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Il ritiro dall’Afghanistan aiuterà Biden su Iran e Cina. La lettura di Carlo Jean

Intervista al generale Carlo Jean, esperto di studi strategici, sul piano di ritiro americano dall’Afghanistan: “Una sorta di via libera ai talebani per riprendere il potere nel Paese”. Il ministro Guerini ha confermato che l’Italia resta: “Una volta tanto il nostro Paese mantiene la parola data”

Il ritiro americano dall’Afghanistan favorirà prima di tutti i talebani. Danneggerà il governo di Kabul, troppo diviso per affrontare le milizie islamiste, ma anche l’Iran, la Cina e la Russia, visto che si preannuncia destabilizzante per tutta l’Asia centrale. Ciò potrebbe addirittura favorire Joe Biden, sia nella pressione su Pechino, sia nei negoziati che intende avviare con Teheran. È il quadro descritto a Formiche.net dal generale Carlo Jean, esperto di affari militari e docente di studi strategici, che abbiamo raggiunto per commentare la decisione americana di portare il contingente in Afghanistan da 4.500 a 2.500 unità.

Generale, come commenta il nuovo ritiro americano?

Non è del tutto nuovo. Trump aveva ripetuto diverse volte che si sarebbe mosso in questa direzione, e aveva inserito l’obiettivo all’interno del programma elettorale insieme a un notevole ridimensionamento della presenza in Iraq. Gli Stati Uniti si stanno concentrando in Medio Oriente solo nei Paesi che gli interessano di più, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi.

E con Joe Biden alla Casa Bianca cambierà questo approccio?

A mio modo di vedere Biden non potrà cambiarlo; non perché non lo voglia, ma perché l’opinione pubblica è molto favorevole a tali ritiri, ampiamente seccata da conflitti lontani che perdurano da tempo. Inoltre, il passato ha dimostrato che anche contingenti più ampi fanno fatica a sconfiggere l’insorgenza.

La situazione in Afghanistan resta però delicata. Come cambierà con il ritiro americano?

La situazione cambia molto velocemente. Probabilmente i talebani, o almeno le forze islamiste più radicali, prenderanno il potere nel Paese, creando grossi problemi agli Stati vicini, in particolare all’Iran (cosa di cui gli Stati Uniti saranno soddisfatti) e all’Asia centrale. Si rafforzerà invece la posizione del Pakistan, che costituisce la base logistica dei talebani. Per certi versi il ritiro americano è una specie di via libera ai talebani per prendere il potere. Il governo afghano è talmente diviso che difficilmente potrà opporsi a milizie della capacità combattiva dimostrata dai talebani.

In che modo il ritiro Usa danneggerà l’Iran?

Gli sciiti afghani (che sostengono Teheran) sono anti-talebani. Un rafforzamento della milizia talebana li colpirebbe duramente, senza contare che l’Iran si ritroverebbe i talebani alla frontiera; atti di sabotaggio e attentati potrebbero aumentare.

E sull’Asia centrale?

Ci potrebbe essere un rafforzamento dei movimenti islamisti nella regione, in particolare in Uzbekistan. Ciò creerebbe problemi ai russi e ai cinesi, sempre più presenti nell’area. Non creerebbe invece problemi agli americani o agli europei, che dalla regione si sono ormai sganciati.

Ritiene che l’idea di creare problemi a Iran, Cina e Russia sia parte del piano di ritiro americano?

Non credo che il piano sia così sofisticato. Si tratta di evoluzioni prevedibili legate alla geopolitica dei Paesi, ai vari gruppi etnici e religiosi, alle inimicizie e alle tensioni tra gli attori regionali. Gli Stati Uniti ne trarranno comunque vantaggio. Anche Biden, che vuole riprendere i rapporti con l’Iran potrà beneficiare di una maggiore vulnerabilità di Teheran.

Intanto il ministro Guerini ha ribadito che l’Italia rimane fedele alla linea della Nato e che dunque resterà in Afghanistan fino a quando l’Alleanza, unita, non deciderà di ritirarsi…

Il contingente italiano nell’ambito della missione Nato è inferiore solo a quello tedesco, responsabile del settore nord del Paese (ovest quello a responsabilità italiana). La posizione espressa dal ministro Guerini è del tutto comprensibile. Siamo andati in Afghanistan con la Nato su mandato dell’Onu. Per una volta tanto l’Italia mantiene la parola data e si dimostra responsabile.

Torniamo agli Usa: i ritiri annunciati comportano secondo lei la richiesta agli europei di un’assunzione di responsabilità maggiore in Medio Oriente?

Non credo che gli Stati Uniti vogliano chiedere agli europei di assumersi carico della loro ridotta presenza o della stabilizzazione del Medio Oriente e, in particolare, dell’Afghanistan. Chiedono piuttosto un sostegno nel confronto egemonico che hanno con la Cina. Per Washington, ad esempio, sarebbe più che benvenuta la presenza delle marine europee (od occidentali) nel Mar cinese meridionale per il controllo delle rotte.

Anche questo continuerà con la nuova amministrazione?

Certo. Biden probabilmente rafforzerà le tensioni con la Cina rispetto a Trump, apparso sul tema spesso ambiguo. Il nuovo presidente partirà dell’ideologia di Condoleezza Rice e di Hillary Clinton, quella del “pivot to Asia”, della Trans-pacific partnership (Tpp) e della presenza americana nell’Indo-Pacifico, intesa anche come rafforzamento dei legami con l’India e con alleati storici come Australia e Giappone.

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