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Quale Difesa europea? Camporini legge la “dottrina Macron”

Francia

“Un’autonomia strategica per un’Europa a trazione francese”. Il generale Vincenzo Camporini commenta l’intervista al presidente francese pubblicata oggi (in cinque lingue) su Le Grand Continent. E sulla Difesa comune sostiene: “Le frasi del presidente mi lasciano perplesso”

Una visione strategica notevole, globale e di ampio respiro, che nasconde però l’obiettivo di Europa a trazione francese, soprattutto nel campo della Difesa. È così che il generale Vincenzo Camporini, consigliere scientifico dello Iai, responsabile Difesa di Azione e già capo di Stato maggiore della Difesa, commenta a Formiche.net la “dottrina Macron”, illustrata del presidente francese in una lunga intervista (tradotta in cinque lingue diverse, tanto per esplicitare la volontà di diffusione) sulle pagine della rivista online Le Grand Continent.

Generale, come descrive l’intervento odierno del presidente francese?

Direi una bellissima intervista. Dà l’idea di qualcuno che ha una visione globale delle problematiche che ci troviamo di fronte da un punto di vista strategico e storico, intendendo anche la storia futura.

Tra gli altri concetti, Macron rilancia quello della Difesa comune europea, senza troppi dettagli, ma chiarendo l’ambizione francese. Come la legge?

Le poche frasi sulla Difesa europea mi lasciano perplesso. Macron lascia intendere che abbiamo fatto grossi passi avanti sul tema. Da una parte è vero, ma dall’altra siamo allo stesso punto in cui eravamo tre anni fa. Anzi, visti i finanziamenti attualmente previsti per il fondo Edf (7 miliardi in sette anni invece dei 13 inizialmente proposti dalla Commissione, ndr) siamo addirittura indietro. Sul tema Macron sembra glissare con un atteggiamento di ottimismo più volontaristico che basato sui fatti. Sono d’accordo sul fatto che occorra fare di più, ma progressi non ne vedo. Né leggo da parte del presidente francese delle proposte concrete. Il tema mi pare trattato come se fosse un argomento collaterale.

Il fil rouge dell’intervista è il concetto di “autonomia strategica” dell’Europa, ormai promosso da tempo da Parigi nella sua versione più radicale, cioè come indipendenza dall’alleato d’oltreoceano. È così?

Sì. C’è l’atteggiamento tipico francese, che vorrebbe un’Europa intera a pensarla come la si pensa Parigi. Personalmente, sull’idea di autonomia strategica ho una visione diversa.

Ce la spieghi.

Qualche tempo fa (parliamo dei primi anni 2000, quando Madeline Albright guidava il dipartimento di Stato americano) si iniziava a parlare di una “division of labour” tra Ue e Nato. Si immaginava per la prima volta la responsabilità su impegni a bassa intensità, come capacity building e addestramento, mentre per seconda gli aspetti più “hard”. La mia idea è che si possa modificare tale concetto facendo leva proprio sull’auspicata autonomia strategica dell’Ue, secondo cui l’Europa deve essere in condizione di operare nel quadro Nato con capacità autonome, pur contando sul supporto per cose di cui non dispone, come la ricognizione satellitare o alcuni elementi di intelligence. Per il resto, il Vecchio continente dovrebbe avere capacità di agire da solo in un ambito geografico che le viene assegnato.

Una “division of labour” per aree di competenze…

Esatto. Gli Stati Uniti si prenderebbero la responsabilità sull’area dell’Indo-Pacifico. L’Europa invece sul Mediterraneo e sul Medio Oriente. È tutto compatibile con l’autonomia strategica nel senso di responsabilità su una certa area che presuppone le capacità per farlo. Sarebbe una visione più globale dove ciascuno ha cura della propria zona di interesse.

Torniamo all’intervista di Macron. In un passaggio dice di non condividere l’editoriale su Politico firmato dalla ministra tedesca della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, in cui definiva “illusione” l’idea di un’Europa indipendente dagli Usa. Crepe nell’asse franco-tedesco, che sulla Difesa sembrava ben consolidato?

C’è sicuramente una differenza di vedute, per ora assorbita dal rapporto speciale tra Francia e Germania. La differenza è tuttavia spesso evidente, come nel caso della riluttanza tedesca a impegnare truppe nelle missioni internazionali, a confronto con l’impegno trasversale dei francesi. Spesso gli atteggiamenti sono addirittura agli opposti. Non conosco gli ultimi progressi in tema di export militare, ma mi pare ci sia di fondo una sostanziale incompatibilità tra le politiche di Parigi e Berlino. A mio avviso, tale difficoltà bilaterale può rappresentare un punto di debolezza all’interno dell’Ue.

Non stona un po’ che a rilanciare l’integrazione dell’Ue sia la Francia, che spesso porta avanti un’idea esclusivista dei rapporti europei (come sul caccia di nuova generazione o sul carro armato del futuro)?

Stona tatticamente, ma non strategicamente. Tatticamente la Francia vuole fare cose che le convengono con chi le conviene. Strategicamente, però, riconosce (anche se non lo ammetterà mai) di non avere le dimensioni sufficienti ad alimentare le proprie ambizioni globali, e dunque che ha bisogno di una realtà più grande in cui essere inserita. Da qui la promozione di un’Europa più integrata, ma a guida francese.

Come leggere l’intervista di Macron con quello che accade dall’altra parte dell’Atlantico? Biden porterà avanti la richiesta Usa per un’Europa più responsabile?

Biden continuerà a chiedere all’Europa di fare il suo, esattamente come hanno fatto Trump, Obama e tutti i loro predecessori. Cambieranno i toni, tipici della singola personalità e sicuramente importanti al fine di ottenere qualcosa (le sfuriate di Trump irritavano e basta). Ma gli inviti saranno nella stessa direzione. In sostanza, gli Stati Uniti si sono stufati di essere i gendarmi del mondo e vogliono concentrarsi su interessi specifici, in particolare sul Pacifico.

E dall’Europa che si aspettano?

Si aspettano che i Paesi alleati non siano “free rider”, espressione utilizzata non da Trump, ma da Obama con riferimento a Gran Bretagna e Francia. Si aspettano che ci sia maggiore impegno affinché ognuno contribuisca in modo proporzionale alle sue esigenze. Su questo, di certo, non ci potrà mai essere uguaglianza. Da una parte ci sono gli Stati Uniti con interessi globali. Dall’altra una serie di Paesi europei con interessi ampli, ma comunque regionali. Immaginare un’equivalenza militare tra Usa ed Europa non è solo poco realistico, ma anche sbagliato.

Come promuovere allora una vera Difesa europea?

Immaginando un giusto bilanciamento, che tra l’altro si potrebbe realizzare in modo molto meno idealizzato rispetto a quello proposto da Macron se ci si mettesse d’accordo su come spendere meglio i quattrini. Se i Paesi europei riuscissero a unificare le fonti di produzione, le catene logistiche e quelle operative, otterrebbero (con gli stessi soldi) molto di più di quanto ottenuto finora. Wishful thinking? Forse sì, ma credo che sia l’obiettivo da perseguire.

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