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Perché tra Biden e Francesco non sarà tutto rose e fiori. Parla Massimo Franco

Alla Casa Bianca non c’è più un anti-Francesco, ma per paradosso i rapporti con i vescovi americani potrebbero peggiorare. Il multilateralismo di Biden sarà ben accolto dal Papa, ma sullo sfondo c’è la questione cinese. E il Vaticano non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali… Conversazione di Formiche.net con Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, nelle librerie con “L’enigma Bergoglio” (Ed. Solferino)

A scanso di sorprese, il democratico Joe Biden sembra essere il nuovo presidente degli Stati Uniti. Molti si sono affrettati a sottolineare che si tratta del secondo cattolico dopo John Kennedy ad entrare alla Casa Bianca, e che peraltro in questi anni ha già incontrato più volte Papa Francesco. Nelle varie analisi che si sono lette, si è affacciata la speranza di vedere la fine delle tensioni che hanno caratterizzato nell’ultimo decennio Usa e Vaticano, sia per quanto ha riguardato il dialogo tra Obama e Ratzinger che in seguito per quello tra Trump e Bergoglio. Il vaticanista statunitense John Allen jr. si è spinto ad affermare che il rapporto tra Biden e Francesco potrebbe riportare nientemeno che a quello tra Reagan e Giovanni Paolo II. Sul Corriere della Sera il giornalista Massimo Franco, da poco nelle librerie con “L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato” (Ed. Solferino, 241 p.), invita tuttavia alla cautela. Il rapporto tra i due, come spiega anche in questa conversazione con Formiche.net, non sarà affatto scevro da difficoltà e conflitti. Una buona parte della gerarchia della Chiesa americana infatti non vedeva di cattivo occhio il presidente Trump, mentre ora il rischio è che Biden possa cedere all’ala più radicale dei democratici, in particolare su temi fortemente divisivi come aborto e unioni omosessuali.

A suo avviso, come cambieranno i rapporti tra Stati Uniti e Santa Sede rispetto al passato?

Certamente nell’immaginario comune, Trump era visto come l’anti- Francesco. Da questo punto di vista, credo che l’elezione di Biden significherà innanzitutto che non c’è più alla Casa Bianca un anti-Francesco. C’è però un problema: per paradosso, potrebbero accentuarsi gli attriti con i vescovi americani. Questo perché la Conferenza episcopale americana è molto spaccata, e in fondo ad alcuni vescovi e cardinali conservatori americani Trump non stava poi così male. Perché era contro l’aborto e le unioni omosessuali. Mentre invece Biden rappresenta un Partito democratico del quale la Conferenza episcopale statunitense ha sempre diffidato: da tre decenni, almeno, lo considera troppo relativista, legato a temi da loro definiti contro la vita. Quindi, dal punto di vista dei rapporti con il Papa, probabilmente le cose miglioreranno. Mentre invece con i vescovi statunitensi non è scontato che sarà così. A quel punto, bisognerà vedere se ciò rischia di influire anche sui rapporti tra la Casa Bianca e il Papa stesso.

La nomina da parte di Francesco del primo cardinale afro-americano, l’arcivescovo metropolita di Washington Wilton Gregory, a pochi giorni dal voto americano, a molti è sembrato un segnale da parte di Bergoglio in una direzione ben precisa. Pensa che i rapporti di forza nell’episcopato americano siano destinati a cambiare nel futuro, o si andrà inevitabilmente a una collisione?

Il Papa sta facendo di tutto perché migliorino, e le sue nomine vanno in quel senso. Il problema però è che non sembra che stiano avendo molto successo. Ho l’impressione che alcune delle persone nominate da Francesco, come Blase J. Cupich a Chicago o Wilton Gregory a Washington, non abbiano un grande successo all’interno delle loro diocesi. Il Papa sta cercando di andare in una direzione ben precisa, come sta facendo anche in Italia e altrove. Ma negli Stati Uniti bisogna comprendere che ci sono forti resistenze.

I vescovi americani  hanno però accolto il nuovo presidente con un lungo e accorato messaggio, subito messo in luce dal Vaticano, in cui c’è stato un appello a uno spirito di unità nazionale. Anche il gesuita padre Antonio Spadaro, commentando l’elezione di Biden, si è focalizzato sul tema dell’unità. A vedere come si sta comportando Trump in queste ore, sembra tuttavia un auspicio molto lontano. Ci si chiede se ci sia un ruolo positivo che può giocare la Santa Sede su questo punto.

La Santa Sede secondo me non molto; i vescovi americani, forse, sì. Però il problema è la spaccatura. Intanto, bisogna dire che il Vaticano non si è ancora congratulato con Biden. Lo ha fatto solo l’arcivescovo di Los Angeles José Horacio Gómez, presidente della Conferenza episcopale statunitense. Ma il Vaticano non ha fatto ancora alcuna dichiarazione ufficiale.

