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Da contratto a contatto, i governi Conte visti da Lucarella

Di Angelo Lucarella

Angelo Lucarella torna in libreria con un nuovo libro edito da Aracne editrice e racconta, dopo il Conte I, il secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Tra discorsi del premier, coronavirus e dpcm…

“Dal contratto di governo al governo da contatto” è un libro-raccolta doveroso: senz’altro per il trait d’union con il precedente saggio dedicato interamente a quel che fu l’inizio del primo governo del prof. Giuseppe Conte (“L’inedito politico-costituzionale del Contratto di Governo”, Aracne editrice, 2019). Nel nuovo libro c’è, però, un diverso taglio di argomentazione anche se il tipo di analisi proposte si caratterizza, prevalentemente, per il rapporto indissolubile tra politica e diritto.

L’idea di raccogliere (cronologicamente) interventi, interviste, audizioni parlamentari e contributi pubblicati su varie testate nazionali, si presta in buona parte a raccontare, implicitamente, alcune delle vicende più importanti accadute durante circa un anno solare del secondo governo targato Giuseppe Conte. Innegabile che le trattazioni siano attinte fortemente dalle dinamiche innescatesi a seguito dell’avvento del coronavirus.

Si parte dalla prima manovra di bilancio dell’esecutivo giallorosso (Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, ecc.); manovra, quest’ultima, che segna l’identikit (o meglio dire l’indirizzo politico) di una maggioranza diametralmente opposta rispetto a quella venuta meno nell’agosto 2019 allorquando Salvini decise di staccare la spina all’esecutivo in carica. Nel testo però (tengo a sottolinearlo) non c’è spazio per l’inclinazione politico-partitica. Quindi, arrivato il coronavirus, tutto prende altra forma e si alimenta di altra sostanza.

Il dibattito politico nazionale si impregna di contrasti: Mes od Eurobond, si o no, essere o non essere e così via. Sullo sfondo l’interdipendenza europea che, orfana di un contributore di presenza per effetto di Brexit, sfiora l’implosione sistemica. Implosione, di fatto, non avvenuta nonostante i tanti detrattori o distruttori; più che altro ammaliati, quest’ultimi, dall’idea cinematografica di ritorno al futuro e cioè una moneta propria. A tal proposito si dovrebbe ricordare, ciclicamente e generazionalmente parlando, che euro non vuol dire per forza di cose Europa (e viceversa). Ci sono i Trattati. In più l’Italia ha una “Costituzione” solida, con garanzie puntuali, con una struttura politico-giuridica da fare invidia. Nel mondo lo sanno. Utilizzando le parole di una celebre canzone, per rendere ancor più l’idea, la Carta fondamentale italiana ha un fisico bestiale nonostante le tante avversità della storia repubblicana.

Qui si innesca un tema cruciale della storia politico-costituzionale italiana: il valore dei famosi c.d. D.P.C.M.: atti che a differenza dei P.P.P.P. (quest’ultimi rispolverati dall’ex ministro degli Interni) risultano avere, nella contemporaneità, una base normativa d’appoggio (almeno questo). Il risultato, però, è presto che tratto.

Giunge, ad un certo punto della narrazione, la necessità di fronteggiare l’emergenza con ogni mezzo (pur sempre legale si spera): l’imperativo sarà che si salvino quante più vite possibili. Vite che non fanno i conti solo con il Covid-19, ma anche con il lavoro, i debiti, gli affetti, la rispettiva umana stabilità mentale.

Dopo il reddito di cittadinanza del primo governo Conte si prospetta, quindi, la necessità di fronteggiare, con diverse misure, un’altra povertà che bussa alla porta di Palazzo Chigi: quella delle partite iva. Si convocano gli Stati generali dell’economia: il Paese è nell’emergenza più incredibile della storia repubblicana cercando, tramite la politica temporale, il punto di emersione. Incalzano norme su norme tra difficoltà interpretative ed applicative. In tutto questo il ruolo del Parlamento?

Ridotto, per ovvie ragioni, al supporto di fiducia tranne per gli iter legislativi che non riguardassero od intaccassero l’assetto governativo (alle prese, temporalmente, con la gestione epidemica del Covid). Ne è dimostrazione, ad esempio, l’audizione parlamentare sul Disegno di legge con cui si vorrebbe istituire il ministero del Turismo. Tuttavia l’ordinaria amministrazione deve pur andare avanti, in un modo o nell’altro, no?

Segno tangibile che il Covid ha una strada parallela da percorrere (rispetto all’evoluzione della democrazia) ne è stato il referendum costituzionale sul taglio parlamentari di settembre 2020. Referendum sul quale il popolo si è espresso nettamente, ma che, di riflesso, ha ampliato ed aggravato ulteriormente un dibattito che pare senza soluzione di continuità: quanto costa il taglio dei parlamentari, non economicamente parlando, in quote di democrazia? Rimane ancora un’altra domanda.

Quale insidia si nasconde qualora le forze politiche parlamentari non dovessero ammodernare l’ordinamento rispetto al nuovo assetto di rappresentanza post referendario? Questo Paese potrebbe essere affetto dalla c.d. “sindrome dell’arto fantasma”.

Su tutti questi interrogativi vengono alla luce una serie di riflessioni in chiave politico-costituzionale che Davide Giacalone, prefatore del libro su “Governo da Contatto” appunto, ha percepito nella loro essenza più profonda cogliendone, contestualmente, la finalità di contributo appassionato al dibattito attuale.

Dove stiamo andando? Su quale campo d’azione inizia ad operare la nostra libertà? Con quanta complessità normativa ci misuriamo al giorno d’oggi? Con quanta poca chiarezza d’operato dobbiamo fare i conti? Fino a che punto il sistema della Giustizia, ad esempio, riuscirà a garantire il rapporto tra mole di norme e nuove fattispecie illecite? Con quali risorse umane e, soprattutto, competenze affrontiamo il presente per il futuro?

Domande dalle quali le riflessioni raccolte nel libro sul “Governo da Contatto” (titolo che, d’altro canto, la dice tutta in merito al contesto) non possono scindersi diventandone imprescindibili. Gli interrogativi, come si sente dire spesso, sono più importanti del sapere dato dai tempi. D’altronde il conosciuto non può essere un problema. Semmai il contrario.

Alla fin dei conti solo la ricerca (qualunque essa sia: medica, giuridica, economica, ecc.) può darci risposte, mentre oggi assistiamo al più o meno attendibile; presupposto sul quale il Governo da Contatto coltiva speranze eterogenee al fine di non essere causa esso stesso del suo mal politico.

Presidente Matterella permettendo sino a fine legislatura.

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