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La Sanità militare nella lotta al Covid. Il punto del gen. Figliuolo

Così la Difesa combatte la pandemia. L’audizione di fronte alla Commissione Difesa del Senato del generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante logistico dell’Esercito, intervenuto per fare il punto sulle “attività delle strutture sanitarie delle Forze armate per fronteggiare l’emergenza Covid”

La lotta alla pandemia passa (ancora una volta) dalla Difesa. Il contributo delle Forze armate è stato rilevante sin da marzo, incrementato poi ulteriormente con gli sviluppi della seconda ondata. Un supporto efficiente, spiegato dal generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante logistico dell’Esercito, che ieri è intervenuto in audizione di fronte la Commissione Difesa del Senato per fare il punto sulle “attività delle strutture sanitarie delle Forze Armate per fronteggiare l’emergenza Covid”.

IL RUOLO DEL COMANDO LOGISTICO

Sin dall’inizio dell’emergenza, infatti, il Comando logistico dell’Esercito è stato incaricato della “identificazione e gestione delle risorse umane e materiali da mettere in campo nel contrasto alla pandemia”. L’impegno è stato portato avanti in parallelo al processo di revisione della governance della Sanità militare, avviata a inizio del 2019 su input del capo di Stato maggiore di Forza armata Salvatore Farina. Un processo “reso necessario – ha spiegato Figliuolo – per allineare il comparto sanitario militare della Forza armata agli standard richiesti dalla Sanità pubblica, attraverso virtuose partnership con le eccellenze espresse dalle aziende ospedaliere, dalle Università e dai Centri di ricerca del nostro Paese indirizzato all’erogazione di un servizio sempre più aperto alla collettività”.

IL CONTRIBUTO NELLA LOTTA ALLA PANDEMIA

A tutto questo si è aggiunto il Covid, al cui contrasto l’Esercito (come tutta la Difesa) ha contribuito sin dall’operazione interforze che consentì il rientro in Italia dei connazionali provenienti da Wuhan. Già in quelle settimane si attivò presso il Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, nella città militare della Cecchignola in Roma, una struttura dedicata alla quarantena, poi divenuta di riferimento nella rete messa in piedi dall’Istituto Spallanzani “quale struttura dedicata anche alla sorveglianza sanitaria di civili e militari positivi asintomatici”.

LA PROTEZIONE INDIVIDUALE

Tra mascherine e guanti, il Comando logistico è in parallelo lavorato nella fornitura di dispositivi di protezione individuale. “Si è garantita l’autonomia della Forza armata e nel tempo si sono strutturati programmi acquisitivi e di distribuzione che hanno sempre garantito la piena operatività e gli adeguati livelli di scorte, non solo degli assetti medico-sanitari, ma anche del personale impiegato fuori area e in Patria”. Ad oggi, ha detto il generale, “sono stati approvvigionati circa 11 milioni di dispositivi per un impegno finanziario di circa 6,5 milioni di euro mantenendo costantemente livelli di scorte tali da assicurare una autonomia di tre mesi”.

PROCEDURE STRAORDINARIE

Un contributo da inserire nell’ambito del più ampio impegno della Sanità militare. Dal Policlinico del Celio al Centro ospedaliero militare di Milano, fino all’ospedale militare di Piacenza, allestito dal 22 marzo. “La struttura, operativa per circa un mese, ha consentito di decongestionare l’ospedale civile alleviandone la forte pressione”, ha ricordato Figliuolo. Si è passati poi per il reclutamento straordinario di personale sanitario e per l’invio di team del Celio nei vari teatri operativi. Per questo, “la Forza armata ha individuato ed allestito una serie di strutture di isolamento cautelativo controllato dedicate alla quarantena e isolamento, con una capacità recettiva di 3.250 posti”.

ACCELERAZIONI DA COVID

Impegno possibile grazie agli sviluppi recenti della Sanità militare, antecedenti il Covid-19. “Pietre angolari di questo processo sono l’evoluzione in chiave areale della Sanità militare e l’ampliamento delle collaborazioni con le aziende sanitarie e il mondo accademico”, ha spiegato al Senato Figliuolo. A febbraio è stato avviato il progetto “di organizzazione della sanità areale basata sulla costituzione di infermerie presidiarie, che si ispira al modello organizzativo assistenziale hub & spoke del Servizio sanitario pubblico”. Il Covid-19 ha accelerato il progetto. “Nel mese di giugno, con ben un anno di anticipo rispetto all’iniziale cronoprogramma, la seconda fase del progetto ha visto la luce con l’attivazione di tutte e 23 le infermerie presidiarie”. Altrettanto rilevante il ruolo assunto dalle Task Force sanitarie, “espressione operativa della Sanità areale, strutturate per il supporto territoriale alla Forza armata”. Ce ne sono dieci su base interregionale.

LA COLLABORAZIONE CON L’ACCADEMIA

In parallelo, ha ricordato il comandante, “è stata potenziata la collaborazione con le Università e le componenti ospedaliere del Servizio sanitario nazionale a beneficio delle strutture ospedaliere della Sanità militare”. Un circolo virtuoso in cui “il personale cresce professionalmente e, nel contempo, diventa una risorsa preziosa per l’intera popolazione, in una fase storica caratterizzata da carenza di personale sanitario”. Si aggiungono poi le collaborazioni con diversi atenei e con strutture regionali.

L’IMPEGNO RECENTE

Non è certo ora il momento di abbassare la guardia. “Con la recrudescenza dell’emergenza pandemica, tutta questa organizzazione ha trovato pieno coinvolgimento quando, il 21 ottobre, il ministro della Difesa ha disposto l’avvio dell’Operazione Igea per la realizzazione di Drive Through in supporto ai sistemi sanitari nazionale e regionali”. In tale ambito, ha ricordato il generale, “lo sforzo principale della Difesa ha previsto l’attivazione di 200 postazioni, di cui 139 gestite dall’Esercito, delle quali ad oggi 105 sono già operanti sul territorio nazionale”. Consentono di effettuare circa 400 tamponi al giorno per la sola parte relativa al personale della Difesa. Dal 22 ottobre, sono stati effettuai più di settemila tamponi.


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