Scoop del New York Times. A un mese dalle elezioni il presidente Donald Trump ha sondato l’ipotesi di un attacco contro un sito nucleare iraniano. Intanto ha disposto il ritiro di altre truppe da Iraq e Afghanistan prima che alla Casa Bianca arrivi Joe Biden. Il punto di Giampiero Gramaglia
Il presidente Donald Trump ha sondato il suo staff sull’ipotesi d’un attacco contro un sito nucleare iraniano, ma ne sarebbe stato dissuaso. Lo scrive il New York Times, mentre la Cnn informa che Trump si appresta a ordinare il ritiro di altre truppe da Afghanistan e Iraq prima del 20 gennaio, quando scadrà il suo mandato. Il Pentagono avrebbe già avvisato i comandi nei due Paesi che prevede di ridurre entro il 15 gennaio a 2.500 da 4.500 i soldati in Afghanistan e a 2.500 da 3.000 quelli in Iraq.
Le due notizie, se confermate, indicano la volontà di Trump di agire sul fronte internazionale, prima di lasciare la Casa Bianca. Intanto, il presidente eletto Joe Biden ha presentato il suo programma economic, mentre l’epidemia da coronavirus continua ad avanzare a ritmi record negli Stati Uniti.
Una riduzione delle truppe in Afghanistan e in Iraq va nel senso delle sue promesse elettorali 2016. Un attacco all’Iran – scrive il Nyt – potrebbe, invece, non piacere alla base di Trump, contraria ad un coinvolgimento degli Stati Uniti in un conflitto in Medio Oriente e avvelenerebbe ulteriormente le relazioni con Teheran, rendendo più difficile per Biden rivitalizzare l’accordo sul nucleare del 2015, come s’è impegnato a fare.
Secondo il quotidiano, Trump ha chiesto giovedì scorso all vicepresidente Mike Pence, al segretario di Stato Mike Pompeo e al capo di Stato Maggiore Mark Milley se c’era “la possibilità di agire contro” un sito iraniano “nelle prossime settimane”. I suoi consiglieri gli hanno sottolineato che un’operazione del genere potrebbe sfociare rapidamente in un conflitto più ampio. Il Nyt ipotizza che Trump volesse colpire il sito di Natanz, dopo un rapporto dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, secondo cui Teheran continua ad accumulare uranio.
Le mosse in Afghanistan e in Iraq potrebbero, invece, avere un rapporto con la decisione di Trump di silurare la scorsa settimana il segretario alla Difesa Mark Esper. Il suo sostituto ‘ad interim’, Cristopher Miller, ha lanciato in queste ore un messaggio alle forze militari apparso contraddittorio, affermando che la guerra non è finita e che la lotta contro al Qaida e i gruppi terroristici va avanti, ma dicendo pure che è l’ora di riportare le truppe a casa, evitando “gli errori strategico del passato”.
L’Amministrazione Trump si appresta ad avviare la vendita dei diritti per estrarre petrolio e gas nell’Artico, in Alaska, vendita che potrebbe concludersi prima del 20 gennaio, rendendo più difficile intervenire alla nuova Amministrazione, contraria alle trivellazioni nell’Artico.
L’emergenza vera resta il coronavirus, che ha ormai superato gli 11 milioni di casi. Alle mezzanotte sulla East Coast, la John’s Hopinks University contava oltre 11.202.000 contagi nell’Unione e oltre 247.100 decessi. Il virus non ha mai viaggiato così veloce negli Usa. Il virologo Anthony Fauci, della task force della Casa Bianca anti-Covid, insiste sull’importanza di “una tranquilla transizione di poteri nell’Amministrazione Usa”.
“Ho servito sotto sei diverse Amministrazioni e so quanto importanti siano le transizioni: devono avvenire come il passaggio di testimone in una staffetta, mentre si continua a correre. Il virus continua a correre, non si sta fermando”. Per Fauci “c’è bisogno che i due team si parlino e si coordinino: la scienza sta andando avanti, nella direzione giusta, i vaccini stanno arrivando e dopo le primi dosi a dicembre, vogliamo implementarne il processo di distribuzione a gennaio, febbraio, marzo e così via”.
“Prima avremo la transizione prima si potrà procedere con il vaccino”, dice Biden, secondo cui più Trump e i repubblicani ostacoleranno il passaggio dei poteri “più persone continueranno a morire” causa pandemia: “Spero che Trump diventi leggermente più assennato”.
Intanto, tessera dopo tessera, Joe Biden e Kamala Harris costruiscono il mosaico della loro America post-pandemia e hanno ieri presentato un piano per il rilancio dell’economia: obiettivi, creare almeno 10 milioni di posti di lavoro e ridurre le diseguaglianze economiche e sociali. Ma gli intoppi al processo di transizione possono ritardare l’impatto delle misure studiate dal presidente eletto.
Se i primi cento giorni alla Casa Bianca saranno dedicati quasi del tutto a fronteggiare la pandemia con un piano nazionale che prevede anche aiuti alle imprese e alle famiglie più colpite, poi scatterà un ambizioso progetto che prevede una spesa di oltre sette mila miliardi di dollari in 10 anni: risorse per ammodernare il Paese e rimettere al lavoro gli americani espulsine dall’emergenza virus.
Biden intende soprattutto investire nelle grandi opere, intervenendo sulle infrastrutture più obsolete: strade, ponti, ferrovie, cantieri in grado di rimettere in moto l’economia tradizionale. E vi sarà pure uno sforzo senza precedenti sui fronti di energia pulita e fonti rinnovabili, con massicci investimenti sulle nuove tecnologie e dunque in ricerca e sviluppo