Con la nomina di Kerry, Biden ha portato il clima tra i temi della sicurezza nazionale. “È una minaccia ma anche un’opportunità per costruire una nuova economia a basse emissioni di carbonio”, spiega Joshua Busby, professore dell’Università del Texas. L’ex segretario di Stato dovrà puntare sulla diplomazia: prima tappa, Cop26
“La scelta di John Kerry come inviato presidenziale per il clima rappresenta l’elevazione della questione climatica al livello più alto delle preoccupazioni politiche”, spiega Joshua Busby, professore associato dell’Università del Texas e membro a vita del Council on Foreign Relations, esperto di sicurezza climatica. Rispondendo ad alcune domande di Formiche.net Busby sottolinea il fatto che Kerry farà parte della squadra per la sicurezza nazionale del presidente eletto Joe Biden con un posto al Consiglio per la sicurezza nazionale. “Già questo è qualcosa di nuovo. Il suo portafoglio sarà dedicato alla politica estera e agli aspetti di sicurezza nazionale della crisi climatica, mentre altri incaricati si occuperanno degli aspetti interni”, continua il professore.
Che è convinto che Kerry, ex segretario di Stato e senatore, sia la scelta giusta. “Si interessa da decenni alla questione e ha partecipato a numerosi negoziati sul clima. Data la sua statura, l’ampia rete di rapporti internazionali e l’impegno personale, Kerry è probabilmente qualificato come nessun altro per essere all’altezza delle alte aspettative che il presidente gli pone”. Come, per esempio “la richiesta di mobilitare la comunità internazionale per impedire che il cambiamento climatico renda il pianeta inabitabile”.
Il professor Busby ha dedicato buona parte dei suoi studi all’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza nazionale: “Da oltre un decennio ci siamo resi conto che il cambiamento climatico minaccia la sicurezza nazionale. In particolare, rappresenta una minaccia per asset importanti come le basi militari situate nelle zone di costa bassa”, spiega. Senza dimenticare che “i rischi per la sicurezza si estendono a livello internazionale poiché gli impatti dei cambiamenti climatici su altri Paesi sono potenzialmente destabilizzanti”. E a differenza del presidente uscente Donald Trump, “Kerry, come il presidente eletto, comprende che il cambiamento climatico non è semplicemente una questione ambientale”, aggiunge il professor Busby, “ma rappresenta sia una minaccia importante alla sicurezza nazionale che un’opportunità per gli Stati Uniti e il mondo in generale per costruire una nuova economia a basse emissioni di carbonio”.
Tra le richieste di Biden a Kerry, come detto, c’è quella di mobilitare la comunità internazionale. “Kerry e l’intero team di Biden riconoscono che gli Stati Uniti non possono affrontare questa crisi da soli e devono arruolare altri Paesi, sia per il potere del loro esempio in patria, ma anche attraverso una comprensione chiara e pragmatica del duro lavoro della diplomazia”, sostiene il professor Busby. “Ci saranno tensioni tra Stati Uniti e Cina su questo tema e su altri, ma la domanda è se l’amministrazione Biden possa far funzionare la concorrenza geostrategica per la protezione del clima piuttosto che contro di essa”, aggiunge. E a tal proposito, “il primo compito di Kerry sarà quello di prepararsi per i negoziati sul clima in Scozia alla fine del 2021, dove ci si aspetta che gli Stati Uniti aumentino i loro sforzi interni sulla riduzione delle emissioni e dove dovrà arruolare altri Paesi per portare avanti i propri impegni, conclude il professore con riferimento alle Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici organizzata dal Regno Unito in collaborazione con l’Italia.