“Libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta”
(Purgatorio, canto I, vv.70 – 72)
Venerdì 09 Ottobre 2020: una data che ricorderò, come si ricorda un compleanno o un anniversario di un amico. La senatrice a vita Liliana SEGRE ha concluso i trent’anni dedicati alla memoria della sua esperienza di deportata ad Auschwitz e lo ha fatto con una testimonianza resa alla cittadella della Pace di Rondinella davanti, oltre che alle più alte cariche dello Stato, ad una platea di giovani ai quali si è rivolta in modo diretto, esattamente come, negli ultimi mesi, hanno fatto il Presidente MATTARELLA e la Presidente del Senato CASELLATI. Proprio a quei giovani ai quali l’Italia del post Covid si appresta a lasciare in eredità un debito (con il recovery fund) senza porre la necessaria attenzione a fornire gli strumenti per poterlo ripagare.
Torniamo a quanto accaduto venerdi u.s. Non solo la signora Segre si è rivolta ai giovani ma ha anche voluto consegnare loro un mandato: la Libertà. Ha affidato a loro, non ad altri, il compito di difenderla. Avevo 19 anni quando ho incontrato per la prima volta Liliana Segre e ho potuto ascoltare la sua testimonianza: subito sono rimasta colpita da quel senso di libertà che traspariva dalle sue parole. Personalmente la sete di libertà mi ha sempre caratterizzata: oggi, a 45 anni, vivo la ricerca di libertà con un’altra consapevolezza, un’altra profondità.
Libertà e Responsabilità
L’accostamento fatto dalla senatrice Segre tra le parole Libertà e Indifferenza mi ha ulteriormente colpito, aprendo la strada ad una serie di considerazioni sulla società in cui viviamo. Ma la memoria e la custodia della “libertà” trovano fondamento sul senso di responsabilità. Le coscienze, infatti, non possono essere anestetizzate e ognuno deve essere consapevole della responsabilità che ha nei confronti degli altri.
La Libertà, infatti, implica sempre la responsabilità individuale. Non si è mai davvero liberi se non ci si sente responsabili dell’altro. Quante interpretazioni errate sentiamo attribuite alla parola libertà, quanto, invece, siamo tutti schiavi di una falsa libertà! Ascoltare Liliana Segre ci offre la possibilità di comprendere come la libertà si nutra certo di ideali e di valori ma, soprattutto, di spirito di servizio, di generosità verso gli altri. Penso spesso alla nostra esistenza per quello che mi sembra che sia: una parentesi fra due eternità. Senza buonismo o paternalismo possiamo pensare di impiegare questo tempo che in qualche modo deve passare con quel sentimento interiore di pietas virgiliana che ci porta a dedicarci, per come possiamo, a rendere migliore la società senza mettere sempre al centro noi stessi. Ecco, credo che Liliana Segre si sia rivolta ai giovani perché ha ben chiaro che da loro, proprio da questi giovani potrà ripartire la Nazione.
Proprio sulla base di queste premesse sogno che nei prossimi giorni il premier Conte avvii i lavori in Parlamento e, tramite il confronto presso le aule parlamentari, si dia un futuro ai giovani. Che bello, dare loro scuola, lavoro, quegli strumenti che danno a loro un futuro, a noi adulti la speranza di crederci ancora, noi adulti cosi ripiegati su noi stessi, cosi spaventati, così paralizzati dalla paura del Covid (la prudenza è un’altra cosa), troppo legati ad una politica del contenimento. La Paura e l’Indifferenza ci paralizzano: ecco perché dobbiamo ripartire dai giovani e con i giovani. Giustamente la Presidente Casellati ha ricordato che le ragioni della nomina a senatrice a vita della signora Segre sono state proprio il “valore insostituibile del suo impegno civile che ci ha ricordato valori su cui si fonda la Costituzione e cresce la democrazia: condivisione, solidarietà, tutto ciò che non è indifferenza”. Liliana Segre ha superato il dolore del ricordo e ha deciso di renderlo occasione di testimonianza, scegliendo di fare l’esatto contrario di ciò che ha vissuto. Pazzesco. Nella sua testimonianza ritorna spesso, fra i tanti ricordi, quel filo rosso che li lega: la parola indifferenza.
