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Apologia degli improduttivi. Lina Agostini spiega perché gli anziani contano

Di Lina Agostini

Lasciati fuori troppo spesso dalla stessa politica, che può arrivare a bollarli come improduttivi e non necessari (come è stato dichiarato proprio negli ultimi giorni dal presidente della Regione Liguria Toti), gli anziani, quando prendono la parola, lo fanno in maniera dirompente: Lina Agostini, giornalista in pensione con un’impressionante carriera alle spalle, per i suoi 80 anni ha deciso di regalarsi un romanzo. Ha così iniziato a scrivere Diario scandaloso di una vecchia, in cui racconta l’esperienza della terza età da un punto di vista sfacciato e irriverente.

Eppure non era cominciata così male. Avevano persino cancellato la parola vecchio dal vocabolario. Prima era diventato tabù il termine morte, faceva più paura. Poi i vecchi erano via via diventati anziani, di mezza età, maturi, grandi.

La fronte del vecchio un po’ rimbambito che assiste ai lavori stradali con le mani dietro la schiena o della vecchia alla ricerca televisiva di toy boys veniva guardata con ironia. Barzellette, come quelle sui carabinieri. Poi il silenzio era calato sugli abitanti del pianeta della terza età. Così non si chiamavano più vecchi, ma erano diventati invisibili. Sono ingombranti, non producono e non consumano.

Pietra d’inciampo che difende soltanto la retorica. Il nonno che gioca con il nipotino ma la sua saggezza non serve più. La tecnologia lo ha fregato e il nipotino gli fa da maestro anche con il telefonino. La nonna porta i nipotini ai giardinetti quando la mamma lavora ma poi a casa raccontano che la nonna impedisce loro di giocare come vorrebbero. Non fare questo, non fare quello. I nonni è vero che spesso risolvono le bollette alla fine del mese, però sono ingombranti, lenti e mancano le cucine dove chiuderli quando ci sono gli amici in visita. Infatti ora non ci sono più le cucine, le famiglie e gli amici in visita. E i nonni sono rimasti soli.

Dall’invisibilità li salva – ma non fa loro un favore – il virus. Arriva e li riporta di moda, a tirarli fuori un po’ impolverati dalla poca memoria dei giovani. Vuole loro, a migliaia se li porta via. Non in vacanza, ma in cimiteri dove nessuno potrà portare loro nemmeno i fiori. Colpisce proprio loro, li ha presi di mira e li uccide. È tempo che tu ti levi di torno, anche se loro vorrebbero tenere stretto l’unico bene rimasto: la vita. Nessuno sa spiegare il motivo di questo accanimento, ma nelle bare che sfilano come dopo una guerra perduta ci sono soprattutto gli anziani.

Qualcuno però sembra pensare a loro, sembra volerli proteggere, studia vie di fuga, rifugi, magari meglio chiusi che morti. Così almeno pensa la politica. E c’è un presidente di Regione così appassionato al problema, di come salvare il nonno, che pensa di chiuderlo in casa. Possibile che il virus li andrà a cercare anche lì? Sparta al contrario buttava giù dalla rupe i bambini nati male, ora invece si tirano dentro i vecchi, per proteggerli dalla rupe. In fondo non producono, quel che potevano fare l’hanno fatto.

Guerra, crisi, stragi, terremoti: che altro possono dare? Meglio lasciarli a fissare il cielo dietro i vetri di una finestra. Chi li vuole nascondere alla rabbia del virus non ha però tenuto conto della solitudine, che è stata il grande nemico dei vecchi. Chi preparerà la minestrina con il formaggino la sera se sei solo? Chi conterà le gocce della medicina? Chi curerà il gatto e il cane rimasti a vegliare il nonno solo? Chi dirà loro buongiorno e buonanotte? La politica dice che hanno dato tutto, che ora sono inutili, ma i conti non tornano.

Ognuno di loro ha allevato figli, ha lavorato, ha dato una mano al Paese, vivendo ha aiutato gli altri a vivere. Ha visto la guerra ma poi ha costruito la pace, non ha chiesto in cambio che un po’ di rispetto e di non essere abbandonato. Non li chiamiamo più vecchi – e questo, rassicura – ma dietro dietro c’è qualcuno che sussurra all’orecchio “nonno perché non muori?”



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