Merkel e Macron spingono per la firma del maxi accordo sugli investimenti tra Ue e Cina entro l’anno. Gli esperti parlano di regalo a Pechino. Inoltre, che fine fa l’agenda condivisa con gli Stati Uniti?
“Perché la corsia preferenziale, la fretta e l’elusione di un dibattito pubblico, perché fare il gioco della Cina?”. A chiederlo con un editoriale su EUobserver è un gruppo di autorevoli esperti europei di questioni cinesi — tra cui gli italiani Nicola Casarini dello Iai e Lucrezia Poggetti del Merics — preoccupati dagli sforzi di Germania e Francia per raggiungere un accordo sugli investimenti con la Cina entro fine anno.
L’ACCELERATA IMPROVVISA
Dopo sette anni di negoziati, le trattative hanno subito una brusca accelerata negli ultimi giorni e l’accordo last-minute ora sembra a un passo. “I colloqui sono ora nella fase finale”, ha detto l’ambasciatore cinese presso l’Unione europea, Zhang Ming, parlando con il Financial Times. “Entrambe le parti”, ha continuato, “stanno lavorando verso l’obiettivo di chiudere i colloqui entro la fine di quest’anno”. A testimoniare questo interesse a chiudere nei tempi, il diplomatico ha fatto notare che il presidente cinese Xi Jinping ha più volte, direttamente, ripetuto l’impegno a fare l’accordo: “È abbastanza inusuale per un capo di Stato cinese mostrare una tale attenzione a un accordo ancora in fase di negoziato”.
I TERMINI DELL’INTESA
La svolta di questa settimana arriva dopo quella che gli esperti definiscono una “scarsa” concessione di Pechino, che ha promesso di aprire maggiormente il suo mercato alle società europee. Poco, ma tanto è bastato a Berlino e Parigi. In cambio, la Cina potrebbe ottenere l’accesso a un settore strategico per i 27, quello europeo.
LE CRITICHE
“Qual è il messaggio che l’Europa, così orgogliosa della sua integrazione sempre più profonda, così loquace sulla sua dichiarata autonomia strategica, così impegnata per il suo rispetto dei valori, che manda al resto del mondo? Gli Stati membri dovrebbero pensarci due volte”, obiettano gli esperti. Secondo i quali “nonostante sette anni di difficili negoziati, il testo è solo un piccolo passo verso la promozione della reciprocità, la neutralità competitiva e la parità di condizioni. Concluderlo ora, è una vittoria simbolica per la Cina e rende più difficile per l’Europa impegnarsi su questioni critiche in il futuro”.
IL NODO DEI LAVORI FORZATI
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il suo presidente francese Emmanuel Macron hanno fretta. Ma ciò li ha portati a deludere diversi parlamentari europei con la scelta di ignorare quella che era una richiesta fondamentale dell’Eurocamera e di diversi Paesi membri: l’impegno cinese a porre finire al lavoro forzato. Non è una linea rossa nei negoziati, pare abbia spiegato la cancelliera nonostante soltanto ieri il Parlamento europeo abbia approvato una risoluzione a difesa degli uiguri sottoposti a lavori forzati nello Xinjiang.
TEMPISMO PERFETTO?
Come detto, Berlino e Parigi hanno fretta. Talmente tanta da non escludere un fast-track, ossia una corsia preferenziale che eviti il voto dei Parlamenti nazionali com’è consuetudine nel caso degli accordi commerciali. Infatti, spiega South China Morning Post, le tempistiche sono importanti sia per i funzionari tedeschi e sia per quelli dell’Unione europea. “Non solo la presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea volge al termine questo mese, ma i funzionari europei ritengono anche ci siano migliori possibilità di ottenere concessioni dalla Cina prima dell’inizio della presidenza” di Joe Biden.
I PROBLEMI CON GLI USA
Pochi giorni fa la Commissione europea ha pubblicato un’agenda condivisa per coordinarsi con la futura amministrazione statunitense (anche) sulla Cina, segnalando la disponibilità a coordinarsi su dossier come la sicurezza informatica, i sussidi statali e le sanzioni a tutela dei diritti umani. Come verrà letta quest’accelerata a Washington? Per l’eurodeputato tedesco Reinhard Bütikofer, portavoce dei Verdi per la politica estera e presidente della delegazione per le relazioni con la Cina, il messaggio geopolitico è “inequivocabile”, ha scritto su Twitter: “alcune concessioni di accesso al mercato contano più sia della necessità di opporsi alle spaventose pratiche di lavoro forzato in Cina, sia dell’opportunità di allinearsi con il team Biden” che punta alla realizzazione di un’alleanza tra democrazie in America, Europa e Indo-Pacifico per arginare Pechino.
LA SFIDA AL PARLAMENTO
L’accordo — se concluso — passerà le forche caudine del Parlamento europeo? Difficile prevederlo. In ogni caso, non sarà facile. Basti pensare che la risoluzione sopracitata, all’articolo 22, parla del “sostegno al prossimo dialogo Ue-Usa sulla Cina”: il Parlamento europeo “esorta a far sì che i diritti umani figurino in primo piano all’ordine del giorno; chiede un maggiore coordinamento tra le democrazie nella messa in atto delle sanzioni e delle altre misure intese ad affrontare le violazioni dei diritti umani nella Cina continentale e a Hong Kong, nonché le sfide geopolitiche poste dalla Repubblica popolare cinese”.