Leggi razziali, Liliana Segre: “Espulsa da scuola perché ebrea. Così scoprii di essere ‘diversa’”
Emerge ancora una volta quel senso di smarrimento che ha provato la bambina Liliana, amata così tanto da tutti, che d’un tratto viene esclusa dalla scuola. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, non si spiega le ragioni così come non si spiega quell’indifferenza delle compagne di classe (circa 25 ricorda) che non si accorsero di quel banco rimasto vuoto. Nessuna delle sue compagne si è domandata: “Dove è finita Liliana?”. E la maestra che si congeda da lei con una frase terribile: “Mica le ho fatte io le leggi razziali”. Perché non posso più andare a scuola? Perché quella buona scuola pubblica statale milanese mi ha espulsa? Il papà e i nonni faticano a spiegarle che è per via di alcune leggi contro gli Ebrei.
Come si può spiegare ad un bambino di 8 anni che quella scuola lo ha espulso non perché indisciplinato ma perché una legge ad un certo punto ha imposto di non ammetterti più?
Liliana, esclusa dalla buona scuola pubblica statale che ha scelto, deve ripiegare per la scuola pubblica paritaria cattolica di fronte: stessa piazza, scenario differente. Ecco come la scuola pubblica paritaria, cattolica, quella esclusiva e che esclude, d’un tratto non esclude più. Fatto sta che, dopo i campi di concentramento, sarà in questa scuola pubblica paritaria cattolica, “dalle suore” come dice lei stessa, che conseguirà la sua maturità liceale.
Spesso sono sempre le tragedie a restituire la verità dei fatti. In tempo di leggi razziali, la scuola statale è divenuta strumento del potere. Lo Stato aveva imposto le leggi razziale e la scuola statale ha dovuto obbedire. Ecco perché da anni vado ripetendo, e ormai siamo in tanti, che è necessario, per custodire il bene della Democrazia e rispettare la Costituzione, garantire il pluralismo educativo, perché, quando arrivano le tragedie, sono sempre i più deboli quelli che qualcuno o gli eventi decidono che vanno esclusi.
Il Senso del Ricordo e il ruolo della Memoria
Sembrerà una forzatura, e non intendo assolutamente mancare di rispetto alla signora Segre e a quanti hanno vissuto il dramma della Shoah, ma per una persona come me abituata alla pragmaticità, alla consequenzialità degli eventi, nulla avviene per caso. Mi colpisce pensare che il Covid ha escluso i poveri e i disabili dalla scuola. La scuola non è ripartita per tutti. Dove è il tuo compagno di banco? Dove è finito Tommaso?
Il diritto all’istruzione si appresta a diventare in Italia un privilegio. E’ un allarme che non è lanciato a sufficienza come dovrebbe.
Il senso di Responsabilità, opposto all’Indifferenza, di fronte al rischio imperante del monopolio ci impone la denuncia, la costanza ma anche l’appello perché le soluzioni possibili siano OGGI attuate. Oggi che siamo in tempo, Oggi che ancora la parola pluralismo ha un senso, Oggi che esso è necessario per far ripartire la Nazione. Oggi che è ancora possibile per la seconda carica dello stato chiedere al Premier di far funzionare realmente le aule del Parlamento tramite il confronto e il dibattito e non minare la democrazia a colpi di DPCM e voti di fiducia. Oggi possiamo dire che è a rischio la democrazia, è a rischio il futuro del Paese andando ad indebitarci e privando i nostri ragazzi degli strumenti per ripagare il debito aperto.
C’è il tempo della denuncia e c’è il tempo delle soluzioni, altrimenti la memoria diventa una cerimonia commovente e noi l’avremmo già tradita. Quei corpi denudati, quelle catene, quelle camere a gas, quel filo spinato, quell’orrore è talmente lontano che non solo non ci scomoda ma ci fa pensare che quelle minacce alla libertà che ancora oggi ci sono siano meno pericolose perché sono invisibili, come ha ben evidenziato la presidente Casellati.
E’ necessario mantenere una lucidità di pensiero ed una ferma volontà perché davvero certi orrori non si ripetano mai più: comprendo pienamente perché la signora Segre si sia congedata affidando ai giovani che la seguivano un testimone così impegnativo.
Ancor più impegnativo perché avviene in questi mesi quando non pochi bambini si sono sentiti dire dai propri genitori che a scuola per loro non c’è posto. E la ragione fa meno male probabilmente agli occhi dei buonisti, è causa Covid, perché non c’è posto, perché manca il docente di sostegno. Ma quello che si registra nelle menti è perché tu sei diverso, sei disabile, sei povero…
Se è sufficiente il Covid per tagliare in due la società, per trasformare un diritto in un privilegio, è proprio giunto il tempo non più procrastinabile per il Governo italiano di prendere seriamente in considerazione il tema della scuola.
