La svolta c’è ma non si dice. Anzi sì, ma si sussurra, fra le righe. La Lega cambia pelle all’Unione europea e guarda al di là del muretto sovranista. La riunione del leader Matteo Salvini e il vicesegretario, nonché responsabile Esteri del partito, Giancarlo Giorgetti a piazza Minerva con tutta la squadra degli eurodeputati si conclude con una presa d’atto nettissima. “Il mondo cambia e cambiamo anche noi”, dice Giorgetti all’uscita. “Non sono all’ordine del giorno cambi di casacca” si affretta a precisare Salvini. Il copione era già scritto e non riserva sorprese. Chi conosce il vicesegretario sa che le aperture al Partito popolare europeo e alla Cdu di Angela Merkel non sono un ultimatum per mollare il gruppo dei sovranisti, Identità e democrazia. Non ora, perlomeno.
Due leghisti presenti all’incontro spiegano a Formiche.net che si è trattato di un “incontro positivo e costruttivo”. Uno di loro sottolinea: “È stato un momento importante per noi europarlamentari che spesso sono lontani da Roma, un’occasione di confronto con la segreteria”. Al centro del faccia a faccia diversi temi strategici per il Paese: dall’ambiente al lavoro, dalla transizione energetica al Recovery fund. A quasi un anno e mezzo dalle elezioni europee, nella Lega è ormai diffusa la convinzione che per portare a casa dei risultati per il Paese sia necessario stringere alleanze, guardando anche oltre il proprio gruppo sovranista al Parlamento europeo: la “Lega non può essere solo di lotta, dev’essere ancora di governo”, confida uno dei presenti.
Ma se il distacco da Identità e democrazia ci sarà, si tratterà di un divorzio lento e sofferto. Finché la Cdu tedesca non cambia pelle con l’elezione della nuova segreteria a dicembre, niente si muove nello scacchiere politico a Bruxelles. Dal dopo Merkel dipende il futuro del Partito popolare europeo e dell’asse, finora mai spezzato, con i socialisti, che di aperture ai sovranisti non vogliono proprio saperne.
I leghisti tifano per una netta discontinuità con la cancelliera dell’ex Ddr, che invece vedrebbe bene al suo posto il governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia Armin Laschet. Sotto sotto nel Carroccio sperano che con un candidato debole alla Cdu si faccia spazio nella corsa al cancellierato il bavarese Markus Söder, leader della Csu niente affatto contrario a tendere un braccio ai leghisti.
Il faccia a faccia romano con il leader ha confermato un pacato ma definitivo richiamo all’ordine della pattuglia di europarlamentari guidata dal trentacinquenne Marco Zanni. Perfino fra di loro c’è chi ha storto il naso per alcune esuberanze del gruppo. Dal voto contrario alla risoluzione del Parlamento europeo per l’oppositore di Vladimir Putin, Alexei Navalny, agli strepiti anti Ue e anti euro che a Roma trovano ampia eco nel duo B&B, Claudio Borghi e Alberto Bagnai.
Su quest’ultimo fronte ecco un’altra precisazione di Giorgetti. “Non eravamo per entrare nell’euro, ma ora che siamo dentro uscire è complicato”. E giù un altro tabù. Poi Giorgetti pronuncia una frase che può risuonare come un occhiolino strizzato a forze fuori dal campo sovranista che pure guardano al Ppe, come i verdi: spiegando che “il mondo cambia e cambiamo anche noi” il numero due leghista cita “una sensibilità ambientale che non c’era anni fa”.
Il cambio di passo è anche in politica estera. Giorgetti ha accettato l’incarico di responsabile un anno fa e non ha alcuna intenzione di fare da spettatore. Insieme ad altri alti ufficiali del partito, su tutti il presidente del Copasir Raffaele Volpi, lavora da mesi per rimettere la Lega “sui giusti binari”, cioè abbandonare le velleità anti Ue, anti Usa, e le fusa a Putin che fanno sì che il Carroccio venga spesso bollato come partito filorusso.
“Guardiamo agli Usa, all’Occidente e a Israele” ribadisce a scanso di equivoci Salvini dopo aver incontrato i colleghi di Bruxelles. Poi l’annuncio: un tour insieme a Giorgetti “nelle capitali europee”. Non mancherà ovviamente Berlino.