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Sopra la riputazione di un nuovo autografo leopardiano

Si ritiene che un certo “stupore infantile” pervada lo studioso o il ricercatore che si imbatta in un inedito scritto. Ancor di più se tale inedito giaccia tra le pagine di un volume nella Sezione Manoscritti e Rari, sezione leopardiana e sia collocato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Come in una realtà aumentata si apprende che prima di essere custodito in questo scrigno, sia stato rinvenuto nella sostanza di un mezzo foglietto compilato in trentasei righi e mezzo sotto al titolo “ Sopra la reputazione di Q. Orazio Flacco presso gli antichi” ovvero un foglietto vergato da Leopardi nella sua categoria autografa degli scritti di natura di avantesto, che verosimilmente sia da collegarsi ad un pezzo pubblicato con lo stesso titolo sul giornale letterario “ Lo spettatore” del 15 dicembre 1816 edito da Antonio Fortunato Stella.
E’in una recente pubblicazione di Vittorio Capuzza, Un nuovo autografo Leopardiano edito da Aracne Editrice che ci si addentra proprio nello stupore di una minuziosa, quanto mai brillante analisi che contrappone, con molto garbo e raffinato talento “oggetti e soggetti”, alla maniera critica di Starobinski, verrebbe in mente di dire secondo una segreta metodologia. La materia è cosi affascinante da prospettare una sorta di dejà vu letterario, per una recente lettura in “Atlante” Treccani dove nell’articolo “ Il Metodo Sciascia”, l’autore Antonio Capitano delinea appunto una “visione nuova” dello scrittore Leonardo Sciascia laddove afferma “ é lui che scruta e compie una serie di ricerche appassionanti, soprattutto in certe sue investigazioni …”.
Vittorio Capuzza indaga alla maniera sciasciana, appunto, intorno ad un foglietto che in trentasei righi e mezzo , nella bella e piena grafia del giovane Leopardi, diciottenne, dice molto più di quello che viene raccolto, apparentemente, nel verso e nel retro di un foglio , dove anche lo spazio lasciato libero per una citazione sospesa e il titolo che alla fine risulta essere spropositato rispetto allo scritto , ( proprio perchè è l’inizio di una bozza) , la dicono assai lunga sul contenuto.
E’ in questo modo che “soggetto ed oggetto” si contrappongono senza annientarsi, ma divenendo uno sguardo speculare non solo su una conoscenza preesistente , ma anche di rimando a nuova cognizione e a nuova causa.
E con questo metodo Vittorio Capuzza compie un parallelo che mette in risalto il testo “avantesto” e la soggettività dell’autore , che a parere di chi legge si fa doppia, e plurima e si apre a nuove prospettive, appunto, come nel “metodo Sciascia” che indaga tante sparizioni manifeste come altri e nuovi ritrovamenti.
Nel testo autografo si individuano due parti sostanziali : nella prima parte si evidenzia no le osservazioni sulla vecchia disputa e contrapposizione tra autori classici e moderni; nella seconda parte invece si connota l’aspetto autobiografico e il parallelo compiuto da Leopardi nel rapporto con gli autori antichi e nella individuazione di tre principali “età dello spirito” che ognuno vive nell’ approcciarsi con gli autori antichi che furono suoi propri.
La disputa letteraria a cui si fa riferimento nella paginetta del Leopardi, appena accennata, è quella che attiene alla critica filo-francese iniziata alla fine del XVII secolo riguardo ai testi classici di Omero e più precisamente alla “ Querelle des anciens et des modernes” riportata nella “Académie des inscriptions et Belles- Lettres” che Leopardi aveva approcciato grazie alla traduzione dell’Iliade ad opera di Anne Dacier .
In questo breve “avantesto” Leopardi qualifica i risultati della “querelle” settecentesca come “insignificante”, inconcludente e lo fa tenendo a mente una nota citazione del filosofo inglese Francis Bacone e del suo metodo induttivo , citazione che il Poeta non trascrive nel foglietto, ma che si deduce da altre conoscenze dello Zibaldone e dalle pagine dedicate appunto a questo filosofo come fa risaltare Vittorio Capuzza.
“ Tutte le facoltà ridotte ad arte steriliscono” cit. Bacone pag.39 dello Zibaldone.
Come a dire che la “querelle” settecentesca non fa che ridurre a mero sofismo il procedimento di studio e apprezzamento delle opere classiche in cui si avanza gradualmente e attraverso cui il letterato, lo studioso, progredisce come vivendo una progressione evoluzionistica da “ i pedanti”, “ ai mediocri” , fino “ai grandi spiriti”. L’ultimo degli stadi è il grado eccelso riservato ai rari o forse sarebbe meglio dire agli Unici.
Tutti gli uomini che si sono imbattuti nello studio dei classici hanno vissuto “tre età dello spirito” critico: la fanciullezza che è il primo stadio , in cui si subisce il fascino incondizionato, l’infatuazione per i contenuti; poi si progredisce verso lo stadio “psicologico” in cui si indaga lo stile e vi è un atto di ribellione interiore verso l’aderire ad uno stile precostituito e preordinato, non libero, quindi vi è una sorta di coscienza dello stile e del Pensiero e poi vi è il terzo stadio, la maturità intellettuale e spirituale , il raggiungimento di un pensiero adulto che permette la costruzione di una ratio interiore, superiore, che riguarda l’impronta stilistica della ricerca e l’andare oltre, verso il concretizzarsi di una “conversione letteraria”
Leopardi individua queste tre età dello spirito nella ricerca omerica e virgiliana delle opere classiche e dei poeti antichi, mette in rapporto il proprio spirito con gli antichi autori, li rende nella trasposizione di un procedimento interiore di maturazione , capace di ritmare come un metronomo di grande effetto la propria ars poietica e il proprio spirito che si è formato nella misura in cui è pervenuto, ha sostato e progredito nei e tra i vari stadi dell’evoluzione stilistica e dell’autentico apprezzamento degli studi antichi e del rapporto esistente tra questi e quelli moderni.
Viene quasi un altro affascinante dejà vu questa volta nel passaggio di nietzschiana memoria dei vari stadi dello spirito : nano, cammello, leone e fanciullo.
E quale se non allo spirito fanciullo accostare il Pensiero Leopardiano, approdo tra il rapporto della poesia, della prosa e della filosofia , come dire una progressione di stadi : giovinezza, età adulta ed età della maturazione di senno o sarebbe meglio dire il suo spirito titano universalmente valido e che spazza letteralmente ciò che di Lui profetizzò Niccolò Tommaseo presso il Gabinetto dell’editore Giovan Pietro Vieusseux , a Firenze : “ Di Lui non rimarrà neppure la gobba”.
A proposito di spiriti nani.

L’AUTORE
http://www.aracneeditrice.it/index.php/autori.html?auth-id=207707

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