La forza della negazione psichica è lo strumento elettorale più potente in questa corsa alla Casa Bianca, come dimostra la strategia di Donald Trump. Ma i contagi dilagano. Non è un caso dunque che The Lancet chieda aiuto alla psicoanalisi. Il commento di Chiara Buoncristiani, giornalista e psicoterapeuta
La campagna elettorale di Trump va avanti spedita, in rimonta temono i democratici. Il presidente-che-ha-avuto-il-Covid mette in campo una sua revisione del negazionismo. Costretto ad ammettere che il virus esiste, fa leva sul bisogno di sapere che è facile da gestire. Anzi meglio, sul bisogno degli americani di credere che gli Stati Uniti lo stanno gestendo “meglio di tutti”. Negando che gli Usa hanno una proporzione di contagi e morti più alta di altri paesi, minimizza il problema, anzi ne fa una bandiera: “I medici sono i migliori del mondo”.
La forza della negazione psichica è quindi lo strumento elettorale più potente in questa corsa alla Casa Bianca. Ma i contagi dilagano. Non è un caso dunque che The Lancet chieda aiuto alla psicoanalisi. La rivista medico scientifica più prestigiosa, che vanta un Impact Factor superiore a 60, ha infatti pubblicato un articolo in cui spiega il risparmio – economico oltre che in termini di vite umane – che un intervento degli psicoanalisti porterebbe.
Chiedendo aiuto ai suoi strumenti in questo momento storico, per favorire il contatto con la realtà del virus e combattere il diniego: “L’incapacità degli USA di contenere Covid-19 è stata straordinaria da ogni punto di vista” si legge nell’articolo tradotto da Ilaria Sarmiento. “Se lo consideriamo come un caso di non aderenza di massa ai consigli medici, è un caso unico nella storia moderna. Mai, prima d’ora, così tanti cittadini hanno avuto un accesso così ampio all’informazione e, allo stesso tempo, hanno protestato contro le raccomandazioni di salute pubblica, negando con tanta veemenza i fatti medici.
E ancora: “I media hanno parlato della diniego psicologico come di una causa di non aderenza alle raccomandazioni di salute pubblica per Covid-19, il cambiamento climatico e altri rischi, ma i funzionari della sanità pubblica non hanno ancora utilizzato il concetto in modo sistematico, almeno non in modo completo. Proponiamo che i funzionari della sanità pubblica aggiungano lo studio e il trattamento del diniego psicologico al loro kit di strumenti per combattere la non aderenza medica. Per fare ciò, suggeriamo una nuova partnership tra i campi della psicologia sperimentale, della sanità pubblica e della psicoanalisi, il campo che per primo ha postulato meccanismi di difesa come il diniego, e ancora l’unico campo che tenta di curarli”.
Secondo The Lancet, proprio la psicoanalisi, per molto tempo considerata “poco maneggevole” e dunque poco considerata dai sistemi sanitari pubblici (anche quello italiano) che hanno preferito modelli psicologici più semplicistici come quello cognitivista, è di fondamentale importanza in un momento in cui “il diniego psicologico si è imposto su più fronti al centro dell’attenzione per una vera e propria crisi della salute pubblica”. Di più: “Ignorare la conoscenza psicoanalitica in queste circostanze potrebbe essere giustamente interpretato come un altro caso di diniego”.
In che modo gli psicoanalisti potrebbero aiutare a trattare il diniego e la non-aderenza di massa? Aumentano la consapevolezza della persone delle proprie difese psicologiche, che lavorano per allontanare il pericolo e l’ansia dalla coscienza, proprio perché sono difficili da considerare. Se nego il pericolo del virus non ho più ansia.
Anche se gli psicoanalisti non possono trattare ogni caso di diniego individualmente, possono formare gli operatori sanitari e i leader di governo sul diniego, e lavorare con loro su una comunicazione efficace che aiuti a dissipare e a delimitare questa serpeggiante reazione psicologica. La non aderenza medica costa un numero di vite indescrivibile e centinaia di miliardi di euro e di dollari l’anno. “Poiché la comunicazione intorno alle difese inconsce è ciò che fanno gli psicoanalisti, ha senso aggiungerli all’equipe di cura”, conclude The Lancet, “crediamo che siano pronti ad unirsi a noi.”