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Trump, il virus e i Repubblicani. Chi può sostituirlo? I tre scenari di Pellegrini-Bettoli

Di Gaja Pellegrini-Bettoli

La notizia che Donald Trump e la first lady Melania hanno contratto il coronavirus, comunicata dal profilo twitter del presidente venerdì 2 ottobre, ha stravolto una campagna elettorale già segnata da numerosi colpi di scena ed eventi straordinari, non ultimi i toni aggueriti e poco presidenziali del primo dibattito dello scorso 29 settembre. A un mese dalle elezioni, il 3 novembre, emergono diverse speculazioni sui possibili scenari che si aprono non solo per i cittadini americani in quanto elettori, ma anche per le istituzioni degli Stati Uniti.

Oltre alle inevitabili ripercussioni che questo avrà sulla gestione pratica della campagna, dai rally elettorali di Trump alla sua partecipazione fisica agli altri due dibattiti presidenziali, lo scenario più incerto riguarda cosa accadrebbe se il presidente dovesse ritirarsi dalla corsa alla presidenza o se dovesse venire a mancare.

Se fin’ora l’incognita era cosa accadrebbe se uno dei due candidati non dovesse concedere e riconoscere la vittoria alle urne del suo avversario, e il ruolo importante che avrebbe in tal caso la Corte Suprema, da venerdì si sono aggiunti altri potenziali scenari che tengono la nazione con il fiato sospeso.

GLI SCENARI

Gli Stati Uniti si trovano di fronte a una situazione mai verificatasi in passato a un mese dalle elezioni. Gli scenari sono due. Come spiegato nel Washington Post in uno scambio di idee tra il prof. Pildes, esperto di elezioni americane e governo, e il prof. Tucker esperto di politica di Nyu, il presidente potrebbe divenire incapace di svolgere le sue funzioni prima delle elezioni, ma potrebbe anche essere eletto e non essere più in grado di esercitarle prima della data del suo insediamento, il 20 gennaio.

Nel primo caso, il Republican National Committee avrebbe l’autorità per sostituire il candidato nominato per la presidenza. Tuttavia, mancando solo trenta giorni alle elezioni, non ci sarebbe il tempo per inserire il nome del nuovo candidato sul cedolino elettorale di ogni Stato. Ci sono delle scadenze precise che variano da uno Stato all’altro per inserire il nome dei candidati e sono già passate. Anche se l’Rnc ottenesse un’ordinanza del tribunale per cambiare il nome del proprio candidato non ci sarebbe abbastanza tempo per ristampare i cedolini. Il nome di Trump quindi rimarrà sui cedolini a prescindere dagli eventi.

Nel secondo caso, quello più critico, se Trump dovesse vincere le elezioni, anche se incapacitato o se dovesse diventarlo dopo le elezioni ma prima dell’inaugurazione, la situazione diventa più complicata. Qui entra in scena la complessità del Collegio Elettorale e dell’arbitrio al momento del voto dei suoi grandi elettori. Negli Stati, (29 e il Distretto di Colombia), in cui la legislazione vincola i grandi elettori a votare solo per il candidato che ha vinto il voto popolare, si creerebbe un dilemma non esistendo indicazioni per come i grandi elettori debbano votare in questi casi.

Secondo il Prof. Pields i grandi elettori, nonostante l’obbligo di votare secondo il voto popolare, potrebbero esprimere la preferenza per il candidato indicato dall’Rnc. In sostanza, se si dovesse malauguratamente arrivare a uno scenario simile, sarebbe l’Rnc a indicare il candidato sostituto.

Esiste tuttavia un terzo scenario: se l’Rnc fosse diviso sulla nomina del nuovo candidato e i grandi elettori Repubblicani di conseguenza fossero a loro volta divisi, potrebbe non esserci un vincitore con il sistema del Collegio Elettorale. In questo caso, la Camera dei Rappresentanti sceglierebbe il presidente tra i tre candidati che hanno ottenuto il più alto numero di voti dei grandi elettori.

Negli ultimi tre giorni le notizie contradittorie provenienti dalla Casa Bianca sullo stato di salute di Donald Trump – ricoverato al Walter Reed National Military Center dal 2 ottobre – hanno generato confusione e timori sulla reale gravità delle sue condizioni. Trump ha comunicato sabato 3 ottobre in un breve video dal Reed Center pubblicato su twitter: “inizio a sentirmi molto meglio” aggiungendo però che solo nei prossimi giorni si vedrà se il peggio è stato superato. Un messaggio per rassicurare la nazione che attraversa un momento di forte instabilità e incertezza. ll contagio di Trump e della first lady Melania, come riportato dalla Cnn, sembra sia rinconducibile all’evento della nomina della giudice Amy Coney Barrett per la Corte Suprema (sabato 26 settembre).

L’IMPATTO SUL VOTO

Per la campagna elettorale di Trump l’impatto sulla sua immagine è stato immediato. Fortemente criticato dai suoi detrattori per come gli Stati Uniti e la sua amministrazione hanno gestito la pandemia, che conta ad oggi oltre 208 mila vittime, (fonte CDC), la notizia è stata invece accolta da dimostrazioni di supporto della sua base elettorale. I supporter di Trump hanno manifestato vicino al Reed Center e in diverse città del Paese. Trump ha costruito il suo profilo di candidato forte, vittima di una stampa nemica ed estremo difensore dell’American way of life. Mentre la malattia ora renderà più arduo per lui non voler parlare della pandemia con l’attenzione che merita, dover superare egli stesso questo ostacolo lo potrebbe far apparire più empatico ad una parte dell’elettorato. Certamente l’immagine dell’uomo forte è uno degli aspetti importanti della sua campagna, pare difatti non abbia gradito le dichiarazioni del Capo di Gabinetto Mark Meadows per aver contraddeto l’affermazione del medico sul miglioramento delle sue condizioni mediche.

L’intesa agenda della campagna Repubblicana è stata sospesa per il momento. Per questa settimana erano previsti comizi in Minnesota, Pennsylvania, Virginia, Florida e North Carolina. Avendo sempre dipeso fortemente dai membri della propria famiglia ed alti esponenti dell’amministrazione per fare le sue veci ai comizi, il fatto che molti di loro siano adesso in quarantena, limita quest’opzione.

Anche il secondo dibattito presidenziale, programmato per il 15 ottobre in Florida (uno Stato chiave per le elezioni), è in forse. È possibile sia condotto in video-conferenza ma anche in tal caso il presidente deve essere in una forma fisica che gli permetta di sostenerlo.

Per ora non si parla ancora di cambiare la data delle elezioni, per fare ciò sarebbe necessario un atto del Congresso approvato sia dalla Camera dei Rappresentanti che dal Senato.

Nel campo Democratico invece il candidato alla presidenza, Joe Biden, fino ad ora ha mantenuto un atteggiamento più prudente rinunciando per mesi  ai comizi, al punto d’essere deriso da Trump, ha ripreso di recente a tenerli.

Nonostante recenti sondaggi vedano Joe Biden in testa di 14 punti su Trump a livello nazionale, “It ain’t over till it’s over” come diceva Yogi Berra, uno dei più amati giocatori di baseball americani di tutti i tempi.


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