A ognuno il suo. Joe Biden incassa l’endorsement di popstar come Lady Gaga e John Legend. Il presidente Donald Trump richiama invece il compianto Luciano Pavarotti, “era terribile verso altra gente, ma non con me”. Il punto sul rush finale di Giampiero Gramaglia
È scontro all’ultimo comizio tra Donald Trump e Joe Biden, alla vigilia dell’Election Day, domani, martedì 3 novembre: scontro in senso quasi letterale, perché su un’autostrada del Texas una colonna d’auto di sostenitori di Trump, con bandiere e insegne, ha affiancato e ‘circondato’ un ‘mega-bus’ della campagna di Biden, cercando di rallentarlo e di costringerlo ad accostare: sull’incidente, le cui immagini sono state mostrate dalla Cnn, indaga l’Fbi.
Negli Stati Uniti, non c’è, come da noi, la giornata del silenzio elettorale, prima del voto. Trump e Biden possono, quindi, fare campagna fino all’ultimo. In modo parossistico, il presidente, che pare uscito dalla positività al coronavirus con energie decuplicate e che, tra ieri e oggi, farà dieci comizi, in sette Stati Dieci comizi nelle prossime 48 ore: obiettivo, evitare di diventare il primo inquilino della Casa Bianca ‘sfrattato’ dopo un solo mandato dopo George H. W. Bush nel 1992. In modo più rarefatto Biden, che chiuderà in Pennsylvania con la sua vice Kamala Harris e con Lady Gaga e John Legend: Biden “è il presidente di cui il Paese ha bisogno per unirsi”, twitta Lady Gaga, postando una sua foto con il candidato democratico.
Gli americani sembrano consapevoli che la posta in gioco è alta e hanno già votato in massa, molto spesso per posta: a due giorni dall’Election Day, erano già 92 milioni ad averlo fatto, circa il 70% del totale dell’affluenza del 2016.
Il profluvio di sondaggi della domenica alimenta incertezza e confusione: tutti concordano sul vantaggio di Biden a livello nazionale (7,2% nella media dei sondaggi di RealClearPolitics), ma la situazione è più frastagliata negli Stati in bilico, determinanti per la conquista della Casa Bianca – non è il voto popolare che conta, ma quello dei Grandi Elettori acquisiti Stato per Stato.
Secondo New York Times e Siena College, Biden è avanti in quattro Stati chiave: Arizona (+6), Florida (+3), Pennsylvania (+6) e Wisconsin (+11), tutti vinti da Trump nel 2016. Secondo Washington Post e Abc, Biden è avanti in Pennsylvania (+7), ma in Florida è testa a testa con vantaggio a Trump; secondo Wall Street Journal / Nbc, Biden ha un solido vantaggio nazionale (+ 10), ma sta perdendo terreno negli Stati in bilico.
In Pennsylvania, Trump ha ricevuto il sostegno relativamente inatteso della Pittsburgh Post-Gazette che, dal 1972, non aveva mai sostenuto un candidato repubblicano e che scrive: “Riteniamo che Donald Trump sia la scelta migliore quest’anno … non è Winston Churchill, ma alla fine fa le cose. Ha gestito la pandemia perfettamente? No, ma nessuno ha un master in pandemia”. Il quotidiano mette in evidenza che Biden “è troppo anziano e fragile per il lavoro” di presidente, senza contare che il ticket “Biden-Harris ci offre solo tasse più alte”.
Coronavirus: Fauci pro-Biden anti-Trump
L’epidemia di coronavirus è uno dei temi dominanti delle ultime battute della campagna elettorale, anche se Trump mette il silenziatore sulle cifre: secondo la John’s Hopkins University, i contagi nell’Unione, alla mezzanotte sulla East Coast, erano complessivamente oltre 9.205.500 e i decessi stanno per superare i 231.000.
In un tweet, Trump accusa Biden di volere “il LOCKDOWN del Paese forse per anni! Non ci sarà alcun LOCKDOWN. Il grande ritorno dell’America è in corso”. Biden ribadisce che ascolterà scienza ed esperti per decidere come procedere di fronte alla pandemia. Il virologo Anthony Fauci gli dà una mano: gli Stati Uniti “non sono in una buona posizione”, anzi “non potrebbero essere in una posizione peggiore”, dice in un’intervista al WP. Secondo Fauci, Biden prende la pandemia “seriamente dalla prospettiva sanitaria”, mentre Trump la guarda “da una prospettiva diversa, quella dell’economia e della riapertura”.
Le parole di Fauci irritano la Casa Bianca, che trova “inaccettabile” il comportamento del virologo: “Come componente della task force anti-coronavirus, deve esprimere le proprie preoccupazioni” nelle sedi appropriate, mentre ha preferito “criticare il presidente con i media”.
