Sciami di droni, lanciati a decine da veicoli o elicotteri e capaci di muoversi in formazione tramite intelligenza artificiale, per poi scagliarsi su obiettivi indipendenti ed esplodere. È la nuova arma dell’Esercito popolare di liberazione, testata a settembre e ripresa in un video ben pubblicizzato sui vari media di Pechino a diffusione globale. Oltre la propaganda, il Dragone è da anni impegnato nello sviluppo di piccoli velivoli a pilotaggio remoto per usi militari. Anche negli Stati Uniti (e nella Nato) il tema è fortemente attenzionato, ritenuto tra gli ambiti più rilevanti della guerra del futuro.
LA STRATEGIA
Il test sullo sciame di droni è stato condotto a settembre, ripreso in un video pubblicato dalla China academy of electronics and information technology (Caeit), controllata della China Electronics technology group corporation (Cect), uno dei colossi pubblici che lavorano su tecnologie “disruptive” applicate in ambito militare. Secondo un “insider” ripreso dal South China Morning Post, il drone-suicida in questione sarebbe frutto della “strategia di fusione civile-militare” di Pechino, indirizzo strategico che propone il rafforzamento della collaborazione tra ricerca, industria e forze armate.
I DRONI DI PECHINO
La Cect riportò già a giugno del 2017 un test in sciame di 120 droni ad alla fissa. Quattro mesi dopo rese noto un ulteriore test con 200 quadricotteri. I velivoli del nuovo video sembrano però più simili al CH-901, anch’essi lanciati da tubolari e apparsi per la prima volta nel 2016. Il CH-901 è il primo drone d’attacco tattico sviluppato per le Forze armate cinesi, poco più di un metro con design evolutosi nel tempo. Nelle prime apparizioni presentava un paio d’ali a scomparsa e un altro fisso a “V”, salvo poi sostituire quest’ultima con un altro set di ali a scomparsa. Come nota il sito specializzato americano The Drive, il drone è simile al velivolo Coyote di Raytheon, forse tra i tanti assetti sviluppati da cinesi “in copia” degli sviluppi occidentali. In ogni caso, il CH-901 apparirebbe oggi molto simile ai velivoli mostrati nel nuovo video, lanciati da mezzi terrestri o elicotteri tramite piccoli lanciatori tubolari.
IL TEST
Oltre ai lanci da veicolo ed elicottero, le immagini mostrano uno sciame di undici droni in formazione. Il controllo sarebbe possibile tramite schermo touch simile a un tablet. A giudicare dal video, i droni sarebbero dotati di camere elettro-ottiche, capaci di puntare e raggiungere un obiettivo a terra. Non è chiaro il potenziale esplosivo, né se siano dotati anche di infra-rosso che volare di notte. Sarebbero lanciabili in pochi secondo in grande quantità, ben 48 da un singolo veicolo terrestre. Secondo l’insider dell’Esercito popolare di liberazione sentito dal South China Morning Post, i droni sarebbero ancora in fase di sviluppo, con focus soprattutto sugli aspetti di protezione da jamming, contromisure elettroniche usate su sistemi anti-drone. L’attenzione sarebbe rivolta anche all’intelligenza artificiale, vera chiave di volta per rendere tali sciami degli armamenti potenzialmente indifendibili.
SISTEMI A BASSO COSTO
D’altra parte, potrebbe bastare che uno solo dei droni in formazione (anche molto numerosa) giunga a destinazione per creare danni importanti. Nel gennaio del 2018 fece scalpore la notizia di un attacco contro la basse russa di Hmeimin, nell’ovest della Siria, condotto da uno sciame di dieci droni. Secondo Mosca (che accusò i ribelli sostenuti dalla Turchia), sette di essi sarebbero stati messi fuori dai sistemi di difesa anti-aerea, mentre tre sarebbero arrivati a destinazione, senza tuttavia causare danni. Complice la rudimentalità dei sistemi in questione, assemblati persino con pezzi di scotch (come appare dalla immagini della Difesa russa).
L’ATTENZIONE OCCIDENTALE
Anche gli Stati Uniti si muovono da tempo sul campo dell’intelligenza artificiale applicata al volo autonomo, con particolare riguardo a sciami di droni. Lo scorso febbraio, il Joint Artificial Intelligence Center (Jaic, centro di eccellenza del Pentagono istituito nel 2018) ha rilasciato la “Ai Strategy” della Difesa americana. Discende dalla più ampia National Defense Strategy e punta ad accelerare lo sviluppo militare dell’intelligenza artificiale. Poni gli sciami di droni tra le applicazioni più rilevanti. Un impulso recepito anche dalla Nato, che a maggio ha presentato il rapporto “Science & Technology Trends: 2020-2040”, dedicato alla tecnologie disruptive che cambieranno la guerra del futuro. Inserisce l’intelligenza artificiale tra le tecnologie destinate a cambiare il modo di combattere nel giro “di dieci anni”, citando tra gli esempi più evidenti della sua applicazione propri gli sciami di droni. Test su sciami sono dunque riportati anche in Occidente. Una decina di giorni fa, in collaborazione con il Rapid capabilities office (RCO) della Royal Air Force britannica, Leonardo ha condotto una serie di prove dal vivo con droni equipaggiati con potenti jammer, utilizzati per disturbare e neutralizzare alcuni radar di prova, che a loro volta simulavano sistemi avversari di difesa aerea.