Disimpegno militare, rafforzamento delle alleanze in loco, contenimento dell’Iran. Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi esperto di Medioriente, spiega le linee di continuità tra Trump e Biden: “La retorica sarà meno aggressiva, ma la sostanza rimarrà la stessa”
Quella di ieri (martedì 18 novembre) è stata una giornata importante sul fronte mediorientale. Come raccontato da Formiche.net, nelle stesse ore in cui il presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden sentiva telefonicamente il presidente israeliano Reuven Rivlin e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l’Autorità nazionale palestinese annunciava la ripresa del dialogo con lo Stato ebraico. Oggi, invece, in Israele è arrivato Mike Pompeo, segretario di Stato statunitense ed esponente di punta dell’amministrazione uscente guidata da Donald Trump. In agenda il vertice a tre con l’omologo del Bahrein, Abdullatif bin Rashid Al Zayani, e il premier israeliano per mettere l’ultimo sigillo trumpiano sugli Accordi di Abramo. La tre-giorni in Israele (a cui seguiranno visite negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar e in Arabia Saudita) rappresenterà, inoltre, per Pompeo l’occasione di rinsaldare i rapporti personali con lo Stato ebraico diventando il primo segretario di Stato statunitense a visitare due insediamenti, uno a Gerusalemme Est l’altro nel Golan.
Che cosa aspettarci dal passaggio di consegne, dunque, per il Medioriente? Formiche.net ne ha parlato con Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi esperto della regione. In politica estera, Biden “non si distaccherà molto da quanto fatto da Trump: la retorica sarà meno aggressiva ma la sostanza rimarrà la stessa”, spiega. “I presidenti mantengono una certa continuità nell’approccio strategico, che viene portato avanti da Pentagono e dipartimento di Stato”. E per questo, aggiunge, “le linee di continuità tra Trump e Biden, così come fu tra Obama e Trump, saranno notevoli”.
L’amministrazione Trump lascerà alcuni punti aperti, come il destino del suo piano per la regione e l’ambasciata statunitense in Israele (che però difficilmente Biden deciderà di ritrasferire da Gerusalemme a Tel Aviv). Ma Dentice individua tre linee di continuità: il disimpegno militare dal Medioriente; il rafforzamento delle alleanze in loco, nel Golfo e con Israele; il contenimento dell’Iran. Le differenze saranno nell’impostazione, spiega: “Biden, rispetto a Trump, seguirà una linea più improntata al multilateralismo, alla cooperazione, alla difesa dei principi basati sul diritto internazionale e al dialogo con tutte le parti”.
Ed è questo che ci porta a due punti chiave dell’agenda Biden: la ricerca di un nuovo accordo nucleare con l’Iran e il sostegno per la soluzione dei due Stati, dice Dentice evidenziando come quest’ultima sa comunque “una strada poco praticabile”. A quest’ultimo punto si aggiunge un’impostazione più dura verso i regimi del Golfo e la fine del dialogo unilaterale che Trump ha garantito in questi anni a Netanyahu. “Non perché Biden sia meno amico di Israele”, precisa Dentice. “I suoi contatti con lo Stato ebraico forse sono addirittura più ramificati”, aggiunge richiamando nuovamente l’approccio multilateralistico del presidente eletto.
Nuove sanzioni contro l’Iran, la visita del segretario Pompeo in Israele, il ritiro delle truppe da Iraq e Afghanistan sono tre esempi recentissimi di come “l’amministrazione Trump stia ancora portando avanti la sua agenda cercando anche di creare problemi a quella futura”, evidenzia Dentice. Che sottolinea anche come questi tentativi di sabotaggio siano stati evidenziati con preoccupazione anche da diversi esponenti del Partito repubblicano: “Questi sforzi creano problemi alla prossima amministrazione ma rappresentano anche un pericolo per il disegno strategico degli Stati Uniti”, conclude.