Trump smentisce di volere ‘cantare vittoria’ prima del tempo
Trump smentisce illazioni secondo cui vorrebbe dichiarare vittoria prima di risultati ufficiali e inequivocabili, ma ripete d’essere pronto a una battaglia legale per impedire che i voti siano contati dopo l’Election Day. “Andremo per avvocati”, dice riferendosi in particolare alla Pennsylvania, dove la Corte Suprema ha autorizzato il computo dei voti per posta fino a tre giorni dopo l’Election Day, purché le schede siano state spedite entro il 3 novembre, e alla North Carolina (addirittura fino a nove giorni).
Per il presidente, “È pericoloso e terribile non conoscere l’esito del voto nella notte elettorale. Non penso sia giusto dover attendere a lungo per sapere il risultato”.
Secondo il sito Axios, Trump avrebbe valutato con la sua campagna le sue intenzioni: se i primi dati lo daranno avanti in Ohio, Iowa, Florida, North Carolina, Georgia, Texas, Arizona – tutti Stati da lui vinti nel 2016 -, vorrebbe dichiararsi vincitore, contando anche sul fatto che, all’inizio dello spoglio, potrebbe essere in vantaggio anche in Pennsylvania, dove la legge non consente di iniziare a contare i voti per posta prima del 3 novembre.
Biden risponde: “Siamo stanchi dei tweet, della paura e dell’odio. È il momento per Trump di fare le valigie”. L’ex vice di Barack Obama promette un piano anti-Covid non appena sarà presidente e s’impegna ad affrontare “il razzismo sistemico” e a ricostruire “l’economia” e renderla “migliore”: “La fede nel nostro Paese è stata messa alla prova” con Trump, è ora di “votare e voltare pagina”.
Nelle cronache della campagna, da segnalare, ieri, una contestazione di ‘trumpiani’ davanti alla casa del ministro della Giustizia William Barr, che non farebbe abbastanza per citare in giustizia Biden, accusato da Trump d’essere un “criminale” e di fare parte d’una “famiglia del crimine organizzato”. Barr sarebbe uscito di casa e si sarebbe brevemente intrattenuto con i manifestanti.
Clima: Usa fuori e dentro l’Accordo di Parigi?
Gli Stati Uniti lasceranno ufficialmente l’Accordo di Parigi sul clima il 4 novembre, il giorno dopo le elezioni, a tre anni esatti dall’avvio, deciso da Trump, del processo legale per uscire dall’intesa. Quanto ne resteranno fuori, dipenderà dall’esito del voto: nel caso di rielezione di Trump, lo sforzo globale per rallentare il riscaldamento del pianeta non potrà più contare sugli Usa, che resteranno fuori dall’intesa. Biden ha invece detto che gli Usa torneranno ad aderire all’Accordo non appena sarà presidente e ne saranno leader.
Il magnate e il tenore, un aneddoto ‘italiano’
Siparietto ‘italiano’ per Donald Trump. Ce lo racconta così, sull’Ansa, Alessandra Baldini: “Rabbrividendo di freddo nel gelo del Michigan, Donald Trump oggi si è fatto beffa di Luciano Pavarotti. “Non sono una diva come lui”, ha detto, usando un pesante accento italiano per fare il verso al tenore: “No, no, no, stasera non canto”.
Pavarotti era “una voce incredibile, e io gli piacevo, era terribile verso altra gente, ma non con me”, ha aggiunto il presidente. “Donald, Donald, Donald stasera non canto, me ne vado”, ha aggiunto Trump, tra le risate del pubblico di sostenitori.
Una battuta apparentemente innocente, ma che ha un retroscena. Trump aveva conosciuto Pavarotti avendolo invitato a cantare al Taj Mahal, il suo casinò di Atlantic City, l’11 novembre 2000.
“Viene Pavarotti”, aveva fatto sapere Trump al columnist del New Yorker Mark Singer: “E’ il più pagato del mondo, un milione di dollari a sera. Impossibile da avere, ma lo fa per me, e per molto meno. E sai perché? Perché mi ama, mi rispetta”.
Quella sera, Trump aveva invitato a Atlantic City la sua allora girlfriend Melania Knauss, arrivata nella ex mecca del gambling su un aereo privato con la promessa d’una performance a cinque stelle. La parcella di Pavarotti era d’un milione e mezzo, gli ospiti avevano pagato biglietti da mille dollari a testa. Tutto esaurito.
Ma il concerto non andò a buon fine. Pavarotti cominciò a cantare, ma perse la voce: si fermò e chiese di perdonarlo: “Non mi sento bene”. Furioso, Trump confrontò il tenore nei camerini, chiedendogli almeno metà del compenso pattuito. “Sono raffreddato”, avrebbe detto ‘Lucianone’, offrendosi di tornare l’anno dopo per una performance gratuita davanti allo stesso pubblico.