Si pensa abbia intenzione di farlo a gennaio, quando ci sarà l’insediamento del nuovo capo di governo.

Però ad ora quasi tutti i capi di governo, a parte Xi Jinping e Putin, si sono già congratulati con Biden. L’arcivescovo di Los Angeles ha poi dato un giudizio positivo per ciò che riguarda la vittoria, ma è stato anche molto cauto sotto altri aspetti. Nel suo messaggio si legge: preghiamo perché sia sempre difesa la vita. Ciò dimostra che c’è consapevolezza tra i vescovi americani che Biden potrebbe essere fortemente condizionato dall’ala radicale dei democratici. Soprattutto da Alexandria Ocasio-Cortez, più ancora che da Kamala Harris. Quindi, ciò che si intravede è una certa preoccupazione.

Si può dire che i primi che rischiano di essere spaccati sono proprio i cattolici. In effetti c’è da dire che parecchi, anche tra i fedeli stessi, non vedono affatto positivamente Biden.

La mia opinione, perciò, è che forse John Allen jr. corre troppo avanti. Diciamo che potrebbe anche esserci un’intesa come quella tra Reagan e Giovanni Paolo II. Però, su quali basi potrà avvenire? Sul piano internazionale, tanto per essere chiari, all’epoca ci fu una tale concordia che nel 1984, per la prima volta, Stati Uniti e Vaticano stabilirono relazioni diplomatiche piene. Questo fu considerato una sorta di riconoscimento che veniva dato alla Santa Sede di  Giovanni Paolo II come alleata nella lotta contro l’impero sovietico e il comunismo.

C’è in effetti una certa differenza da allora.

Sì, perché oggi gli Stati Uniti considerano come nuovo principale nemico la Cina, e c’è un Papa che ha fatto un accordo segreto e provvisorio di altri due anni con la Cina in nome della distensione. Se Biden vuole fare una lega delle democrazie, occidentali e asiatiche, per contenere la Cina, allora col Vaticano non so come possano andare le cose.

In effetti, sullo sfondo c’è la questione cinese, sulla quale la presidenza Trump è stata molto dura verso la Santa Sede. Complessivamente, la geopolitica di Francesco troverà ora negli Stati Uniti di nuovo un alleato, o viceversa?

Da una parte sì, perché Biden sarà un presidente più multilateralista. Da questo punto di vista credo che sia un elemento positivo per il Papa e il Vaticano, perché in un mondo multilaterale l’influenza vaticana cresce. Però non so se questo sia sufficiente: è tutto da vedere.

Lei nel suo ultimo libro, “L’enigma Bergoglio”, affronta anche il tema della “guerra fredda strisciante tra il Vaticano di Francesco e i gruppi di interesse che si muovono dietro la Casa Bianca”, citando il Red Hat Report. Con l’elezione di Biden questa guerra come è destinata ad evolvere, e come può incidere di riflesso negli equilibri vaticani?

Continuerà come prima perché è una guerra che in qualche modo prescindeva dalla presenza di Trump. Credo quindi che le cose continueranno. Bisogna vedere che forza avranno, e soprattutto che forza avrà il Papa. Io credo che la sconfitta di Trump non decreti di certo la fine di quella corrente culturale negli Stati Uniti, anzi: probabilmente sarà ancora più decisa a farsi sentire.

Ieri è stato reso noto il lungo e articolato rapporto sul caso dell’ex cardinale McCarrick. C’è chi ha vociferato che la Santa Sede potrebbe avere aspettato le elezioni americane per pubblicarlo.

Non so se l’abbiano fatta apposta, allora potevano farlo anche tra qualche settimana. Credo che la decisione vada letta con logiche interne al mondo cattolico, e ai rapporti con il mondo cattolico americano, più che nei confronti di Biden o Trump. Anche perché bisogna capire quali saranno gli sviluppi del Rapporto McCarrick, e non credo affatto che la storia sia finita. Si tratta di un inizio.

L’ex nunzio Viganò, a cui l’episcopato americano riserva certamente un occhio benevolo, è stato chiamato in causa dalla Santa Sede nel Rapporto che è stato stilato. Viganò ha risposto in maniera molto dura, parlando di “surreale opera di mistificazione”. Lo scontro insomma è ben aperto.

Lo scontro resta molto aperto, anche se Viganò è piuttosto screditato in Italia, perché attacca a testa bassa il Papa sempre e comunque. Però non si deve trascurare il peso che continua ad avere negli ambienti cattolici conservatori americani. Ha tanti documenti che si è portato con sé. Certo è incredibile che un esponente così in vista nell’episcopato cattolico si scagli in questa maniera contro il Papa: un fatto abbastanza sconcertante. Però, attenzione, perché ha molte cose da dire, e soprattutto ha alleati potenti dalla sua parte.


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