Twitter e Facebook si difendono: “Su elezioni Usa noi imparziali”
Milano, 18 nov. (askanews) – Creatori di pregiudizi o piattaforme imparziali? Nell’epoca del “digital dilemma” e dopo le elezioni americane i fondatori di Twitter e Facebook sono stati ancora una volta interrogati dai senatori americani sul potere senza precedenti che le loro piattaforme esercitano sul dibattito politico. Le due società californiane hanno dispiegato un arsenale di misure senza precedenti per frenare la disinformazione e tentativi di screditare il processo democratico.
Ma la politica americana non sembra contenta. Da una parte c’è Lindsey Graham, repubblicano e presidente del Comitato giudiziario che ha organizzato l’audizione sulla “gestione delle elezioni del 2020” e sulla “censura”, perchè Donald Trump e i suoi alleati si considerano vittime, nonostante il loro considerevole pubblico su Twitter e Facebook. I democratici invece chiedono più severità, non meno, benchè Jack Dorsey, boss di Twitter sottolinei di aver etichettato come informazioni fuorviati:
“Oltre 300.000 tweet dal 27 ottobre all’11 novembre, che rappresentano circa il 2,2% di tutti i tweet relativi alle elezioni statunitensi”, dice.
Sforzi descritti come “passi molto piccoli” dal senatore democratico Richard Blumenthal, che si rivolge a Mark Zuckerberg, a capo di Facebook chiedendogli:
“Signor Zuckerberg, quante volte (Steve Bannon) ha il diritto di chiedere l’omicidio di alti funzionari del governo prima che Facebook sospenda il suo account?”.
In realtà il consiglio di “decapitare” Anthony Fauci è costato a Bannon non solo una sospensione da Facebook, ma anche la cancellazione del suo account Twitter @WarRoomPandemic, per violazione delle regole contro la violenza.
Ma il dibattito è ancora molto acceso, su quanto possono o non possono fare società private, che sono diventate de facto forum pubblici. E sono molti i punti di domanda, a partire da come considerare i social e se si possa paragonarli ai media tradizionali.
(Testo e video Askanews)