In Europa il diritto all’istruzione è stato tranquillamente garantito a tutti, manchiamo solamente noi. E’ evidente che la drammaticità di un sistema scolastico iniquo, come andiamo denunciando da anni, ha accelerato quel processo facendo diventare quello che sulla carta è un diritto nella realtà un privilegio.
Nessuno di noi Oggi può fare finta di niente o girarsi dall’altra parte o, peggio, dire, come la maestra della senatrice Segre: “Mica l’ho fatta io la legge di bilancio, mica sono io che agisco a raffica con dpcm o voti di fiducia”. Tocca a ciascuno di noi: e in questo spirito di servizio, ancora una volta, rilancio l’appello.
Covid quel cigno nero che se incontra il talento al Governo diviene una opportunità per la scuola italiana.
Il Covid ha squarciato il velo dei costi: la scuola statale che costa euro 8.500 alle famiglie italiane contribuenti non è ripartita per tutti gli allievi (esclusi i più poveri e i disabili); la scuola paritaria con rette tra i 4.000 e i 5.500 euro annui è ripartita in sicurezza. Siamo però tutti quanti consapevoli che una famiglia, dopo aver pagato le tasse per la statale che costa euro 8.500 per alunno, deve poter avere i soldi per pagare la seconda volta con la retta nella scuola paritaria?
In Italia, per una famiglia che ha due figli e un Isee pari a 30 Mila euro annui, la scuola paritaria è inavvicinabile. Ma abbiamo delle best practice in Italia che ci possono aiutare? Leggiamo che la scuola in Lombardia è ripartita grazie a quel pluralismo educativo ancora presente.
La Lombardia ci rimanda al modello europeo. Allora perché in Sicilia e in Campania no e in Lombardia sì?
Attraverso il Focus “La scuola del futuro: una scuola per tutti. La scuola di oggi: una scuola d’élite” edito da IBL si fanno dei distinguo per le singole Regioni e si riscontra che in Regione Lombardia, forse, sommando i 2 mila euro di Dote Scuola per famiglie con un Isee pari o inferiore a 8 mila euro, o i 1.300 euro di Dote scuola con un Isee pari a 40 mila euro, e i 2 mila euro straordinari che i Vescovi hanno erogato per famiglie con un Isee pari a 25 mila euro, più i contributi di 227 euro che lo Stato destina, forse la famiglia riesce a pagare la retta per Pietro.
E per Emma 8 anni, la seconda figlia? Qui lo Stato eroga contributi per 360 euro, la Regione Lombardia una dote scuola di 700 euro con un Isee uguale inferiore a 8.000 e 300 euro con un Isee pari a 40mila euro. Per la differenza la famiglia di cui sopra si arrangia. Non va meglio nel resto della penisola, dove la dote Liguria è di 600 euro e in Piemonte 1.400 euro con un Isee pari a 10mila euro e 950 euro con un Isee di 26mila massimo per la primaria; al liceo da 2.150 con un Isee di 10mila euro a 1.400 con un Isee pari a 26mila euro.
Il Veneto e il Trentino a parte, nel resto della Penisola la famiglia o si arrangia con un aiuto dei parenti, oppure rinuncia.
Evidentemente, se l’allievo non può costare meno di 5.500 euro, le scuole che chiudono sono proprio quelle delle periferie, del centro sud: i presidi di libertà, insomma. Si conferma un sistema scolastico sempre più iniquo.
Evidentemente non è possibile accusare la scuola paritaria di essere ingiusta perché domanda la retta, o stupirsi se la famiglia non paga tasse (euro 8.500), retta e docente di sostegno.
Nell’arco di due anni, se con la prossima legge di Bilancio non si decide di rivedere le linee di finanziamento del sistema scolastico italiano, il futuro prossimo sarà una scuola statale sempre più fallimentare, che con 8.500 non riparte, e una scuola paritaria che – per esercitare il suo ruolo pubblico – dovrà chiedere rette non inferiori a 5.500 euro; le famiglie le sceglieranno con enormi sacrifici pur di dare una possibilità ai figli. Oppure non le sceglieranno perché non possono permettersele. Quindi avremo il diritto all’istruzione come un lusso. Il tutto senza una ragione di diritto e di economia, ma per pura idiozia culturale.
PIETAS E HUMANITAS
Proviamo ad essere fiduciosi e a riproporre al Governo e al Parlamento le soluzioni, perché nessuno studente si veda chiuse le porte della scuola, presidio di libertà, di democrazia, di umanità.
FOCUS La scuola del futuro: una scuola per tutti. La scuola di oggi: una scuola d’élite (Link)