

L’ARSENALE DI PECHINO

In parallelo allo sviluppo tecnologico corre l’impegno in ambito negoziale per spingere la Cina in un nuovo sistema di controllo degli armamenti. Il perché lo ha spiegato il report annuale dell’International Institute for Strategic Studies (Iiss), pubblicato a giugno. Qualora la Cina accettasse di sottoscrivere un accordo come l’Inf, perderebbe il 95% del suo arsenale missilistico. gli stessi che compongono la parte maggiore dell’arsenale di Pechino. L’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty vietava il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri, sia missili balistici, sia missili da crociera. È proprio il range in cui si colloca la parte più rilevante dell’arsenale cinese.

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