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Velivolo di sesta generazione? La rivoluzione dagli Stati Uniti spiegata da Stefano Cont

Di Stefano Cont

Il 15 settembre alla conferenza virtuale “Air, space and cyber 2020”, l’assistant secretary per le acquisizioni dell’Usaf, Will Roper, ha reso noto che l’Aeronautica statunitense ha provato in volo un nuovo velivolo ideato, ingegnerizzato e costruito in poco più di un anno. Gli addetti ai lavori si sono subito concentrati sull’analisi dell’ipotetica configurazione, sulle prestazioni e sulle innovazioni che tale dimostratore potrebbe introdurre. La vera notizia, in realtà, non era l’esito positivo del volo sperimentale, quanto piuttosto il nuovo concetto che sarà utilizzato per le future acquisizioni aerospaziali americane.

Nel corso della conferenza, infatti, è stata presentata la guida per la Digital acquisition (Da) di Air force e Space force denominata “take the red pill: the new digital acquisition reality”. Il cambiamento prospettato è potenzialmente rivoluzionario, poiché propone soluzioni per alcuni dei problemi oggi esistenti nei programmi aerospaziali. Il primo riguarda i lunghi tempi necessari per l’introduzione in servizio di un nuovo sistema. Occorrono oggi, infatti, almeno vent’anni per trasformare una specifica esigenza operativa in un mezzo di nuova generazione in grado di operare senza maggiori difficoltà. Il secondo problema riguarda la gestione della rapidissima evoluzione delle tecnologie, che rende i sistemi obsoleti prima ancora che divengano operativi.

Il terzo problema tocca la poca interoperabilità dei numerosi sistemi necessari per soddisfare multiformi esigenze. Tali sistemi sovente non hanno standard omogenei e richiedono costose attività per la loro integrazione. Il quarto problema afferisce alle difficoltà di ottimizzare un prodotto alle esigenze di differenti utilizzatori, fattore che riduce le possibilità di pluralità d’uso. Un ultimo problema, forse il più importante, concerne i costi per realizzare e gestire un nuovo sistema aerospaziale, costi che hanno raggiunto livelli insostenibili anche per i maggiori Paesi. È pur vero che alcune soluzioni adottate negli ultimi anni per contenere quelli di produzione hanno avuto successo, ma vi è un limite all’ottimizzazione di questa fase che, peraltro, è solo una dell’intero processo realizzativo (nella fasi di ricerca e sviluppo, produzione, supporto logisticooperativo). L’innovativo concetto di Industria 4.0, basato sull’automazione delle tradizionali pratiche industriali, infatti, si concentra sul momento della produzione, mentre poco incide sulla fase di ricerca e sviluppo, che nel settore dell’aerospazio è molto costosa. La Da si rivolge proprio a questa fase, offrendo alcune soluzioni. La trasformazione prospettata è basata sulla cosiddetta “trinità digitale”, definita come l’insieme di ingegneria e gestione digitale, software agile e architettura aperta.

Da questi concetti derivano i tre principi cardine della Da. Primo, possedere e condividere l’insieme delle tecnologie: il principio inverte la tradizionale attività che esternalizza le capacità tecnologiche all’industria e richiede che la Difesa conosca e possa gestire le tecnologie abilitanti; al tempo stesso postula la loro completa condivisione tra i vari progetti e le diverse realtà industriali; il vantaggio è una maggiore qualità complessiva di tutti i sistemi e il superamento dei problemi di interoperabilità. Secondo, passare rapidamente dal software di sviluppo all’impiego: tale fase è perseguita attraverso ambienti di orchestrazione e gestione virtuale di elementi (quali ad esempio gli e-Kubernetes), in modo da evitare ritardi e costi aggiuntivi; l’obiettivo è di ridurre notevolmente i tempi tra generazioni successive di prodotti e di rendere prontamente utilizzabili eventuali innovazioni tecnologiche. Terzo, “e-creare prima di volare”: l’ultima fase riguarda la realizzazione concreta di ePlanes, eSatellites eWeapons mediante un’ingegnerizzazione totalmente digitale; il concetto, peraltro, non è del tutto nuovo, poiché già impiegato, ad esempio, nella Formula 1, dove già oggi l’obiettivo è di ingegnerizzare digitalmente tutto, senza passare da una lunga fase di prototipazione.

La Da, quindi, propone di muovere dal tradizionale sistema della sperimentazione fisica (le famose serie X-) verso una nuova di tipo virtuale (da qui il suffisso e-). In tale ottica si stanno muovendo i tre maggiori nuovi programmi dell’Usaf: l’aereo da addestramento T-7A “Red Hawk”, il sistema missilistico Ground based strategic deterrent (Gbsd), e il Next generation air dominance (Ngad). Esistono certamente ragionevoli dubbi sulla reale possibilità di passare direttamente dal computer al mezzo operativo, soprattutto se si considera la complessità dei sistemi aerospaziali o la particolare innovazione insita in alcune tecnologie, come l’ipersonico o l’iper-manovrabilità. È plausibile, invece, che si giunga rapidamente a un primo obiettivo rappresentato dalla semplificazione dei processi di integrazione tecnologica e dalla sperimentazione rapida delle nuove soluzioni.

Nell’alveo di questi concetti, tuttavia, si sviluppa pienamente il programma Ngad, pensato per complementare i velivoli F-35 e F-22 attorno all’idea di una famiglia di velivoli e sistemi (con e senza pilota) che operano in team all’interno di architetture operative distribuite. In particolare, la strategia Ngad poggia proprio sull’ingegneria digitale, in base alla quale sono messe in campo iterazioni di velivoli e di software di missione completamente nuovi e aggiornati in tempi ridotti. L’obiettivo è di creare una nuova serie di velivoli, denominata “Digital century series”, per replicare la velocità di sviluppo generazionale con tempi simili a quanto avveniva negli anni 50 con cosiddetta la “serie 100”.

La Digital acquisition, dunque, apre prospettive nuove sia per la Difesa sia per l’industria, velocizzando e rendendo meno costosa la fase di ricerca, sviluppo e sperimentazione. Unitamente alle soluzioni offerte da Industria 4.0 avrà un impatto rilevante anche sulla fase di supporto logistico-operativo. L’attuale concetto di “sviluppo a spirale” di un sistema, infatti, oggi realizzato prevalentemente mediante aggiornamenti lungo un arco di vita pluridecennale, sarà sostituito da una “spirale di nuove generazioni” che consentirà di avere, con cicli di cinque-dieci anni, sistemi sempre attuali e idonei a rispondere ai cambiamenti e alle nuove minacce.


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