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Rischio recessione entro fine anno. L’allarme di Confindustria

L’Italia rischia una nuova recessione entro fine anno: male i servizi, la risalita dell’industria frena. E l’incertezza Usa… L’ultimo rapporto del Centro Studi Confindustria  

L’Italia è a rischio di una nuova caduta in recessione a fine 2020: peggiorano soprattutto i servizi, ma anche nell’industria si è arrestata la risalita. La domanda interna è fragile, l’occupazione si è già fermata, le imprese hanno più debito, solo l’export era in risalita, ma la pandemia minaccia il secondo stop agli scambi mondiali. I tassi di interesse restano stabili in un’Eurozona che frena, mentre il petrolio risale nonostante gli Stati Uniti sotto ritmo, e la crescita del Brasile sorprende. È quanto emerge dall’ultima Congiuntura Flash del Centro Studi Confindustria.

UNA SECONDA RECESSIONE

Le recenti misure restrittive per arginare l’epidemia inducono a stimare che nel quarto trimestre si avrà di nuovo un Pil in calo, si legge. L’impatto sull’economia italiana dovrebbe essere contenuto rispetto al crollo nel 1° e 2° (-17,8%), dato che molti settori produttivi restano aperti. Ciò avviene subito dopo il forte rimbalzo nel 3° (+16,1%), che aveva riportato l’attività al -4,5% dai livelli pre-Covid.

LA DOMANDA INTERNA

Gli indicatori segnalano fino a ottobre una tenuta, dopo il rimbalzo nei mesi estivi. Gli ordini interni dei produttori di beni di consumo sono risaliti a -28,3 (-34,4 nel 3° trimestre), quelli dei produttori di beni strumentali a -31,4 (da -42,8). La fiducia delle famiglie però diminuisce, con forte calo delle attese sull’economia: ciò alimenta la propensione al risparmio. L’Icc segnala in ottobre un -8,1% annuo dei consumi: i dati peggiori sono per turismo, servizi per il tempo libero, trasporti.

OCCUPAZIONE IN NEGATIVO

L’occupazione si è di nuovo appiattita a settembre, dopo la risalita temporanea a luglio-agosto. La disoccupazione sembra ripuntare verso il basso, come a marzo-aprile, per la contrazione della forza lavoro. Il 4° trimestre anche per l’occupazione si preannuncia in negativo.

FRENA L’EUROZONA

L’Eurozona frena. Dopo il rimbalzo del Pil nel 3° trimestre (+12,6%), si è avuta una frenata a ottobre: il PMI composito è sulla soglia neutrale di 50 e il sentiment è fermo lontano dalla media storica. Ciò è sintesi di dinamiche divergenti: negativa per i servizi, dove è atteso un ulteriore calo di domanda, per le nuove restrizioni; buona per l’industria, che è sostenuta da un ricco portafoglio ordini. In Germania l’impennata della produzione industriale ha alzato di 5 punti l’utilizzo degli impianti.

PROSPETTIVE VOTO USA

Gli esiti elettorali non sono ancora del tutto definiti, si legge nel rapporto in cui si sottolinea come il prescindete eletto Joe Biden non dispone di una maggioranza al Senato. E senza tale maggioranza, Biden difficilmente sarebbe in grado di imprimere un netto cambio di rotta, con le misure annunciate nel programma: stimolo di bilancio, investimenti pubblici, riforme fiscali, sanitarie e climatiche. Nel breve periodo resta preponderante l’emergenza sanitaria: la presidenza Biden potrebbe favorire misure anti-Covid più stringenti, come in vari Paesi Ue, provocando però una frenata dell’economia statunitense, almeno finché un vaccino non sarà disponibile su larga scala. Lo scenario per il medio termine potrebbe essere caratterizzato da un minore “isolazionismo” Usa, che tornerebbero ad operare attraverso i canali multilaterali. In particolare, con un ripensamento rispetto alla possibile uscita dalla Wto. Sullo scontro commerciale Usa-Cina, Biden non si è mai impegnato ad allentare sanzioni o dazi imposti negli ultimi anni, ma nuove misure potrebbero essere prima condivise con l’Europa ed altri alleati. Il ritorno al dialogo Usa-Ue è la priorità dell’Europa, che punta alla sospensione dei dazi, ma non necessariamente quella di Biden. Il quale ha ripreso la “clausola di preferenza nazionale” di Obama per i pacchetti di stimolo (Buy America) ed è prevedibile che l’Europa eccepirà la natura discriminatoria di alcune delle misure in cantiere.

L’IMPATTO PER L’ITALIA

Un cambiamento di prospettive negli Usa, si legge ancora nel rapporto, avrebbe ripercussioni rilevanti sull’economia europea e italiana, tenuto conto della centralità dell’economia statunitense nello scenario mondiale (rappresenta quasi un quarto del Pil globale) e della sincronicità con le economie in Europa (la correlazione della produzione industriale Usa con quella tedesca è vicina al 90%). La sincronicità è forte anche con l’economia italiana, sia perché gli Usa sono il terzo mercato di sbocco per il nostro export, con un peso in forte crescita negli ultimi anni, sia attraverso l’elevata partecipazione del manifatturiero italiano alle catene globali del valore. I legami tra Italia e Usa sono alimentati dagli intrecci proprietari nelle imprese e dai flussi di investimenti diretti esteri: gli Usa sono il primo Paese per presenza delle imprese italiane all’estero e anche come controllante delle multinazionali estere operanti in Italia.

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