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Il Ddl Bilancio fra ristori e (poca) crescita. L’analisi di Pennisi

In questo week end di fine novembre i parlamentari saranno impegnati a leggere il disegno di legge del bilancio dello Stato per l’esercizio che inizia il primo gennaio 2021. Un testo di 128 pagine, in 229 articoli, senza contare allegati, tabelle e relazione esplicativa. Un documento che punta sui ristori e quasi nulla sulla crescita

Questo fine settimana, i parlamentari avranno probabilmente come lettura il disegno di legge (Ddl) del bilancio dello Stato per l’esercizio che inizia il primo gennaio 2021. Un testo di 128 pagine, in 229 articoli, senza contare allegati, tabelle e relazione esplicativa. Molti articoli rimandano a leggi, decreti e regolamenti del passato recente (ma anche abbastanza lontano). Per comprenderli occorre fare riferimento alla relazione. Non è una lettura divertente come un romanzo giallo o rosa. Tanto più che arriva con un mese di ritardo e, quindi, con poco tempo per una lettura ed una discussione serena e costruttiva.

La reazione potrebbe essere quella di dire: i parlamentari sono pagati per leggere questi testi e lavorarci sopra; quindi lo facciano. Sarebbe un grave errore sia perché il Ddl riguarda tutti noi, sia perché abbiamo il compito di stimolare i nostri eletti e vigilare su di loro, scegliendone altri se del caso. Quindi dovremmo passare anche noi il fine settimana sul Ddl.

Per farlo, è utile seguire un metodo. In primo luogo, occorre ricordare che quando venne modificata (alla fine degli anni Novanta del secolo scorso) quella che allora si chiamava “la legge finanziaria” si stabilì che non doveva superare i tre articoli che fissassero i saldi di bilancio e l’autorizzazione all’indebitamento (in gergo “lo scostamento di bilancio”. Il resto devono essere i disegni di legge “collegati”, che potevano essere ordinamentali o settoriali e che presentati insieme alla “legge finanziaria” potevano poi seguire un percorso proprio, senza l’incubo di dovere essere approvati entro la fine dell’anno. Questa prassi venne seguita per più di vent’anni. Successivamente, vennero presentati Ddl di bilancio su tre articoli, ma in cui il secondo arrivava anche cinquecento commi. Infine, da qualche anno hanno ripreso le vecchie abitudini.

Tali abitudini non sono belle ma in un fine settimana di tardo novembre, permettono di organizzare con figli e nipoti una “caccia al tesoro” da farsi, in tempo di pandemia, con supporto telematico: scoprire nei 229 articoli quelli particolaristici, volgarmente detti “marchette” ed a beneficio di chi. Chi ne scopre di più ha come premio un tartufo al cioccolato della Antica Gelateria del Corso.

Un altro passatempo di fine settimana potrebbe essere quello di mettere in fila le sette manovre di finanza pubblica dall’inizio dell’anno tra decreti legge e decreti del presidente del Consiglio dei ministri e di fare qualche somma per quantizzare il totale messo in campo per contrastare gli effetti delle categorie più colpite da pandemia e restrizioni e quanto per favorire, con investimenti pubblici ben mirati, la crescita economica. Basta un po’ di aritmetica della scuola elementare; quindi, possono farlo nonni e nipoti.

Un primo conto veloce è che si tratta di circa 70 miliardi, “marchette” incluse che unitamente alla flessione del Pil portano il rapporto tra stock di debito della Pubblica amministrazione al 170% del Pil. A questo punto, vale la pena chiedere ai nipoti come lo pagheranno.

Anche perché, ancora una volta “marchette incluse”, il 95% circa delle manovra riguardano spese di parte corrente per “ristori” e quasi nulla per la crescita mentre lavori recenti del Fondo monetario internazionale dimostrano che per ridurre il peso del debito è sugli investimenti che occorre puntare.

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