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Phisikk du role – Maradona e la tv coccodrillo. Possiamo chiedere di più?

Il Covid ha ridotto la già abbastanza fievole voce della carta stampata, reinsediando la tv al centro del focolare domestico e rinnovandone il ruolo di fonte ufficiale dell’informazione. La rubrica di Pino Pisicchio

Diego Armando Maradona è stato un fuoriclasse nel suo campo, forse il migliore di tutti i tempi o forse no, capace, comunque, di farsi icona pop attraverso la trasmigrazione dai campi di calcio all’immaginario popolare, e su questo, evidentemente, non si può non essere d’accordo.

Nè ci permetteremmo mai di graffiare con inutili e inappropriati pistolotti sulla sua vita da eroe irregolare, impastati di    moralismi un tanto al kilo, i giganteschi murales che da Napoli vanno a Buenos Aires. No. Vorremmo, però, poter dire “pace all’anima sua” e tornare ad attingere informazioni che abbiano il senso della notizia e non dell’accondiscenza nei confronti del popolo e delle sue corde più facili. Diego Armando, è incolpevole.

Così come lo era il grande Gigi Proietti, la cui dipartita ha tenuto banco per giorni sui telegiornali, celebrando un nuovo genere televisivo: il tg del coccodrillo. Come sono del tutto incolpevoli giovanotti, anziani, primi o secondi cittadini dei 7903 Comuni d’Italia, medici (quelli veri, non quelli da talk show), infermieri, ristoratori, passanti, vedovi, orfani, nipoti di zii con disabilità e chi più ne ha più ne metta, che riempiono ogni giorno, da nove mesi, tre quarti dei tiggì-vedi alla voce Covid 19-, attraverso interviste barocche, farcite con intento edificante e strappalacrime. Coprendo, con le loro storie dolorose, (con un velo anestetico) l’assenza di notizie.

Attenzione: il Covid ha ridotto la già abbastanza fievole voce della carta stampata, reinsediando la tv al centro del focolare domestico e rinnovandone il ruolo di fonte ufficiale dell’informazione, soprattutto riferita alle generazioni più âgé, ma non solo. Dunque è la tv, non i giornali e neanche il web, a menare il gioco delle percezioni di ciò che accade nel microcosmo locale e nella nazione, oltre che nel mondo intero.

La pandemia, certo, la fa da padrona e chi può contestarlo? Ma, visto che non è una notizia nuova, una volta fatto l’aggiornamento sull’andamento quotidiano e su eventuali nuove decisioni da parte delle istituzioni politiche e sanitarie, si può passare ad altro. E invece no: per qualche ragione che deve avere a che fare con la strana idea che solo il chiacchiericcio quotidiano potrebbe contrastare la diffusione esponenziale del virus, la tv si fa pedagoga con una narrazione che indulge allo strappalacrime senza raggiungere l’obiettivo di un’informazione compiuta.

Perché a rimpastare sempre la stessa pizza alla fine si può fare terrorismo o retorica. E la cosa peggiore è proprio la retorica, perché toglie il senso vero delle cose (“massì, vabbè, è la solita solfa, vai a vedere poi se è vero”…) e lascia solo l’involucro del dovuto” per contratto. Ecco: la tv-strappalacrime e la tv-coccodrillo s’abbracciano strizzando l’occhio alle Barbare D’Urso e alle Marie De Filippi e maramaldeggiano su una già macilenta e stentata informazione. Possiamo chiedere di più, soprattutto al servizio pubblico? Forse sì. Forse dare un’occhiata all’informazione erogata attraverso la tv in altri paesi europei potrebbe essere d’aiuto. Piuttosto che trarre ispirazione dal melieu eternamente peronista dell’Argentina sconsolata.

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